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Con questo dossier ci rivolgiamo, innanzitutto, ai proletari del Nord perchè quello che accade al Sud li riguarda direttamente, perchè bloccare la politica di trasformazione del Sud nella "Corea del mediterraneo" è per i proletari del Nord una questione di vera e propria auto-difesa, in quanto se passa al Sud non tarderà a espandere i suoi effetti anche ai danni della classe operaia settentrionale.
Si sta, ormai, affermando, nelle due sezioni proletarie, una tendenza a sentirsi sempre più distanti luna dallaltra. A essa lavorano tutti, sia le spinte spontanee del mercato che lazione soggettiva delle forze che ne eseguono i comandi, dalla Confindustria al governo Prodi, dai sindacati al Pds e Rifondazione, dal Polo alla Lega. Neanche gli scioperi contemporanei e le manifestazioni comuni riescono a bloccarla e a invertirla. Questa tendenza si va affermando essenzialmente per due ragioni. La prima è che tutto il proletariato accetta il quadro dinsieme da cui essa deriva, accetta cioè di considerare le sue condizioni come portato secondario e subordinato dellandamento delle aziende e dellinsieme delleconomia capitalista. E avviene perchè anche nel proletariato si è diffusa la convinzione della bontà della ricetta federalista, sia sotto forma di programma politico, che sotto forma di attitudine organizzativa (che si va diffondendo nei vecchi sindacati come nei nuovi, fino a permeare di sé anche le "nuove" organizzazioni politiche come la Confederazione dei comunisti).
Interrompere la deriva verso questa separazione è compito politico di cui devono farsi carico i comunisti e i militanti proletari che comprendono come lunico argine che si può porre alloffensiva borghese è un argine di classe, e non geografico o aziendalista. E un compito politico cui lOci dedica tutto il suo lavoro e le sue forze, al Sud come al Nord.
Ed è un compito cui il proletariato può iniziare a dare concreta attuazione solo riprendendo la strada della lotta collettiva, unitaria e di classe, a difesa dei suoi interessi. Una ripresa cui lincedere dellattacco borghese sempre più lo sospinge, ma che non si può dare senza che, nello stesso tempo il vecchio quadro riformista venga radicalmente sconvolto. I comunisti sanno di non poter essere loro i "creatori" di movimenti di lotta, e sanno, ugualmente, che ogni ripresa di lotta intorno alle istanze proletarie non può immediatamente, spontaneamente, assumere fin dallinizio un carattere, un programma e unorganizzazione di classe. Rivolte locali, tendenze estremistiche, fuori-uscita dal quadro politico e sindacale riformista, persino spinte reazionarie o adesioni a contenitori reazionari, possono rappresentare altrettanti modi con cui il proletariato riprende il suo cammino di lotta.
Per questo il ruolo dei comunisti non sarà mai quello di "pompieri", di chi invita a dismettere la lotta in atto (pensando così di evitare che si instradi in un senso non di classe) e a tenere in serbo le forze per quando tutte le condizioni siano ordinatamente al proprio posto. Al contrario, la loro iniziativa deve essere sempre diretta a riconoscere senza esitazioni la natura di classe delle istanze agitate e lavorare per farle confluire nella generale ripresa della lotta di tutto il proletariato contro tutto il capitalismo.
Anche al Sud tutto linsieme della situazione può portare al sorgere e al moltiplicarsi di rivolte e di insorgenze locali o di settori delimitati di proletariato. Ognuna di essa potrà essere terreno di conquista per opzioni localiste e reazionarie, o potrà diventare un elemento di rafforzamento della lotta di tutto il proletariato contro il capitalismo. Quale strada prendere sarà deciso dallo schieramento delle forze in campo. Se la classe operaia industriale -il cui cuore strategico è al Nord- saprà raccogliere e far sue le istanze di classe che promanano dalla rabbia che cresce nel mezzogiorno, allora la sua stessa lotta ne riceverà un impulso fenomenale e si assicurerà un supporto decisivo per opporre al capitalismo una coerente difesa dei suoi interessi di classe, immediati e storici.