Dossier Sud |
La scena del protagonismo del sud è, in questo momento, tenuta saldamente dai sindaci-vicerè, dalle congreghe clientelari, dalle mafie, da imprenditori da far west. Tutti costoro, e i loro sodali nazionali e internazionali, sono intenti a contendersi le uova doro che le nuove "opportunità" possono far produrre alla gallina proletaria.
Lo fanno attraverso una politica il cui scopo fondamentale e provocare nelle file del proletariato la divisione più profonda. Diversificazioni contrattuali, concorrenze tra aree regionali, provinciali, comunali, cui si fanno balenare prospettive di sviluppo in cambio di rinunce salariali e normative. Diversificazioni politiche e organizzative provocate dal fatto che le tradizionali organizzazioni proletarie dopo aver introiettato fino in fondo il virus della difesa delleconomia nazionale, si sono rivelate per nulla immuni a introiettare anche quello regionalista e localista. E su questa base trova terreno fertilissimo allo sviluppo la divisione somma, quella tra proletariato del Nord e del Sud, che spiana il terreno non solo allo sfruttamento delle "opportunità" contro il proletariato meridionale, ma a trasformare queste in terribili armi anche contro il proletariato del Nord.
Per questo uno dei terreni più importanti su cui deve impegnarsi ogni coerente avanguardia di classe, ogni operaio deciso a difendere le condizoni della classe dallaggressione del capitalismo, deve essere quello di lavorare a ricostruire le condizioni dellunità tra le due sezioni di proletariato. Lazione del mercato e quella soggettiva delle forze borghesi hanno già prodotto una differenziazione sul piano materiale, politico e "psicologico" tra le due sezioni, contro cui bisogna combattere apertamente riaffermando le ragioni dellunità di classe.
Se i proletari del sud devono comprendere quali sono le spinte di classe che si agitano nei loro fratelli del Nord, al di là dei contenitori, anche secessionisti, nei quali sono contenute, quelli del Nord debbono, con altrettanta urgenza, comprendere come al Sud si stia giocando una partita destinata a rivolgersi contro di loro, e debbono riprendere con forza maggiore una lotta non per "aiutare il Sud", ma per stabilire con il proletariato del sud quei vincoli di lotta che sono decisivi per fermare laggressione borghese al Sud e impedire che tragga forze per scatenarsi in modo più devastante dellattuale al Nord.
Lunità di classe è anche lunico modo per lottare seriamente contro tutti i contenitori, che, pur diversi nei programmi immediati (secessionismo, federalismo o nazionalismo) aspirano tutti a ununico obiettivo di fondo: aiutare a rendere più dispotico e profondo lo sfruttamento capitalistico in ogni landa del paese e del mondo. La riconquista dellunità di classe passa, dunque, attraverso la consapevolezza di avere difronte per nemico non questa o quella frazione borghese, ma lintero sistema del profitto a scala mondiale. Da esso il proletariato può difendersi unicamente unificando le sue forze alla stessa scala. La riconquista dellunità proletaria deve darsi a queste condizioni: non riconquista dell"unità nazionale di classe", ma rinsaldamento dei vincoli di classe tra proletariato nel Nord e del Sud nella direzione di costruire un fronte di classe internazionale contro il capitalismo.
Il proletariato meridionale non si è completamente piegato al maglio capitalista. Dal Sud vengono segnali di un malcontento crescente che si esprime anche con lemergere di una sorta di "orgoglio meridionale", che rivela unansia di riscatto sociale e la volontà di realizzarlo con le proprie forze, senza aspettare "la manna dal cielo". Certo è un sentimento denso di difficoltà e illusioni, e su di esso si lanciano famelici gli avvoltoi borghesi per dirottarlo a proprio vantaggio e contro il proletariato tutto (del Sud e del Nord). Ma la preda gli può essere sottratta, a condizione che i comunisti e i proletari più coscienti riconoscano gli elementi di classe insiti nell"orgoglio meridionale", e li appoggino incondizionatamente, indicando, nel contempo, il programma e il percorso di lotta che possono portarli a realizzazione.
Segnali del malcontento crescente provengono anche dalle iniziative di lotta dei disoccupati e dei lavoratori licenziati. Hanno rasentato già il livello di vere e proprie rivolte, e lo supereranno di sicuro nel prosieguo. Anche esse sono sottoposte al rischio di inseguire spinte localiste, se non peggio, di gruppo, di associazione. Ma anche da questo rischio si può uscire allunica condizione che ci sia una azione concreta, coerente, determinata a unificarle. Non solo a unificarle tra di loro, ma a unificarle nel senso di classe, a rapportarle allinsieme della lotta del proletariato. Questa azione può essere svolta unicamente dal nucleo di classe operaia industriale, che non solo al Sud continua a esistere negli insediamenti "storici" come Pomigliano o Taranto e in quelli recenti come Melfi, ma che è anche tenutaria di unesperienza di organizzazione e di lotta che ha segnato profondamente la storia dellintero movimento operaio e comunista, con la partecipazione alle lotte degli anni 20 e alla stessa costituzione del PcdI, con le manifestazioni di autonomia classista che seppe esprimere nel 43-45 e anche con la combattività che ha saputo esprimere nel ciclo di lotte degli anni 70.
È ancora lei che è chiamata a prendere la testa dellinsieme del movimento proletario. E può farlo, perchè ha nel suo seno le energie che potenzialmente glie lo consentono.
Si deve, anzitutto, lottare per bloccare ogni politica di ulteriore frammentazione delle condizioni operaie: respingere i contratti darea, i patti territoriali, tutte le riforme municipaliste, federaliste, aziendaliste, tutte le deroghe alla contrattazione nazionale che il padronato (con la complicità sindacale) si prepara a ricavare dalla prossima tornata contrattuale. Lofferta concorrenziale di condizioni di sfruttamento via via più allettanti per i capitali va interrotta e va rilanciata una battaglia per lomogeneizzazione dei trattamenti.
E si deve anche bloccare la militarizzazione del territorio. La volontà e la necessità proletaria di difendersi dalla criminalità organizzata e dal degrado sociale non si realizza con la moltiplicazione della presenza repressiva dello stato. Questo è, anzi, il vero responsabile, insieme al grande capitale, di quei "fenomeni". La militarizzazione del territorio svolge una funzione unicamente anti-proletaria, e, quandanche arriva a colpire singoli episodi di criminalità, lo fa solo per meglio organizzare le radici che portano linfa al funzionamento della macchina criminale del profitto e per diffondere la droga rappresentata dalla fiducia nelle leggi del mercato, cui sistematicamente le sue stessi leggi si adeguano.
Con la ripresa delliniziativa di lotta, il proletariato industriale può attrarre a sé le immense forze di classe che loffensiva capitalista rimette in movimento nel Sud, evitando che siano scagliate contro di esso, e, anzi, utilizzandone lenergia per condurre con maggior determinazione la lotta contro il comune avversario capitalista.
Per la ripresa delliniziativa il proletariato non parte da zero, sia per le sue tradizioni storiche, sia per le sue lotte recenti. Le stesse ultime "chiamate" fatte dai sindacati negli scioperi regionali che si sono susseguiti nei mesi scorsi (ultimo quello campano, con 80.000 in piazza solo a Napoli), pur essendo dai sindacati dirette verso la linea dagli sbocchi micidiali (per il proletariato) della garbata pressione sul governo affinchè "si interessi del Sud", hanno smentito il luogo comune di un Sud indistintamente parassita e assistito e mostrato che il Sud proletario (contrariamente a quello piagnone e panciafichista dipinto da un altro luogo comune) è animato dalla volontà di uscire dalla condizione di supersfruttamento, precarietà, disoccupazione e degrado sociale in cui lo si sta precipitando.
La ripresa delliniziativa di classe non può certo nascere dallinterno della logica e della politica del riformismo sindacale e politico. Deve anzi fare con essa i conti fino in fondo, abbandonandone la sua sottomissione alle necessità capitaliste, sia quando sono supportate nella logica esplicita dei sindacati e del Pds, sia quando sono proposte nelle forme ambigue (sempre meno, in verità...) di Rifondazione.
La necessità di resistere davvero allaggressione capitalista, di ricostruire lunità di classe, riaccorpando tutte le sezioni proletarie, divise dai rapporti di lavoro o dalla "geografia", richiama decisamente in campo la necessità per il proletariato di disfarsi dellarmamentario riformista. Di ricostruire la sua organizzazione di classe, di riappropriarsi di un programma coerentemente classista, di porsi, alfine, al livello che lo scontro gli impone: la lotta contro lintero sistema capitalista, la lotta per la realizzazione degli interessi storici del proletariato, la lotta per il comunismo.
Compiti complessi e difficili, ma che divengono sempre più necessari e urgenti. Compiti cui la nostra organizzazione non si sottrae al Nord conducendo unazione verso tutto il proletariato, al di là della sua collocazione politica, per combattere tutte le spinte alla disgregazione politica al suo interno e con il proletariato del Sud e tutte le spinte alla sottomissione alle necessità del capitale. E da cui non si sottrae neanche al Sud, come dimostrano lazione e il lavoro nei confronti dei disoccupati e degli operai di varie aziende del napoletano, e come dimostra anche lesperienza di organizzare le forze proletarie disponibili a fare i conti con linsieme dei problemi della classe per trasformarli in iniziativa politica verso tutta la classe, rappresentata dal "Coordinamento operaio contro le compatibilità" di Napoli.
Un granellino di sabbia smosso in un deserto immobile? E sia, purchè chi lo giudica tale lo faccia non per ritrarsi spaventato dalla sproporzione tra forze in campo e immensità dei compiti, ma per trarne la conclusione di unire le sue energie a quelle (poche o tante che siano) che già agiscono in una coerente direzione di classe.