La tragedia jugoslava

    Articoli collegati


 

I MASSACRATORI OCCIDENTALI SI ACCANISCONO SUL CADAVERE DELLA JUGOSLAVIA.
SI APPROSSIMA IL MOMENTO IN CUI
SI SBRANERANNO TRA LORO.

Indice


12 settembre. Mentre stiamo chiudendo l’articolo che segue, un materiale sempre più incandescente di fatti si sta scaraventando su di noi. Ed ognuno di essi sta a significare l’ulteriore svolta assunta dalla guerra nei Balcani: dopo aver spezzata l’unità del paese e mandato al macello le sue popolazioni, i vari paesi imperialisti d’Occidente cominciano a venir sempre più ringhiosamente in rotta di collisione tra loro per la spartizione delle rispettive "zone d’influenza". Nessuna pace stabile, neppure per finta, si prospetta per l’area balcanica. Al contrario, nuovi allargamenti del fronte bellico si preparano. Saluteremo con gioia il momento in cui esso travalicherà dai Balcani per portarsi nelle metropoli, con i vari imperialismi l’un contro l’altro armati! Sarà la prova del nove per le nostre classi borghesi e lo sarà anche per il nostro proletariato, reso sin qui sordo -grazie ai buoni uffici della "sinistra" che lo "rappresenta"- dinanzi ad una tragedia "di altri", che "non ci riguarda". La bruciante realtà -anche, e tanto più, se ignorata- afferrerà per la gola tutti quanti. E tutti quanti dovranno compiere il loro dovere. Da anni ci sforziamo di porre questa verità dinanzi agli occhi della nostra classe perché è essenziale che la posta in gioco sia intesa e che ad essa ci si attrezzi prima che il tetto crolli sulla propria testa, da anni chiamiamo all’organizzazione militante coloro che, in qualche modo, comprendono il senso degli avvenimenti in Jugoslavia. Il test jugoslavo è decisivo: esso separa dai rivoluzionari le schiere dei social-sciovinisti, dei finti "pacifisti", dei sognatori riformisti di ogni sfumatura ed anche i pretesi "rivoluzionari" intenti a riflettere (male) il mondo e in nessun modo decisi a cambiarlo.

Il conflitto a una svolta cruciale

La sanguinosa vicenda jugoslava si avvicina ad un punto di rottura che davvero potrebbe, stavolta, produrre conseguenze incontrollabili anche per chi ha fatto di tutto per tener acceso il fuoco "sino ad un certo livello" e "sotto controllo".

Il salto di qualità, manifestatosi da ultimo con l’aggressione croata alla Krajna, il totale smantellamento in loco della presenza serba ed i sistematici raid aerei in Bosnia, si spiega con la sempre più massiccia e decisiva azione politica e militare degli USA, volta a scalzare i punti di forza messi precedentemente a segno dall’Europa -e principalmente dalla Germania- nonché il pericolo di un’"intromissione" russa, o in proprio o a mezzadria con la Germania.

In fondo, realizzando la spaccatura della Jugoslavia, la Germania si accontentava di "poco": papparsi immediatamente la Slovenia e la Croazia come propri stati vassalli, destabilizzare la situazione in Bosnia, creare degli altri stati fasulli da attrarre nella propria orbita e tenere in istato di fibrillazione permanente l’area serba, in modo non tanto spinto, però, da impedirle di allacciare anche con essa dei ponti. Gli altri stati europei si sono messi al carro di questa politica assassina, sperando, ciascuno per sé, di lucrarvi qualcosa, in concorrenza o in collaborazione subordinata (come nel caso dell’Italia) con i tedeschi.

Più facile far disegni in astratto sulla carta che dominare la valanga messa in moto.

Da Est è via via venuta crescendo nel frattempo -ed era un fatto per noi scontato- la risposta russa: già Mosca aveva mostrato di non adattarsi facilmente, nonostante l’iniziale marasma connesso alla perestrojka, ai progetti di pura e semplice colonizzazione della propria vita economica, politica e sociale da parte dell’Occidente; la ripresa di una sua iniziativa nei Balcani ne era il logico corollario e la condizione di base necessaria per rimettere ordine anche e "soltanto" nei rapporti bilaterali tra stato russo e "partner" occidentali.

Ma ciò che ha sconvolto tutti gli "equilibri" sin qui costruiti è stata proprio la riconfermata presenza imperialistica degli USA. Si è cominciato in sordina con il cauto protettorato sulla Macedonia (la cui "pace" è ormai stabilmente garantita dal controllo delle proprie armate), successivamente si è fatto l’impossibile per spingere la Bosnia ad un cinico gioco al massacro sventolando all’uopo i "diritti dell’Islam" (quelli stessi così ben protetti nella guerra del Golfo!) in combutta con i peggiori regimi del mondo islamico stesso, dalla Turchia all’Arabia Saudita e lasciando spazio (condizionato) persino all’Iran, in vista di futuri regolamenti di conti con l’Iraq, se del caso; infine, di fronte alle cautele germaniche nei confronti delle spinte belliche croate, si sono aperti anche qui dei cunei, tanto da far emergere sempre più nettamente in seno all’HDZ un "partito americano" in contrapposizione a quello "tedesco". L’ultima azione di Tudjman non è un mistero che si è compiuta sotto l’ombrello protettivo USA (oltre che con la benedizione papalina), politicamente e militarmente, mettendo in grosse difficoltà Kohl e, tanto più, gli altri stati europei, completamente spiazzati dall’evolvere della situazione. (La frenesia interventista di Chirac può leggersi proprio come un tentativo di precedere le mosse USA: tardiva, inconseguente e grottescamente sospesa tra la ricerca di un asse con Bonn ed il tentativo di prendere in contropiede l’"alleato"-concorrente germanico).

Le carte europee sono momentaneamente saltate, a meno di una forte ripresa d’iniziativa che, comunque, per dimostrarsi vincente, dovrebbe entrare in aperta rotta di collisione con la politica USA (un passaggio tuttora lontano...).

Ma anche quelle americane non si giocheranno indefinitamente con facilità.

Incognite non previste

Una volta attizzati gli ardori bellici neo-ustascia dei croati sarà faticoso tenerli poi a freno, e non è a questo punto pensabile che un ulteriore attacco alla Slavonia possa trovare indifferenti la Serbia e la Russia, la quale ultima ha già troppo tollerato lo spingersi ad Est dell’Occidente per non sentire di dovervi, oggi, porre un argine. In questo caso, è da vedersi come potranno e dovranno muoversi le potenze europee.

( Notiamo, en passant, che la cosa che sembra dar più fastidio a certa nostra "sinistra" è proprio questa ripresa d’iniziativa russa. Noi, che non la consideriamo affatto, va da sé, un risultato nostro, di classe, la registriamo, dopo di averla pronosticata, con la massima soddisfazione, in quanto va a mettere una zeppa alla fin troppo facile invadenza USA, e, con ciò, spezza il pericolo -che soprattutto sotto Gorbacev si poteva paventare- di un Nuovo Ordine Mondiale unipolare in grado di soffocare provvisoriamente l’esplodere dei contrasti inter-imperialistici: il "disordine" interno all’imperialismo ci sta benissimo come "introduzione" all’esplodere del "disordine" proletario nel momento in cui il primo farà concretamente sentire i suoi effetti nelle metropoli. Ma anche delle forze conseguentemente borghesi, quali le nostrane "sinistre" aspirano ad essere, dovrebbero tirare un sospiro di sollievo per il ritorno dell’orso russo e puntare su di esso come partner per un rilancio dell’iniziativa europea, che o sarà anti-USA o non sarà. Purtroppo, non siamo qui neppure a tanto: borghesi sì, sino al midollo, ma borghesi venduti al maggior contraente; roba da seconda Desistenza, terzo Anti-Risorgimento, degna del leccaculismo stelle e strisce dei vari Veltroni...)

In secondo luogo, il contenimento dei serbi in Bosnia darebbe il via libera quanto meno all’assorbimento della parte più vitale di questo presunto stato "riconosciuto" da parte della "Grande Croazia", e ciò (come anticipavamo in un lontano articolo) vanificherebbe i risultati immediati dell’innamoramento per gli USA da parte delle locali dirigenze "islamiche" -per non parlare della massa della popolazione bosniaca, che non ha mai amato svisceratamente Izetbegovic e la sua guerra, che si sente (soprattutto nei grossi centri quali Sarajevo) estranea alla divisione etnica e che già intuisce perfettamente come l’interessamento USA per le sue sorti si giochi in realtà sulla sua pelle-. Senza contare che il collegamento che verrebbe pressoché naturalmente ad attuarsi tra i rimasugli di una Bosnia "islamica" ed i vicini e lontani stati "confratelli" per mantenere in piedi la cricca di Izetbegovic legittimandola all’insegna dell’Islam, cambierebbe molti dei coefficienti attuali, del tutto provvisori, nella trama delle alleanze e dei rapporti d’interesse inter-statali con dubbio vantaggio per gli USA alla distanza, mentre la forzata "islamizzazione" del paese dilacererebbe una volta di più la società bosniaca, ad essa estranea, e non si sa sino a qual punto potrebbe, invece, creare linee di frizione incontrollabili con l’ex-alleato croato.

Assisteremo ad un continuo rimescolamento di carte, il tutto, come sempre, a spese delle locali popolazioni, a meno che da esse stesse non si sprigionino i necessari anticorpi. La possibilità cui noi guardiamo è che queste ultime, stanche dei massacri cui le si è obbligate e conscie che essi si devono esclusivamente agli interessi dell’Occidente e dei cani da guardia nazionalisti borghesi di casa propria, si ribellino finalmente. Non è solo una pia speranza.

E’ risaputo, ad esempio, che quest’ennesima provocazione militare di Tudjman trova le sue ragioni in un disperato tentativo di ricompattare, con le buone e le cattive, i malumori interni, sia di classe, proletari, che regionali (la guerra in pieno agosto è anche stata fatta contro i galoppanti sentimenti indipendentisti istriani e dalmati: lo ha capito persino Italia Uno!). Naturalmente, in assenza di un partito comunista (per forza di cose jugoslavista in prima istanza), le cose possono ulteriormente aggrovigliarsi in senso negativo, ad esempio attraverso nuove linee di fuga "autonomiste" in sovrappiù, come precisamente nel caso dell’Istria e della Dalmazia...

Guerra senza fine

L’ultima trovata di "pace" degli USA (di cui ONU e NATO sono chiamati ad essere sempre più i semplici esecutori) è consistita nell’infinità di raid aerei contro le postazioni dei serbi di Pale con l’aggiunta di missili "intelligenti" che non importa, poi, se centrano scuole ed ospedali: l’intelligenza dei missili è pari alle "ragioni umanitarie" dell’imperialismo!

Si è detto: solo così ridurremo i serbi alla ragione e potremo varare la pace.

Non spendiamo parole superflue su quest’atto di "pace" bombarola che sembra aver suscitato nei nostri circoli politici fremiti infiniti di entusiasmo (alle smanie interventiste -penetrate, a quanto sembra, persino nel salotto buono di Madame Rossanda, salvo i distinguo d’obbligo per darsi un bon ton- dedichiamo uno specifico articolo). Quel che ci preme qui ribadire è che la soluzione di "pace" imposta coi bombardieri NATO, se mai si attuerà, non potrà segnare che un passeggero momento di trapasso verso nuovi, inevitabili scontri. E’ un vecchio e risaputo trucco quello dei nuovi tracciati territoriali imposti dai potenti ai loro sottoposti: vi si scrive pace, si deve leggere guerra. La mancata risoluzione dei problemi sorti dalla dissoluzione della Jugoslavia non potrà, di fatto, che riaccendere una miriade di conflitti, tanto più in ragione del proliferare di tanti "soggetti" statali ed infrastatali, tutti troppo deboli per chiudere la partita a proprio vantaggio e tutti, contemporaneamente, troppo ringhiosi per tacitarsi. E, stavolta, la materia infiammabile non potrebbe fermarsi ai confini jugoslavi nel momento in cui, partendo dalla dissoluzione della Jugoslavia, si è smossa tutta l’area balcanica, si sono riattizzati tutti i vecchi rancori e tutte le antiche velleità di "potenza" (Turchia, Grecia, Bulgaria, Ungheria, Romania...).

In ogni caso, è certo che l’elemento serbo -uscito dal conflitto a testa alta, senza mai piegarsi ai diktat occidentali, nonostante la sproporzione di mezzi in campo- non potrà adattarsi ad inghiottire indefinitamente il rospo della "pace" che gli si vorrebbe confezionare, soprattutto dopo il sanguinoso affronto subito in Krajna e tanto più se ad esso dovesse far seguito un’offensiva vittoriosa "croata" in Slavonia. Ed agli USA interessa proprio creare e tener acceso questo focolaio ulteriore, per destabilizzare in perpetuo l’area e sbaraccarvi gli "alleati" europei.

Una mossa ulteriore a tal fine potrebbe consistere nel fomentare con tutti i mezzi l’esplosione del Kossovo (sin qui inutilmente tentata dall’esterno e data sempre per imminente, e "straordinariamente" andata buca: ottimo segno per noi!).

Di ritorno, recentemente, da una missione in Albania, Buttiglione ha espresso le proprie preoccupazioni per questo pericolo di guerra e, pur senza nominarne gli artefici, ha detto che ciò rappresenterebbe una rovina per l’economia e lo stato albanesi ed un serio guaio per l’Italia, sua "protettrice". Non è difficile intendere il senso di queste parole: un conflitto nel Kossovo col coinvolgimento, magari, dell’Albania si scaricherebbe contro i nostri interessi nazionali, contro gli interessi europei, ad esclusivo vantaggio dei fomentatori di discordia USA. La disponibilità, recentemente espressa dal governo albanese, ad accogliere sul proprio territorio gli armamenti USA più "sofisticati" (che l’Italia -in quanto esclusa dalla pappatoia- affetta di rifiutare) la dice già lunga...

Che se ne conclude? Nulla, per il momento, al di fuori di vane petizioni di pace, a misura che ci troviamo di fronte a delle larve di borghesia imperialista prive di spina dorsale. Germania e Russia, però, potrebbero pensarla (ed agire) diversamente, soprattutto se alla prima arrivasse il conforto di una politica -finalmente!- meno bizantina ed un tantino più ardita da parte della comunità europea...Insomma, tutto spinge verso un ulteriore "incasinamento" nei Balcani, nel corso del quale vengono progressivamente a scontrarsi apertamente i contrastanti appetiti degli imperialismi coinvoltivi. Prima o poi, i macellai andranno a macellarsi tra loro. Ben venga!

La bancarotta di Milosevic

Per quel che riguarda, invece, i fattori interni della crisi jugoslava (e della sua soluzione che è comunque, come detto mille volte, internazionale), la chiave di volta della situazione resta tuttora in Serbia. Le classi sfruttate del popolo serbo, ovunque esso sia attualmente dislocato entro il perimetro della (ex)-Jugoslavia non possono oggi non avvertire che il richiamo all’"unità dei serbi" su cui Milosevic ha costruito le proprie fortune politiche, accogliendo a parole i sentimenti di frustrazione di un popolo sottoposto da ogni lato ad un tiro incrociato, è stato nei fatti tradito. Ma è ovvio che questo non basta, o semmai può bastare ad un rilancio "incorrotto" della stessa demagogica consegna miloseviciana, il che non porterebbe da alcuna parte.

E’ necessario che si comprenda che solo all’interno di un’ottica pan-jugoslava le petizioni nazionali legittime del popolo serbo potevano trovare una soluzione acconcia, senza venire in contrasto con le altrettanto legittime petizioni degli altri popoli fratelli, mentre il ricorso alla demagogia "serbista" era ineluttabilmente destinata a servire soltanto gli appetiti della propria microborghesia sotto-nazionale ed a portare allo sfacelo la stessa pretesa "causa serba" senza aggettivi. (Come abbiamo altra volta chiarito, la stessa soluzione "serba" da un punto di vista borghese avrebbe reso necessario un programma d’attacco a scala pan-jugoslava, sia pure in chiave pan-serba: per essere coerente col proprio "serbismo", Milosevic avrebbe dovuto normalizzare col pugno di ferro sloveni, per primi, e croati in seguito: sarebbe stata una regressione storica rispetto al "risorgimento jugoslavo" e tanto più al titoismo, ma, quanto meno, la borghesia reazionaria serba avrebbe mostrato di non voler pregiudizialmente capitolare di fronte all’Occidente, e ciò sarebbe stata una condizione migliore per il movimento pan-jugoslavo di classe chiamato a combatterla)

Oggi, coloro che sarebbero dovuti venir liberati dall’oppressione croata o "mussulmana" (gabellata come oppressione di un "popolo" da parte di altri "popoli") si ritrovano schiacciati dall’Occidente, ricompressi all’interno di frontiere non loro -e per essi sempre più ostili-, scacciati a centinaia di migliaia da terre che eran loro e, "in patria", sottoposti allo sfruttamento da parte di una "propria" sotto-borghesia nazionale che, nel vortice della guerra, ha pur trovato modo di allargare la sfera del suo dominio di classe e persino di utilmente lucrare sulle rovine da essa stessa prodotte. Ma non basta. Questo stesso ripiegamento non può costituire una "soluzione definitiva", seppur nell’arretramento obbligato: tutt’attorno, continuando per questa strada, si affacciano dei "nemici" potenziali. Gli albanesi, gli ungheresi della Vojvodina etc. etc., che un programma "serbista" non potrà mai unire a sé ed, anzi, concorre a trasformare in ulteriori spine nel fianco sempre pronte ad essere utilizzate dal mostro d’Occidente.

Una via crucis senza fine. Fino a quando, almeno, non si sia visto che altra è la via d’uscita: quella della fratellanza di classe fra tutti i popoli jugoslavi per una lotta unitaria contro chi lavora a dividere ed opprimere: le stolide microborghesie nazionaliste, a cominciare da quella serba, e il rapace imperialista.

Naturalmente, non parliamo di epicentro serbo per svalutare le possibilità ed il contributo ad un programma di classe da parte delle altre "nazionalità". Diciamo "solo" che è stato ed è il popolo serbo ad aver sentito nella propria carne il coltello dei carnefici occidentali e che, in forza di questo dato materiale determinante, esso è quello da cui più e meglio possono scaturire delle risposte congrue per i problemi di tutti i popoli jugoslavi. Possono, non "devono", lo ripetiamo per l’ennesima volta. Perché potrebbe anche darsi l’esatto opposto, qualora continuasse a latitare (tra i serbi e soprattutto nelle metropoli) una presenza discriminante di classe (e sappiamo perfettamente quanto sarà duro uscire dalla deriva controrivoluzionaria che da decenni ci ammorba!). Ci limitiamo quindi a dire questo soltanto: che tutti gli elementi oggettivi della situazione chiamano qui ad una ripresa del programma di classe proiettato sull’insieme del territorio della (ex)-Jugoslavia. Il conflitto che, all’inizio, si presentava formalmente tra serbi da una parte e croato-mussulmani dall’altra ha, via via, definitivamente mostrato il suo vero volto di conflitto tra la Polizia Imperialista Internazionale d’Occidente e chi ad essa non ha voluto piegarsi. Mantenere questo conflitto sul piano di un programma e di una mobilitazione "serbista" sarebbe pura follia. Requisito immediato e minimo per riorganizzare le trincee: tutta la Jugoslavia degli oppressi in armi per rispondere all’invasore esterno e seppellire i suoi manutengoli interni!