L’aggressione imperialista all’Islam: 
risposte ai nostri critici


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La guerra dell’Occidente capitalista contro il mondo islamico continua. Anzi: il peggio deve ancora venire, ha detto Bush. C’è da credergli. Deve, quindi, continuare quell’embrionale opposizione a "libertà duratura" che in Italia s’è fatta timidamente sentire in autunno. E che, disgraziatamente, ha preso a tacere non appena le "nostre" truppe hanno messo piede in Afghanistan. Per puntare un’altra pistola alla tempia delle masse lavoratrici del mondo islamico, per seminare nuove Jugoslavie ai confini dell’India e della Cina, per stringere la morsa imperialista attorno al giovane, sterminato proletariato asiatico. Per fare questo (e anche grazie a questo), la macchina da guerra dell’Occidente sta rovesciando una nuova dose d’ordine e di reazione al suo interno, contro i lavoratori occidentali e quelli immigrati.

Non la si può fermare con le invocazioni della pace o alle istituzioni che, come l’Onu, la legittimano. Ma solo con la mobilitazione di massa e organizzata dei lavoratori e dei giovani contro i soli, veri terroristi che insanguinano il pianeta: il "nostro" governo e i "nostri" padroni, e i loro alleati occidentali.

La nostra attività è impegnata al massimo a favorire il rilancio di questa mobilitazione e la decantazione, in essa, di una posizione di coerente lotta all’imperialismo. A questo mira anche la risposta che diamo nelle pagine seguenti alle critiche che ci sono state rivolte nei mesi scorsi a proposito della nostra posizione sull’11 settembre e sulla guerra. Ci sta benissimo un approfondimento del confronto politico, ma non per trovare un alibi o dei cavilli per giustificare la propria passività, bensì per rafforzare e dare chiarezza alla volontà di sbarrare la strada all’aggressione in corso contro i popoli dell’Islam (e del Sud del Mondo) e a quelle che si preparano. Chi non fosse animato da questo sentimento e dalla ripulsa delle dichiarazioni verbali di solidarietà con gli oppressi del Sud sganciate dall’impegno fattivo contro i loro (che poi sono anche i nostri) sfruttatori, può direttamente chiudere il giornale e passare ad altro. Il che fare non... fa per lui o lei che sia.