17 luglio 2009
Riportiamo qui di seguito ulteriori aggiornamenti presi da varie fonti.
L’Aquila: terremoto, militarizzazione e repressione
Da “http://femminismo-a-sud.noblogs.org”
L’Aquila è militarizzata. La solidarietà è militarizzata. Sembrano prove tecniche di occupazione militare.
Il timore dello
sciacallaggio a noi non era proprio venuto in mente. (…).
Non ci verrebbe in mente di chiamare “sciacallo” qualcuno perchè è romeno.
(…) Da giorni insistiamo per
dire che tanti immigrati invisibili sono sepolti nel centro storico e a Onna.
Che ci sono più morti e dispersi di quelli che dichiarano.
(…) Che non c’è organizzazione e coordinamento e che tutto funziona male.
(…) Questa è diventata una caserma militare. Una zona di esercitazioni. Qui stanno sperimentando frettolosamente la tecnica della paura per imprimere il controllo in un momento in cui tutto è permesso. (…)
Fino ad ora hanno preso
qualcuno con dei soldi che poi si è dimostrato gli appartenevano.
Una badante romena e suoi parenti o amici che andavano a recuperare le sue cose
dalla casa in cui abitava e assisteva una signora che aveva autorizzato il
recupero. Sbattuti in prima pagina, processati per direttissima, rilasciati con
tante scuse e la notizia è sparita nel nulla.
L’idea degli sciacalli deve comunque continuare a circolare.
Soprattutto lo “sciacallo” deve essere identificato in una figura precisa, diversa da politici, pseudo spioni di cronaca vera e commercianti e imprenditori che speculano sui prezzi, altrimenti non potrebbero applicare il reato che stanno inventando apposta per avere un motivo in più per perseguitare immigrati, poveri e non allineati.
(…) Abbiamo bisogno di poter dire quello che ci succede. In questo momento siamo isolati e ci sono persone indegne che parlano per noi. In molti posti non c’e’ radio e televisione. E non siamo tranquilli pensando che sono arrivati anche quelli che le ronde le fanno di mestiere…”
Da “Terranews.it”
L’inutile decisionismo che scontenta tutti
“Dopo il terremoto è arrivata la Protezione civile”. La frase viene lasciata cadere lì, con leggerezza. Ma leggera non è. È un segnale evidente del malumore che sta montando nei campi degli sfollati del sisma del 6 aprile in Abruzzo.
Cominciano a essere evidenti i punti di attrito fra la macchina decisionale centralizzata messa in piedi dal sottosegretario Bertolaso in questo territorio. Continui controlli dei documenti, posti di blocco, coprifuoco in tutto il territorio dopo le 20, di fatto anche se non dichiarato, privazione di ogni potere decisionale e di “concerto” degli organi elettivi locali, braccialetti di riconoscimento in alcuni campi e in tutti gli altri pass e controlli ogni pochi passi.
«È asfissiante - spiega uno dei ragazzi della rete “3 e 32” che sta promuovendo la nascita dei comitati di cittadini -. Abbiamo avviato il sito e iniziato i primi incontri. Sarà un caso ma sono arrivati subito in casa i carabinieri a chiederci i documenti e cosa stavamo facendo lì. In casa, a casa mia». (…)
06/05/2009 - Fonte: http://www.terranews.it/news/2009/06/la-protesta-dei-miti-manda-all%E2%80%99aria-il-decreto
Inutile il decisionismo del governo? Ci sembra molto utile per la borghesia, come abbiamo mostrato nei volantini sull'Abruzzo e sul G8
Un commento inviato a un sito web.
Ho visto l’Aquila. (…) Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits. (…) Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola “cazzeggio”. A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. (…) Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente. (…) È come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. (…) Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto (…) mi ha detto che "quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente". Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire. (…) Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
11/05/2009. Fonte:http://nautilusmagazine.blogspot.com/2009/05/prove-tecniche-di-regime.html.
Da “Carta”
Terremoto: Ordine dei Giornalisti: assurda militarizzazione L'Aquila, stop a divieti
Teramo, 15 mag 09 - "La volontà dei giornalisti abruzzesi di contribuire alla rinascita dell'Aquila cozza con una evidente militarizzazione della città (…)". E' quanto afferma il segretario dell'Ordine dei giornalisti d'Abruzzo (…). "Non vorremmo altrimenti dover pensare (…) che invece l'obbiettivo reale, come pure denunciato nei giorni scorsi anche dal servizio pubblico radio-televisivo, sia quello di avere nell'area aquilana giornalisti 'embedded', cioe' sotto stretto controllo, arrivando perfino a limitare l'attività dei loro organismi rappresentativi".
Fonte: www.carta.org
Un commento inviato a un sito web.
(…) Fin dall’inizio anche io avevo avuto una inquietante sensazione di informazione “controllata”, rigorosamente tenuta “sotto tutela” dalla protezione civile. Mi era subito venuto in mente il modello “guerra in Iraq” e i giornalisti “embedded” al seguito dell’esercito USA, che raccontavano la guerra vista solo da una parte, la parte dei più forti!
Perché quelle telecamere puntate solo in alcuni ben precisi punti? perché il totale silenzio su tragedie (…) numericamente anche molto più gravi di quelle quotidianamente portate nelle case di tutta Ialia con la tv e i giornali? perché il black out sulla reale situazione del centro storico dell’Aquila, del quale non abbiamo più visto alcuna immagine? perché il continuo martellamento sul numero di case agibili pari al 50% del totale (rigorosamente in termini percentuali e mai in valori assoluti) senza mai dire su quali cifre è valutata questa percentuale? perché l’insistenza sulla comunicazione di presunte “buone notizie”, anche se ridicole (come gli chef che cucinano i pranzi di pasqua o i parrucchieri nelle tendopoli a pasquetta o, infine, l’ottimismo dilagante che vorrebbe tutti gli aquilani rientrare al più presto nelle loro case mentre la terra trema ancora!) e mai un accenno alle reali difficoltà di vita delle famiglie abruzzesi nelle tende, negli alberghi, negli alloggi di fortuna? perché tanta enfasi su una inesistente riapertura delle scuole (poche classi di scuola materna nelle tende) in occasione della visita della Gelmini e mai una seria documentazione su come stanno studiando gli studenti rimasti all’aquila o trasferiti negli alberghi sulla costa? perché tanta confusione sul decreto relativo alla ricostruzione, senza mai un tentativo di capire e di spiegare la reale esistenze/inesistenza dei fondi e le vere modalità di erogazione ai terremotati, cioè pochi fondi, senza copertura, costi tutti a carico dei terremotati, solo per le prime case e con restituzione spalmata su 23 anni? per non parlare della verità sulla questione G8, che meriterebbe fiumi di inchiostro (…).
Fonte: http://www.3e32.com
Da “Left” del 15/05/2009
Terremoto e ricostruzione: Una questione di manganelli
La militarizzazione imposta in Abruzzo - a più di un mese dal sisma - rischia di diventare il vero punto debole del governo. Percepita inizialmente come efficienza nel coordinamento dei soccorsi e poi come prevenzione dello sciacallaggio, ora è proprio la crescente militarizzazione a provocare reazioni di dissenso tra gli sfollati. (…) Diversi quartieri e l’intero centro storico del capoluogo, insieme a quelli delle frazioni e dei comuni del circondario, sono stati dichiarati “zone rosse” in cui è impedito l’accesso agli stessi residenti. La notte scatta una sorta di coprifuoco in cui gli unici mezzi in movimento sono quelli di esercito e forze dell’ordine, mentre videocamere ed elicotteri attrezzati con visori notturni, tengono sotto controllo tutto ciò che si muove. (…) Si controllano gli scontrini ai venditori di porchetta ma non si vigila sullo smaltimento dei rifiuti, si cerca di impedire ai giornalisti di testimoniare le reali situazione di emergenza e contemporaneamente si abbassa l’attenzione sulla “conservazione” delle prove dei crolli “anomali”. Intanto, tra le decine di migliaia di sfollati ci si comincia a rendere conto che il primo mese è passato senza che nessun intervento sia stato realizzato per consentire almeno l’accesso nelle “zone rosse” (…). Con i primi dubbi, si manifestano i malumori dovuti agli ultimi provvedimenti presi nelle tendopoli gestite dalla Protezione civile. Da una settimana, agli sfollati sono stati imposti braccialetti e tesserini di riconoscimento da esibire a ogni accesso. L’erogazione del servizio mensa ai terremotati degli accampamenti autogestiti è stata sospesa, come è successo a Paganica o Civita di Bagno. In una tendopoli de L’Aquila, il servizio è stato negato ai vigili del fuoco che protestavano per la fila eccessiva. Non si tratta di circolari ufficiali della Protezione civile. A decidere il giro di vite sono i singoli capi campo che a ogni avvicendamento reinterpretano i regolamenti in maniera più o meno rigida, fino al punto di sfiorare il libero arbitrio: in alcune tendopoli, come a Fossa, alcuni residenti sono costretti a ridiscutere il diritto a una tenda a ogni cambio del capo di turno, che impone un’applicazione burocratica delle direttive. (…) Nascono anche i comitati spontanei: prima quelli creati da gruppi di studenti, professionisti, insegnanti, artisti e associazioni culturali, sportive o di categoria, ora quelli nei singoli paesi o tendopoli. E la prima richiesta è quella dell’informazione. Sarà un caso, ma è stata interrotta da alcuni giorni la distribuzione gratuita dei principali quotidiani nelle tendopoli e le edicole aperte in tutto il territorio si contano sulle dita di una mano. Per ognuno di essi un solo comune denominatore: autorganizzarsi per rivendicare i diritti elementari di cittadinanza. Le rivendicazioni sono numerose: critica serrata al decreto del governo; rifiuto della militarizzazione del territorio; lotta allo smembramento dell’università e al trasferimento delle sedi istituzionali in altri territori; diritto dei cittadini a decidere i modi e i tempi della ricostruzione; ripresa dell’economia locale; garanzie contro le infiltrazioni della criminalità organizzata; difesa del territorio e dell’ambiente; recupero di monumenti, centri storici e opere d’arte. (…) Quello che ora preoccupa il governo è che si verifichi una saldatura tra le rivendicazioni degli enti locali e quelle dei comitati spontanei. In questo quadro, i comportamenti muscolari della Protezione civile vengono letti anche come segnali di nervosismo.
Fonte: http://www.osservatoriorepressione.org/2009/05/terremoto-e-ricostruzione-una-questione.html
Da “La Repubblica” del 22/05/2009.
L'Aquila, ricostruzione
fai-da-te
"Chi può si edifichi un ricovero"
(…) "La tenda inebetisce, massacra il morale, riduce l'intelligenza a zero e il corpo vitale di un lavoratore ad oggetto da assistere. Mangiamo bene tre volte al giorno, ci fanno fare la doccia e i bagni sono disinfettati due volte al dì... Le guardie ci controllano, gli infermieri ci aiutano e noi siamo lì reclusi e beati. Gente a cui il destino ha offerto prima della morte una vacanza, magari di merda, per un sacco di tempo", commenta l'architetto Antonio Perrotti, sistemato sotto la tela e promotore nel campo base del più agguerrito comitato popolare.
Il regime di vita, totalmente assistito, prevede in cambio però silenzio e ridotta capacità visiva. La nota della signora N. F., che il timore di rappresaglie induce a negare la propria identità, dimorante al campo base Italtel 1: "Capisco la sicurezza, ma con questa necessità si annienta ogni libertà di espressione. Al mio campo si entra e si esce solo con un badge di identificazione. Una sera iniziai a discutere con amici della necessità di fare qualcosa, muoverci, capire. Si forma un crocchio di una decina di persone e io inizio a interrogarmi ad alta voce. Passa qualche minuto e si fa vivo il muso di una camionetta dei carabinieri. Ci spiegano che ogni assembramento avente natura politica dev'essere autorizzato e che loro, finché non fosse terminato il nostro conciliabolo, sarebbero rimasti lì ad ascoltare".
Guido Bertolaso (…) ha bisogno (…) di pace e concordia. Per averla ha chiesto aiuto ai carabinieri e convocato il vescovo. Monsignor Molinari gli ha portato tutti i parroci ai quali Bertolaso ha consigliato di farsi attivisti della Protezione civile: alleviare, attutire, sistemare, e - diamine! - zittire se è il caso. (…)
Da “Epicentrosolidale.org”
Ancora dall’inferno delle tendopoli
Freddo di notte, caldo di giorno. Nelle cuccette e nelle tende alla mattina non si può più stare: manca l’aria e il termometro sale ad oltre 30°. Il microclima, il sovraffollamento, le scarse condizioni igieniche e i tardivi controlli sugli alimenti e la gestione della cucina nei campi favoriscono la diffusione di malattie infettive e parassitarie. 50 casi di gastroenterite nel solo campo di piazza d’armi in un solo giorno e i malati vengono tenuti in isolamento nelle tende. Un caso accertato di tubercolosi nel campo di Pizzoli, ma le prime notizie apparse su televideo parlavano di 5 malati di tubercolosi all’Aquila. (…) Ma non è tutto: dal 20 maggio, per una settimana, sono sospesi gli esami per i pazienti ambulatoriali e ricoverati per liberare le aree dove verrà montato l’ospedale da campo del G8.
Questo maledetto G8, che già da
ora rende ancora più invivibile, con la sua invadenza militare e finanziaria le
condizioni degli sfollati aquilani. (…) I malati vengono spediti fuori
dall’Abruzzo per essere curati. (…) I prodotti locali dell’agricoltura e
dell’allevamento, inutilmente offerti alla protezione civile per il consumo nei
campi, rimangono invenduti e devono essere distrutti. Sono le grosse catene di
distribuzione e non i piccoli produttori indigeni a guadagnare dall’emergenza.
Nelle tendopoli gli sfollati non hanno certo diritto di scelta e, mentre nelle
stalle abruzzesi i vitelli invecchiano e il latte deve essere gettato, nei campi
la minestra è sempre quella del cibo in scatola o surgelato (…).
L’Aquila è ormai una città assediata dalla burocrazia e dalla
militarizzazione, blindatissima per il G8 ed ermetica alle concrete esigenze
degli aquilani. (…) E mentre i carabinieri e i media minimizzano, per
evitare che questa rabbia gli si rivolga contro il generale Bertolaso chiede
aiuto all’arcivescovo e ai preti: “la gente nelle tendopoli comincia a
rumoreggiare, tocca anche ai sacerdoti veicolare messaggi distensivi per evitare
rivolte popolari”. Naturalmente in una situazione così “surriscaldata” l’appello
ai parroci potrebbe non essere sufficiente e così il controllo governativo
dei campi profughi si capillarizza in chiave autoritaria, oltre che con la
militarizzazione dei campi stessi, anche con la gerarchizzazione delle persone
ivi ospitate. Nelle tendopoli le uniche assemblee popolari consentite e
incoraggiante (…) sono quelle per simulare la libera elezione dei responsabili
civili per la sicurezza, ossia i kapò. Un kapò per ogni etnia per meglio
controllare ogni comunità, praticamente scelto dal capo-campo in cambio di
condizioni privilegiate nella tendopoli stessa. (…) I campi sono blindati:
vietato introdurvi volantini e macchine fotografiche (…). Eppure a piazza d’armi
c’è un presidio fisso della rai che non trasmette nulla di ciò che accade lì, ad
eccezione delle passerelle degli sciacalli politico-istituzionali. Oltre quei
cancelli e quei recinti, solerti funzionari della digos e della polizia in
borghese vigilano affinché la gente rimanga ignorante, vigilano affinché tra le
maglie di quelle reti non passi neanche un filo di libertà, di partecipazione.
(…)
22 /05 /2009. Fonte: http://www.epicentrosolidale.org/?p=5853#more-5853
Da “Abruzzo Tv” del 26/05/2009
“Vietato fare politica nei campi abruzzesi”
Abruzzesi in piazza, Berlusconi li vuol mandare in crociera. La prima reale uscita pubblica dei tanti comitati cittadini e delle reti solidali nate dalle macerie del terremoto abruzzese si è avuta, con forza, il 1 giugno. Centinaia e centinaia di aquilani si sono dati appuntamento sotto la Fontana Luminosa, con il proposito di attraversare il cuore della città, bollata però come “zona rossa” dalle autorità, quindi inagibile. Tutti muniti di casco giallo in testa si sono avvicinati all’imbocco del centro cittadino, fermati dalle forze dell’ordine con le quali si sono verificati momenti di tensione. (…) “Entro settembre contiamo di non avere più gente nelle tende, mentre questa estate vogliamo programmare vacanze al mare per le famiglie e crociere sul Mediterraneo per i ragazzi”, questa l’ultima boutade del presidente del consiglio Berlusconi: che i terremotati lascino ricostruire l’Abruzzo a speculatori e palazzinari, l’esercito vigilerà sulle loro macerie, la Protezione Civile si adopererà per battere il terreno per accogliere il G8, che vadano a rilassarsi nelle moderne colonie in versione familiare elargite dal governo… Son arrivati gli sciacalli!
Fonte: http://www.abruzzo24ore.tv
Da “Infoaut.org”
L’Aquila come passerella. La speculazione politica sulla tragedia d’Abruzzo
“Ecco gli sciacalli!”. Televisioni e giornali li avevano annunciati fin dalla prima ora, s’erano presi un paio di flop nella foga di uscire con la sperata notizia della presa del primo sciacallo, esente di umanità e pudore, neutralizzato dalle forze dell’ordine nell’intento di portare vie ricchezze da L’Aquila Onna o Fossa. È andata diversamente, i più ingenui non hanno avuto la forza di rendersi conto che gli odiati profittatori della tragedia del terremoto abruzzese erano già sulle prime pagine e nei teleschermi di tutt’Italia: chi con indosso un cappello da pompiere, chi bramosamente in diretta tv no-stop, chi desideroso di passare inosservato attraverso la convocazione di una conferenza stampa, chi ostinatamente addetto a controbattere ad ogni tipo di critica (già dichiarata bandita), chi svergognatamente impegnato a farsi da garante della sicurezza degli edifici di tutto l’Abruzzo. Oggi degli sciacalli si conosce nome e cognome, la gente dei campi è stufa e stanca, l’Abruzzo nonostante sia diventata una gigantesca zona rossa evidenzia increspature…
Non offendete la memoria dei nostri figli! L’Aquila sempre più intesa e utilizzata come passerella politica, nuovo centro di un’attenzione mediatica costruita ad hoc. Attenzione non tanto rivolta al progredire (?) della ricostruzione (per quello bastano un paio di inaugurazioni al mese per tranquillizzare gli scettici), all’uscita dalla logica dell’emergenza e quindi dallo stato di eccezione dei campi e di vite sospese, alla riappropriazione sociale dei territori da parte di cittadinanze inghiottite da una militarizzazione furiosa (…). A oramai 2 mesi dal terremoto abruzzese anche questo (costruito) “incantesimo” si è andato a rompere, malumori e conflitti fino a ieri sotto traccia esplodono, una rabbia che non può non manifestarsi nel momento in cui, ignobilmente, anche i morti sono strumenti “della ricostruzione”.
«Mio figlio era uno studente universitario ed è morto sotto le macerie, cosa c’entra questo con la campagna elettorale?», si ribella Paolo Colonna all’idea della cerimonia già apparecchiata per domani mattina. Quando il presidente del Consiglio sarà per l’ennesima volta a l’Aquila per consegnare alle famiglie degli studenti morti sotto le macerie una laurea honoris causa. All’invito del rettore lui e le famiglie di altri sette studenti morti nel terremoto avevano già risposto di no. Il perché lo spiegano in una lettera al rettore firmata con i nomi dei loro figli.
«Siamo stati noi a tirarli fuori dalle macerie», racconta il padre, che, quando ha cominciato a intuire cosa poteva essere accaduto a l’Aquila è corso da Torre de’ Passeri: «Sul posto c’erano dei ragazzi che scavavano, non c’era la Protezione civile, non c’era nessuno, loro sono arrivati solo diverse ore dopo».
Fonte: http://www.infoaut.org/articolo/laquila-come-passerella-la-speculazione-politica-sulla-tragedia-dabruzzo
Da “Il Manifesto” del 30/05/2009.
Gli sfollati in crociera. Offre Silvio
(…) Quando sta per inziare la conferenza stampa del pomeriggio, davanti alla caserma della Guardia di finanza di Coppito appaiono i primi veri contestatori del dopo terremoto. Striscioni chiari, che chiedono case, certezze sulla ricostruzione. Bastano pochi secondi e subito i militari della finanza fanno chiudere il primo striscione, identificando tutti. È il comitato 3.32, che si è costituito subito dopo il sisma. Marco, uno dei ragazzi del gruppo, si avvicina all'inferiata della cittadella militarizzata, dove riesce a parlare con i giornalisti in attesa dell'arrivo di Berlusconi. Fino a qualche giorno fa viveva nella tendopoli di Sant'Elia (…). «Il clima era irrespirabile, sveglia la mattina presto tutti i giorni, ti controllavano anche come ti lavavi le mani», racconta. (…) In città raccontano come oggi sia sempre più difficile riunirsi tra le tende. La polizia cerca di evitare le assemblee, ogni passo è vigilato. (…)
Da “Il Manifesto” del 31/05/2009.
L’Aquila si ribella
«Devono capire che se le nostre richieste non riceveranno ascolto, la protesta si riverserà inevitabilmente sul G8. E a quel punto non sarà il gesto di qualche estremista, ma di tutti i terremotati». Ettore la butta lì così, nel mezzo dell'assemblea cittadina ospitata nel pomeriggio sotto il tendone bianco del comitato 3 e 32. (…) evidentemente il premier non aveva considerato la rabbia, che dopo quasi due mesi di promesse da marinaio rifilate ai terremotati sta inesorabilmente montando nelle tendopoli. [Una] manifestazione indetta dall'associazione «L'Aquila - Un centro storico da salvare», quasi tutti professionisti con lo studio rimasto sepolto lì dentro, alla quale partecipano però tutti i comitati spontanei nati nel frattempo. [Uno] striscione: «Promesse, menzogne, televisioni, ma non ci sono i soldi per le ricostruzioni». (…) [Un] cartello: «Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo». (…)
Da “La Repubblica” del 31/05/2009.
Alcol e caffè al bando nelle tendopoli
Ecco il nuovo menu della protezione civile
(…) Il caffè, la cioccolata e il vino, per gli sfollati del terremoto, sono severamente vietati. Lo ha stabilito la Protezione Civile, con una circolare. (…) Niente bevande alla caffeina (quindi il divieto è esteso anche a prodotti come la Coca Cola), niente alcolici e niente cioccolata. E poi: «Devono essere aboliti - si legge nel documento ufficiale - insaccati, carni grasse, dolci alla panna, salse in conserva e sughi elaborati». La Protezione Civile (…) sembra abbia messo a punto una specie di "dieta dello sfollato". (…) Eliminando di netto, dal menù giornaliero, sostanze potenzialmente eccitanti. (…) E così la circolare è entrata in vigore nelle tendopoli scatenando alcune reazioni di protesta, specie per il caffè negato a colazione. Il no ad alcol e caffè non è l' unico divieto in vigore. Nelle tendopoli sono vietate anche manifestazioni e assemblee pubbliche, come dicono al comitato 3.32 dopo aver incassato il no al permesso per una loro iniziativa. Segnali di fermento arrivano anche dagli alberghi della costa. A suscitare malcontento, è il censimento da parte dei carabinieri di tutti i terremotati ospiti nelle strutture, per verificare che i possessori di case agibili, rientrino "immediatamente" nei loro appartamenti. «Chi non lo farà, verrà considerato abusivo e denunciato», è scritto nei cartelli affissi negli alberghi.
Da “La Repubblica” del 15/06/2009.
Protesta per il sisma,
domani sfollati a Roma
"Ma volantinaggio vietato nelle tendopoli"
Nelle tendopoli dei terremotati
ora anche il volantinaggio è severamente vietato. Nelle centottanta
strutture d'accoglienza gestite dalla Protezione Civile e situate intorno alla
città dell'Aquila, giorno dopo giorno aumentano divieti e restrizioni.
Appena due settimane fa, con una circolare firmata dal vice capo del
dipartimento ministeriale, Bernardo De Bernardinis, era stata abolita la
somministrazione di caffé, cioccolata e vino. Poco prima, anche le
manifestazioni interne ai campi, promosse dalla popolazione, erano state
bandite. "Occorre non turbare la quiete degli ospiti" era stato spiegato
dagli uffici della Dicomac (il centro operativo della Protezione Civile).
Dell'impossibilità di diffondere volantini, invece, si sono accorti, ieri, i
nove comitati che curano l'organizzazione della manifestazione di protesta
contro il decreto per la ricostruzione voluto dal governo. Un decreto che domani
sarà in discussione alla Camera. E proprio lì, a Roma, i comitati "senza colore
politico e senza bandiere" vogliono far sentire la loro voce. "Per questo
stavamo girando le tendopoli: per diffondere un volantino che invitava la
popolazione a partecipare alla manifestazione di protesta martedì davanti
Montecitorio" racconta Gianfranco De Felice, 27 anni, grafico pubblicitario,
sfollato e attivista del comitato "3e32". "La distribuzione del materiale
però ci è stata impedita ovunque. Abbiamo solo potuto lasciare un volantino al
responsabile di ogni singolo campo, chiedendo la garanzia che almeno venisse
affisso in bacheca" racconta ancora. E aggiunge: "Un volontario della
tendopoli di Sant'Elia poi, mi ha mostrato una circolare interna, firmata
dalla direzione della Protezione Civile, dove era scritto che il volantinaggio
in tutti i campi è severamente vietato. Ho chiesto di fotografarla o di
averne copia, ma mi è stato impedito".
Intanto, ieri a Roseto, oltre seicento sfollati si sono radunati in assemblea per organizzare la manifestazione di Roma, e i toni si sono fatti molti aspri. In platea solo comitati spontanei, nessun sindaco o amministratore pubblico. "Siamo stanchi di essere presi in giro sia dal governo nazionale (di centrodestra), che dai rappresentanti delle istituzioni locali (di centrosinistra) che non hanno la forza di opporsi" ha detto Mattia Lolli del Comitato 3&32 "era chiaro da subito che non si possono far rimanere 30 mila persone otto mesi nelle tende. Siamo pronti a mobilitarci per bloccare i lavori del Piano C. A. S. E. (con i 13 mila appartamenti voluti dal governo). Pronti a stenderci davanti alla gru".
Da “Il Messaggero” del 15/06/2009.
Terremoto, L'Aquila città militarizzata: esplode la protesta dei cittadini.
La città ormai può dirsi militarizzata. Anche per compiere i più normali e innocui gesti quotidiani ci serve un permesso, un pass, un’autorizzazione. La gente, sia della costa che delle tendopoli, è stufa. Siamo arrivati al punto che è impossibile anche avvicinarsi per guardare soltanto la propria abitazione. La gente si chiede: un eccesso di zelo a tutela dell’incolumità delle persone oppure si vuole celare alla vista dei cittadini le condizioni del capoluogo? Siamo certi che stiamo parlando di eccesso di zelo da parte di coloro che sono autorizzati alla “guardia”. Ma tant’è. Girando per L’Aquila si avverte un senso di fastidio, quasi una mancanza di libertà di movimento. E la proteste aumentano per questa “ghettizzazione” che non fa altro che far lievitare i disagi causati dal terremoto. (…) Molte, soprattutto fra i più giovani, sono però le segnalazioni relative a disagi sociali. «Il problema degli accessi ai campi è noto a tutti - aggiunge Valeri - Specie nelle tendopoli più grandi, dove per visitare un amico o un parente c’è bisogno di un pass provvisorio. In alcuni campi è persino difficile agli stessi residenti rientrare dopo una certa ora, perché i responsabili chiudono le porte d’accesso. Dal punto di vista sociale, talvolta abbiamo sperimentato le difficoltà di organizzare una riunione con più di dieci persone». (…)
Da una lettera a La Repubblica del 07/06/2009
Torno dall’Aquila con un senso di angoscia. Il terremoto non ha solo squassato case. I danni meno visibili sono quelli sociali. Nei campi molti anziani soli. Si percepisce una depressione collettiva, nello sguardo perso di individui che sembrano avere smarrito il senso di appartenenza e l’ancoraggio comunitario. Da alcuni giorni all’interno dei campi è vietata qualunque forma di assemblea o manifestazione collettiva, dunque l’occasione per condividere il dolore, sperimentare forme di solidarietà morale e materiale, immaginare un futuro diverso. (…) Tutto questo mentre la megamacchina mediatica diffonde immagini di efficienza e onnipresenza di un potere taumaturgico che si affaccia dagli elicotteri e dispensa sorrisi compassionevoli, pensando al G8 di luglio come colossale spot di propaganda.
17 luglio 2009
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA