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Situazione politica italiana

IL SECESSIONISMO DIVIDE I PROLETARI D’ITALIA.
IL FEDERALISMO INVECE... PURE!

Da diversi mesi, all’ombra dell’Ulivo, è in atto nel Veneto una serie di contatti per dare una risposta all’avanzata della Lega. Ne abbiamo parlato nel numero 42 di questo giornale, denunciando il fatto che la contestazione a Bossi è fatta sullo stesso terreno leghista, con l’aggravante di un’ulteriore autonomizzazione localista e, anzi, con Cacciari, municipalista. Il caso San Marco ha spinto in avanti questo progetto, facendone intravvedere meglio (ai compagni che hanno occhi e volontà di guardare) la natura anti-proletaria e reazionaria.

Il principale "progresso" compiuto dal partito del Nord-Est è stato l’assorbimento del PDS veneto ad opera di Cacciari. Il 17 maggio D’Alema ha convenuto con il sindaco-"filosofo" che l’introduzione di un federalismo alla catalana è ciò che ci vuole per sventare il pericolo secessionista e rilanciare l’unità del paese. A metà luglio, in un incontro al quale partecipava il conte Marzotto, nuovo assist: rimosse le precedenti resistenze, D’Alema ha dato il via libera alla costruzione di un partito trasversale del Nord-Est come richiesto da Cacciari, cioè di un partito territoriale che, senza necessariamente federarsi con l’Ulivo a livello nazionale, peschi oltre l’Ulivo, tra le "forze produttive locali al momento raggruppate nel Polo o nella Lega".

Quest’operazione un risultato sicuramente lo otterrà: quello di portare a termine l’annichilimento di quel poco che ancora resta in piedi del movimento operaio organizzato nell’area veneta. Già Illy a Trieste ha mostrato come si può procedere sulla strada municipalista centralizzando a sé le forze locali, espuntando del tutto ogni residua presenza classista e risolvendo senza troppi problemi e patemi d’animo la questione-Rifondazione, messa senza tanti complimenti all’angolo (dove s’affanna a piangere e riproporre i soliti leit-motiv passatisti da festival d’operetta). Il bis è in fase di preparazione nell’area nevralgica di Marghera...

Più dubbia la capacità del "movimento del Nord-Est" di strutturarsi in un vero e proprio partito e di imporre l’attuazione a livello nazionale del suo programma catalano. Ha ragione Bossi nel dire che è un "partito virtuale": è privo di una base di massa, salvo l’utilizzo del residuale seguito proletario della sinistra tradizionale di cui però, al contempo, richiede l’affondamento proprio l’allargamento dell’Ulivo veneto verso il centro e la destra.

Ma mettiamo pure il caso che il "partito del Nord-Est" riesca a superare queste difficoltà e a ottenere le sue richieste. Quali ne sarebbero le conseguenze? Sì, l’unità italiana sarebbe nominalmente salva, ma, seduta sulla più larga e totale autonomia locale, coverebbe il pulcino della disgregazione di tipo bosniaco, quella che tutti i Cacciari vorrebbero evitare.

Giova ricordare, ancora una volta, la lezione jugoslava. Introdotto nel ‘74 con la convinzione che dovesse risolvere in modo pacifico i problemi del rapporto tra le varie repubbliche e regioni (problema esploso quattro anni prima con la contestazione nazionalistica di Zagabria), il federalismo ha di fatto preparato la secessione del 1991. L’Italia non è la Jugoslavia, ci mancherebbe altro. La dinamica sarebbe però simile, ed estremamente più accelerata.

Si comincia, tanto per fare un esempio, col lasciare localmente il 30% delle entrate fiscali? Il classico sassolino destinato a trasformarsi in valanga. Il suo effetto, infatti, sarebbe quello di alimentare ancora più a fondo la sconnessione economico-sociale tra le varie aree del paese, il completo aggancio di esse (più di quanto non sia accaduto finora) ai maggiori centri capitalistici esteri, la coltivazione di tutto ciò con iniziative politico.diplomatiche localistiche e concorrenziali, con il rilancio, infine, della contrattazione con Roma per avere non più il 30, ma il 40, il 50%... Una spirale al rialzo che condurrebbe in breve tempo non solo alla disgregazione dell’Italia, ma probabilmente anche dello stesso Nord.

E questo di Cacciari sarebbe il rimedio anti-secessione? E’ così difficile immaginare cosa vorrebbe dire per il proletariato il suo sminuzzamento in tante regioni-stato o città-stato, le une contro le altre aizzate?

 

Qualche anticipazione di federalismo

La "Padania" non  è ancora nata e già  è attraversata da numerose spinte centrifughe. Non solo Milano contro Venezia, ma addirittura i comuni lombardi uniti contro Milano; e nel cuore del nord-est, Venezia contro Trieste. 150 sindaci lombardi hanno costituito il movimento autonomista "Padroni in casa". Il loro rappresentante Bianchi, sindaco di Bellagio (Como), così dichiara al Corriere della Sera: "Ad accomunare i sindaci  è la voglia di autonomia, non da Roma, ma dalla burocrazia di Milano, centralista ed inefficiente. Abbiamo avuto contatti anche con i sindaci del nord-est. Per ora è giusto che la battaglia la facciamo insieme, quando però il federalismo a doppia velocità sarà compiuto, basta collaborazione: il Triveneto diventerà il nostro nemico!".

Ma i guai per il Triveneto non sono finiti, di recente si è aperta una frattura tra Venezia e Trieste. Pomo della discordia,  il progetto off-shore: un paradiso fiscale da realizzare nel porto di San Giusto a Trieste. Si tratta di un centro internazionale di servizi finanziari ed assicurativi che potrà ospitare banche, borse merci e valute. I vantaggi per le imprese sono numerosi: dalla esclusione totale del pagamento Irpeg alla extraterritorialità valutaria.

Ma perché San Giusto e non San Marco? Secondo i veneziani si tratterebbe, infatti, di una nuova forma di concorrenza che rischia di danneggiare l’attività commerciale e turistica del porto di San Marco. Anche Venezia vuole quindi il suo paradiso fiscale.

Altro che federalismo solidale! Ognuno per sé e tutti contro tutti. Proprio come dicevamo in un precedente numero di che fare: tutti contro tutti e tutti contro il proletariato.

Se infatti si legittima e si persegue il municipalismo più spinto, non c’è  poi da rimanere sorpresi se, nel "nobile" tentativo di evitare la "croatizzazione" dell’Italia si finisce, guarda caso, dritti dritti in Bosnia.

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