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Albania

CONTRO L’INTERVENTISMO IMPERIALISTA!

"Affari nostri", titola Il Corriere della Sera del 3.3.’97. "L’Italia, lo voglia o no, ha il diritto-dovere di intervento, anche armato se necessario", continua il giorno successivo La Stampa. "Nell’epoca dell’interdipendenza economica e culturale -scrive sempre il quotidiano di Torino-, [quello che sta accadendo in Albania] attribuisce a noi delle responsabilità dirette, quasi imponendoci di "interferire" negli affari interni albanesi perché di fatto sono anche i "nostri" affari domestici. Non è più il tempo delle colonie, ma invece quello della sussidarietà obbligatoria."

Sì, non è più il tempo delle colonie, ma... per difendere i nostri interessi capitalistici, non si può fare a meno dei metodi coloniali! Non si può fare a meno di interventi militari e di protettorati (rimettendo addirittura in pista la corte reale albanese...). E su questo si ritrovano la grande borghesia, il ministro degli esteri Dini, il governo Prodi, i vertici del PDS... e anche il segretario di Rifondazione, che, intervistato dalla Berlinguer che gli chiedeva se avesse da ridire sull’azione di governo in merito, ha risposto "no, va bene così". Bravo! Anche il PRC è arrivato dove doveva arrivare: al social-sciovinismo, ai "crediti di guerra" per la guerra aperta contro altri proletari e altri popoli da sfruttare e opprimere d’intesa con i propri padroni. E’ l’inevitabile approdo guerrafondaio d’una linea riformista marcia sui problemi di "casa nostra", a un anticipo dell’abisso in cui anche la "sinistra" di Bertinotti sta conducendo la classe operaia.

PER L’INTERVENTISMO RIVOLUZIONARIO!

Altro che "virus balcanico", altro che guerra tra la "mafia-Berisha" e la "mafia-Valona": a gettare sul lastrico, dopo averne sfruttato i servigi in tutti i modi, la massa del popolo albanese è la Mafia del capitalismo e delle democrazie occidentali. La stessa che, scoppiata la rivolta in Albania, sta facendo di tutto per nascondere le sue responsabilità, anzi sta cercando (con una guerra tra bande al suo interno) di far leva sul furore popolare per continuare meglio e più di prima la sua sporca opera di rapina e di dominazione dell’Albania (anche per il ruolo strategico ricoperto da questo paese verso i Balcani).

Lavoratori, compagni, dobbiamo bloccare queste infami manovre, rivolte anche contro di noi. Non per chiamarci fuori dal "caos albanese". Ma per intervenirci con una politica coerente con la difesa dei nostri interessi di classe. L’Albania è affar nostro, del proletariato italiano. Perché è anche là che si gioca il destino dei "nostri affari domestici". Perché o sapremo ribaltare l’offensiva capitalistica in ogni dove, o ne saremo travolti.

Lavoratori, compagni, quelli che la stampa borghese ci presenta come "scansafatiche" e "malavitosi" sono in realtà nostri fratelli di classe, sfruttati (più di noi) e usati contro di noi dai nostri stessi aguzzini. Dismettiamo ogni atteggiamento d’indifferenza o, peggio, di razzismo verso di essi. E insieme a loro diamo addosso al nostro comune nemico, agli avvoltoi che, qui come là, prima ci sfruttano, poi ci spogliano e infine cercano di profittare anche delle nostre rovine.

No a ogni intervento occidentale in Albania! Denunciamo i veri responsabili della miseria e della spoliazione delle masse lavoratrici albanesi! Indirizziamone la rabbia e la rivolta contro di essi! Lavoriamo per stabilire dei collegamenti di lotta con l’altra sponda dell’Adriatico! Non per restaurare un impossibile (e inaccettabile) "socialismo albanese", ma per la comune battaglia anti-capitalistica, nella prospettiva del socialismo internazionale.

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