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Perchè aderiamo all'OCI

Di recente cinque compagni di Como (di cui quattro operai delegati sindacali) hanno aderito all’Oci. Alcuni di loro erano già in contatto con la nostra organizzazione fin dal ’92. Altri s’erano, invece, avvicinati durante la mobilitazione contro Berlusconi. Dopo un periodo di confronto, di studio e di iniziativa con l’Oci, questi compagni hanno chiesto di aderire all’organizzazione. Nella lettera che segue motivano succintamente la decisione. La pubblichiamo perchè riteniamo che sia un esempio da proporre all’attenzione e alla riflessione di quei compagni che cercano di dare battaglia ai profondi rischi di decomposizione della tenuta di classe del proletariato che si vanno attualmente facendo strada. Un esempio, non certo il segnale di una contro-tendenza già in atto. Per questa sono ancora lontane le condizioni di maturazione dello scontro di classe a livello internazionale che possano sospingere le masse proletarie a "distaccare" un numero cospicuo dei propri membri verso la militanza comunista. Solo un buon esempio, dunque; da seguire... comunque.

Ognuno di noi ha alle spalle un proprio "percorso politico". Chi ha militato negli anni ’70 in formazioni m-l, proseguendo, poi, solo nell’impegno sindacale -sempre critico-, chi è stato vicino all’autonomia operaia verso la fine di quegli anni, chi è stato "dentro" quel poco di "movimento" che c’era all’inizio degli anni ’80 senza scegliere alcuna tendenza organizzata, fino ai più giovani che hanno iniziato un percorso di sola iniziativa sindacale.

Alcuni avevano, dunque, la necessità di liberarsi di parecchie delle incrostazioni lasciate dalla sinistra extra-parlamentare che fu, pur partendo da un elemento del tutto positivo: aver cercato di mantenere un "punto di vista di classe", che è altra cosa dall’avere una condizione sociologica d’operaio. Altri, invece, erano stati sospinti ad assumere un'iniziativa sindacale in fabbrica, anche a causa della crescente latitanza dei sindacati, e avevano, in prima istanza, necessità d'un aiuto per affrontare meglio i problemi di delegato sindacale, salvo scoprire che la vera posta in gioco va ben al di là.

Le lotte contro i governi Amato e Berlusconi, l’attività sindacale in fabbrica, nella Cgil, nel "movimento dei consigli", in Essere Sindacato, sono state le occasioni che ci hanno portato a confronto con l’Oci, sia tramite la lettura della stampa, che tramite il rapporto diretto con i compagni già presenti a Como. Da questi rapporti è iniziata una fase di confronto, di studio e di iniziativa comune. All’inizio, com’era inevitabile, la discussione verteva soprattutto su temi di natura "sindacale", ma, subito dopo, passava a temi d’ordine più generale: la crisi come frutto della decadenza storica del sistema capitalistico, il comunismo, il bilancio della controrivoluzione e dello stalinismo, le esperienze di resistenza rivoluzionaria nel corso dei decenni di controrivoluzione (Trotzki e il trotzkismo, Bordiga e il bordighismo), e, assieme a questi, i temi dell’internazionalismo e della realizzabilità della prospettiva rivoluzionaria nella stretta unione tra classe operaia dei paesi imperialisti e masse oppresse del terzo mondo. Ognuno di questi fondamentali temi non veniva discusso nell’astrattezza di formulazioni teoriche astoriche, ma sempre rapportato ad accadimenti reali, del passato (rivoluzione russa, guerre mondiali, vicenda dei "paesi socialisti") e del presente (guerra del Golfo, islamismo, Jugoslavia), per trarne le lezioni storiche e teoriche, ma anche le necessarie indicazioni "pratiche" di battaglia per i comunisti e per il proletariato.

Questo lavoro ha comportato per noi una acquisizione fondamentale, quella del marxismo, come chiave di lettura, di comprensione della realtà, e come chiave d’azione, fin da subito nell’iniziativa politica nella e verso la classe, ma, innanzitutto come teoria capace di delineare il percorso e i compiti politici (lotta di classe, scontro per il potere, dittatura del proletariato) per l’affermazione del comunismo, a iniziare dall’indicazione dello strumento fondamentale per il riscatto del proletariato: il partito comunista internazionale.

Per quelli di noi che avevano conservato dalle vecchie esperienze diffidenza nei confronti del "partito", come per quelli che, in mancanza di esperienze precedenti, non avevano preclusioni di sorta, è stato naturale giungere a discutere sulla necessità dell’organizzazione dei comunisti oggi -quando le condizioni per l’esistenza del partito non sono ancora date-, traendo la conclusione unanime di aderire all’Oci, in quanto unica organizzazione che dà, nel quadro attuale, la garanzia di battersi su una linea di coerente applicazione della lezione di Marx e di Lenin.

In questo progressivo avvicinamento all’Oci è stata molto utile la sensazione avuta, da tutti noi, fin dall’inizio, di estrema serietà dei compagni e dell’organizzazione nel suo insieme. Il modo di porsi mai "accademico", la disponibilità alla discussione paziente, la meticolosità nell’esame delle varie questioni che emanava da tutti gli atti dell’organizzazione, ci è stata di grande aiuto. E, assieme a questo, la sensazione di non essere "corteggiati". A differenza d'ogni altra organizzazione non sembrava che l’impegno fosse di strappare a ogni costo la nostra adesione. Da principio questa cosa ci ha un po’ sconcertato, in seguito abbiamo compreso che era una scelta precisa -e assolutamente giusta-, ma quella di non andare "a caccia" di aderenti purchè sia, ma quella di chiedere un’adesione solo a chi è veramente convinto della scelta di militanza che compie, e che, quindi, abbia sufficientemente compreso i principi e la linea dell’organizzazione. E’ la condizione fondamentale non solo per avere un’organizzazione di militanti affidabili, ma anche per realizzare nel grado più alto possibile -la perfezione in questo campo è irraggiungibile- quel "centralismo organico" che presuppone, sì, una rigida disciplina, ma non a questo o quell’organo o personaggio, bensì ai fondamenti teorici, politici e programmatici da cui discendono anche la tattica e i compiti organizzativi.

Se manca ai militanti la conoscenza e la comprensione di quei fondamenti e delle conseguenze teoriche e pratiche che ne derivano, non è possibile fondare alcun "centralismo organico" e, in buona sostanza, alcuna organizzazione comunista.

Il lavoro da fare è immenso, le forze a disposizione dei comunisti sono poche, la situazione attuale dello scontro internazionale tra le classi non consente di coltivare aspettative di un rapido rafforzamento della tendenza comunista organizzata. Ma siamo convinti dell’assoluta necessità di un’organizzazione, pur di modeste forze, che ribadisca e sostenga tutta l’impostazione marxista e la faccia vivere in un impegno pratico, continuo e coerente, nel proletariato delle metropoli e verso le sterminate masse oppresse dall’imperialismo.

Così come siamo convinti che l’Oci dia a questi compiti la più precisa applicazione. Per questo non abbiamo esitato a mettere anche le nostre energie a sua disposizione.

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