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Il lavoro delle donne

"Le donne consacrano la maggior parte del tempo ai lavori domestici informali e non remunerati. Ciò significa che la parte essenziale del loro lavoro non compare nelle abituali misurazioni economiche". Il lavoro non remunerato "che occupa la posizione preminente nella vita delle donne, sottolinea il grande numero di servizi fondamentali al funzionamento della società che esse forniscono e, quindi, il ruolo centrale che vi giocano". […]

"Le donne producono almeno la metà del cibo consumato nel mondo. Ciò è dovuto essenzialmente alla modalità di produzione alimentare nei paesi poveri, dove ad esse viene affidata, nella stragrande maggioranza, la coltivazione e la raccolta dei prodotti della terra, in un’economia di tipo spesso familiare. Anche nei casi in cui le donne vengono remunerate per il loro lavoro nei campi, esse percepiscono ovunque i salari più bassi e si trovano relegate ai livelli inferiori della gerarchia sociale. Più generalmente, il loro lavoro nei campi non viene remunerato, in quanto effettuato in un ambito di tipo familiare. […]

"A partire dagli anni ’70, il tasso di attività femminile è aumentato ovunque nel mondo, tranne in Africa, mentre quello maschile è diminuito.

"Quando uomini e donne lavorano, non rivestono né gli stessi impieghi né le stesse responsabilità. In generale si può parlare di segregazione, dato che le donne sono condensate in un numero limitato di impieghi. Il numero crescente di donne nella popolazione attiva remunerata non ha affatto modificato questo grado di segregazione. […] I salari femminili sono inferiori a quelli maschili. Nei paesi dei quali disponiamo dati certi, gli scarti salariali vanno dal 30 al 40%. Le donne sono segregate in attività altamente femminilizzate, dove le remunerazioni sono scarse, e una forte percentuale di esse sono impiegate a tempo parziale. Se questi scarti salariali tendono globalmente a ridursi [ma perché vi è da un ventennio, in Occidente, a partire dagli Usa, la tendenza al lento calo dei salari maschili –n.], questo non avviene ovunque. [In Giappone] si è fatto più profondo a partire dalla metà degli anni ’70. […] Nella maggior parte dei paesi industrializzati, gli scarti sussistono nonostante i divieti legali. Essi sono amplificati là dove esiste una segregazione su base razziale o etnica, come negli Stati Uniti, dove le donne di colore guadagnano meno rispetto alla maggioranza bianca, ma la minoranza ispanica meno delle nere.

"La flessibilità scaturita dalla mondializzazione dell’economia ha aumentato l’importanza del lavoro a domicilio, che riguarda in primo luogo le donne. Molteplici i vantaggi per il datore di lavoro: minori costi salariali, nessuna legislazione da rispettare in materia di salute e ambiente professionale, minimi rischi di confronto con i sindacati.

"Nella maggior parte dei paesi industrializzati, il lavoro a domicilio, segnatamente femminile, conosce un forte aumento. In Inghilterra e nel Galles 500.000 donne lavorano a casa propria. Se da un lato ciò permette loro di conciliare attività professionale e domestica, dall’altro esse rappresentano la categoria di lavoratori meno pagati, e anche maggiormente isolati, quindi peggio difesi nei loro diritti e nelle loro rivendicazioni."

Evviva le pari opportunità!

Da Atlas des femmes dans le monde di Toni Seager, Editions Autrement, Paris, 1998


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