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La nostra propaganda: un volantino per i mercati

PIÙ OPPRESSE CHE MAI.
È TEMPO DI REAGIRE!

Una parte del nostro lavoro sulla questione femminile consiste nella propaganda svolta verso le masse femminili e i lavoratori.

Quelle masse femminili che oggi sembrano incapaci di reagire, o essere indifferenti alla necessità di reagire perché convinte -nella loro componente giovanile- di essere ormai emancipate. E che tuttavia saranno, le une e le altre, le protagoniste delle inevitabili lotte di domani, per la liberazione propria e di tutti gli sfruttati. La nostra fiducia in proposito è "fanatica". Per questo ci rivolgiamo a loro fin da oggi, anche se non sono in piazza e anche quando non sono in piazza. Raggiungendole, ad esempio, nei posti di lavoro e nei mercati. Con un triplice obiettivo: denunciare le mille forme in cui si manifesta l’oppressione sessista, favorire la mobilitazione e l’organizzazione delle donne, indirizzare l’una e l’altra verso la lotta rivoluzionaria per il socialismo. Tutto in un sol colpo? Non siamo così semplicisti. Sappiamo che una buona parte dell’opera la compie la società capitalistica. E che la ripresa del movimento femminile seguirà un percorso tortuoso, a partire dal bassissimo livello attuale. Esso però dovrà muoversi su un mare di sostanze infiammabili. Su questo puntiamo le nostre carte.

La nostra propaganda sulla questione femminile non si rivolge però solo alle donne. Essa è diretta allo stesso tempo e indissolubilmente verso i proletari maschi. Cioè verso coloro che oggi -contro il loro stesso interesse- partecipano all’esercizio del dominio del sesso maschile. Coloro che oggi, quando si esprimono sulla questione (come ci è accaduto di riscontrare nella diffusione in un mercato di Milano del volantino che riproduciamo parzialmente a lato), individuano i problemi nel fatto che la donna sarebbe diventata troppo emancipata. Contro questa falsa coscienza è necessaria, come disse Lenin nella conversazione con la Zetkin, "una buona dose di lavoro educativo". Noi ci sforziamo di portarlo avanti, cominciando naturalmente dai nostri stessi militanti. La parte finale del volantino ne è un esempio. Siamo consapevoli, però, che questo lavoro sortirà i suoi frutti solo se si combinerà con l’attivizzazione delle masse femminili, con la messa in discussione diretta, sul campo della "misera riserva coloniale" di cui godono i lavoratori maschi. La ripresa del movimento delle donne è vitale anche su questo versante: per spingere i proletari a guardare fino in fondo la propria condizione entro la società capitalistica, per accendere in essi il bisogno di dover conquistare un nuovo rapporto tra i sessi, per risospingerli verso la consapevolezza del proprio ruolo storico. E così, ritrovare la via -insieme, proletari maschi e donne- per rimettere in pista un movimento socialista rivoluzionario in grado di far saltare le catene attuali e instaurare un nuovo sistema sociale.


Finalmente libere ed emancipate?
oppure, nonostante le apparenze, più oppresse di prima?

Il rapporto sulla condizione della donna nel mondo, presentato dall'Onu la settimana scorsa, dice che le donne del Sud del mondo sono quelle che vivono le condizioni peggiori del pianeta: 130 milioni di donne subiscono mutilazioni genitali, il 55% dei sieropositivi nell'Africa subsahariana sono donne, i due terzi degli analfabeti sono anch'essi donne.

Quello che il rapporto dell'Onu non dice è che i primi responsabili di queste condizioni sono i paesi occidentali e che anche qui nelle metropoli la vita delle donne è tutt'altro che libera e quanto mai dura.

È dura in famiglia…

Certo, oggi anche esse lavorano e quindi gli "uomini di casa" danno una mano nelle faccende domestiche e nella cura dei figli. La responsabilità di tutto questo ricade però ancora interamente sulle spalle delle donne. Chi si preoccupa che i figli siano beneducati, in salute, puliti e ben vestiti? Se i figli non sono ben curati, non è forse la madre a esserne ritenuta responsabile? Chi si preoccupa che la casa sia in ordine, che i panni siano lavati e stirati, che in frigorifero non manchi mai quello che serve, che a cena tutti trovino qualcosa di loro gradimento?

Le donne e ancora le donne! E questa quotidiana fatica non viene compresa e rispettata, è anzi considerata un atto dovuto per via di una presunta inclinazione naturale che le vorrebbe predisposte geneticamente a questo genere di occupazioni, che altro non sono se non una schiavitù… Va da sé che lo schiavo ha sempre un padrone e che il padrone consideri giusta e naturale la schiavitù.

È dura sul posto di lavoro…

È vero che va crescendo il numero di donne che lavorano anche fuori casa. Ad esse però è riservata la gran parte delle occupazioni precarie e dequalificate. A parità di lavoro, il loro salario è quasi sempre più basso di quello degli uomini. I colleghi maschi fanno carriera e le lavoratrici, anche se con una migliore preparazione professionale e maggiori capacità intellettuali, rimangono tutta la vita a fare le loro scribacchine. Oltre a ciò, tante lavoratrici sono costrette a subire un supplemento di umiliazione sui posti di lavoro: essere trattate come delle incapaci, subire molestie sessuali, non solo dai propri capi ma, peggio ancora, dagli stessi compagni di lavoro, anche per l'arretramento subito negli ultimi vent'anni dal mondo del lavoro in termini di organizzazione, di lotta e di solidarietà di classe.

È dura in famiglia, sul lavoro e nella società in generale…

Per il fatto di essere considerate e trattate come oggetti di piacere. Riflettiamo sui programmi televisivi, sulle pubblicità attaccate ai muri delle città. Il corpo della donna viene continuamente esposto sempre più spogliato e volgarizzato, spogliato non solo dei vestiti ma soprattutto di qualsiasi umanità o qualità degne di rispetto, stima e considerazione individuale e sociale. E ancora, che cosa oggi è considerato bello, sensuale, attraente? Oggi è bella, sensuale, attraente la donna dal fisico perfettamente in linea, maggiorata nei punti giusti e soprattutto il più possibile svestita, che, con sguardo ammiccante, mentre "gusta il suo Magnum", sembra uscire dallo schermo insinuando in ogni spettatore maschio il pensiero di che eccitante notte saprebbe fargli passare.

Qual è quindi la condizione della donna occidentale?

Una condizione fatta passare per libera ed emancipata, che libera ed emancipata non è. Donna oggetto di piacere in una società sempre più malata di disumanità e perversione. Donna schiava della casa, subalterna e iper-sfruttata sul posto di lavoro, in una società sempre più frenetica, che non raccoglie e che anzi tiene schiacciata, a scapito di tutta l'umanità, l'immensa risorsa dell'altra metà del cielo. Donna vilipesa, degradata, trattata da minorata affinché stia buona, zitta e accetti quella che, pur con nuove tinte, è la solita millenaria schiavitù.

Questa condizione volge tutt'altro che verso un miglioramento o una risoluzione.

Negli ultimi anni, grazie ai tagli alla "spesa sociale" fatti dai vari governi di destra e di "sinistra", i servizi che, in parte, sgravavano le donne da alcune responsabilità familiari, come gli asili nido, l'assistenza ad anziani e disabili, oggi sono sempre più costosi e ad accesso ristretto.

Anche il peggioramento delle condizioni generali di lavoro voluto da governi e padroni degli ultimi anni pesano in un modo specifico sulla condizione della donna: la reintroduzione dei turni di notte, il prolungamento effettivo dell'orario di lavoro attraverso l'uso degli straordinari, la precarizzazione del posto di lavoro, la distanza di esso dall'abitazione, hanno ulteriormente aggravato il peso di conciliare il lavoro fuori casa e quello domestico, spesso snervando e isolando la donna da qualsiasi attività sociale. E ancora. Non è un caso che da qualche anno le sentenze dei tribunali vadano in una "certa direzione": ad esempio, la lavoratrice che aveva raccolto molte prove sulle molestie sessuali fatte dal padrone della "sua" azienda, ha visto assolvere l'uomo perché ritenuto innamorato e quindi legittimato alla molestia; oppure la giovane donna stuprata, il cui violentatore è stato assolto perché lei indossava i jeans; o ancora, il marito che entro certi limiti può picchiare la moglie perché geloso o indigente…

E a benedire tutto questo, come potrebbe mancare la Chiesa cattolica che, quanto ad oppressione della donna, se ne intende di certo? Anche in occasione del Giubileo, ad esempio, non fa che dispensare a piene mani l'attacco al (triste) diritto all'aborto, o meglio al diritto a non morire d'aborto…

Ebbene, lo stato tricolore, il governo, i padroni, la Chiesa cattolica vogliono la sottomissione della donna e la sua umiliazione! Vogliono far sentire la donna un essere di serie B per tenerla schiacciata e farle assolvere a quei ruoli necessari al mantenimento di un sistema sociale, quello capitalistico, fatto di oppressione del sesso maschile su quello femminile e di sfruttamento del lavoro.

Donne, lavoratrici, casalinghe, ragazze,

è necessario abbandonare la spirale di concorrenza che è stata innescata tra di voi, per chi è la migliore, la più bella, la più corteggiata, la più attraente, la più alla moda. È la concorrenza che fa comodo a chi vi tiene soggiogate, per avervi a loro disposizione. E' necessario ricominciare a parlare tra donne dei problemi delle donne, è necessario rompere l'isolamento al quale vi costringono per rendervi docili e sottomesse.

In passato le masse femminili hanno dimostrato di essere in grado di lottare per i propri diritti e per quelli di tutti. Bisogna rimpossessarsi di queste esperienze, tornare a discutere tra voi, organizzarvi e lottare per riaffermare la vostra dignità, nella famiglia, sul posto di lavoro, nella società.

Perciò, nessun senso di superiorità e di pietismo verso le donne degli altri continenti! Cerchiamo invece di intrecciare con esse dei veri rapporti di solidarietà e sorellanza per difendere insieme a loro, con la lotta, la loro e la vostra dignità, contro chi ha interesse a schiacciare le donne e tutti gli sfruttati, siano essi maschi, bianchi, neri e di tutti i colori, e insieme a questi ingaggiare una vera, comune battaglia di liberazione.

Proletario,

potrebbe sembrare che tutto ciò non ti riguardi o che addirittura ti danneggi. Indubbiamente oggi anche tu usufruisci dei servizi resi dalla donna al capitalismo e al sesso maschile. Ma le catene imposte alle donne incatenano anche te, sono intrecciate con le tue stesse catene. Il fatto che tu, quando torni a casa sia riverito e servito come un padrone, non ti fa sopportare meglio le umiliazioni e i colpi che subisci dal padrone capitalistico? Che vita soddisfacente può avere lo schiavo al quale è sottomesso un altro schiavo contro cui sfoga tutto ciò che egli stesso subisce? Non pesa forse anche su di te la tristezza di rapporti familiari sempre più insoddisfacenti, che spesso sfociano in atti violenti o nella vergogna di un bestiale godimento comprato al supermercato del sesso, quello della pornografia in vendita nelle edicole o quello offerto sui marciapiedi dalle donne costrette a vendersi per fame? I "privilegi" di cui "godi" sono in effetti i trenta denari con cui la società capitalistica compensa quello che ti sottrae con la sottomissione della tua compagna, delle tue compagne di lavoro, delle donne tutte: la pienezza del più naturale dei rapporti umani, il rapporto tra l'essere umano uomo e l'essere umano donna. È anche tuo interesse quindi lottare contro l'oppressione della donna, e lottare insieme alle masse femminili e a tutti gli oppressi contro il capitale e le sue schifose istituzioni.


    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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