Come sostenere l’Intifada
Piccoli nuclei di lavoratori e di giovani "no-global" stanno cercando di superare l’impotenza in cui, durante l’operazione "Scudo difensivo", sono rimaste paralizzate in Europa le iniziative di solidarietà con il popolo palestinese. Con questa preoccupazione, hanno lanciato nelle scorse settimane una campagna per il boicottaggio delle imprese italiane ed europee che fanno affari con Israele e per la sospensione del trattato di associazione d’Israele con l’Ue.
Con tale iniziativa si comincia -finalmente!- ad alzare il sipario su una realtà finora rimasta in ombra: Israele è legato da solidi legami economici e militari con l’Occidente. Il che è una prova, aggiungiamo noi, del fatto che lo stato d’Israele non è una cellula impazzita dello scacchiere internazionale. È uno dei tentacoli con cui l’ordine internazionale dell’euro-dollaro cerca di schiacciare la resistenza delle masse lavoratrici arabo-islamiche (e, su un altro piano, dei proletari occidentali). La politica di Sharon-Peres è parte integrante dell’enduring war. Non la si può fermare, se non se ne blocca il centro di comando. Che è qui.
Una simile consapevolezza comincia a farsi strada nelle manifestazioni contro la nuova aggressione militare all’Iraq che si stanno svolgendo in Occidente. Il 28 settembre, mentre in tutto il Medioriente si manifestava per l’anniversario dell’Intifada, anche in Occidente la solidarietà con il popolo palestinese e quella con il popolo iracheno si sono date la mano in alcune importanti iniziative: le manifestazioni di Marsiglia, Londra, Washington e Roma. Nelle quali ha fatto capolino anche la percezione che quanto accade in Medioriente è il risvolto esterno di quello che i governi occidentali stanno facendo contro i "propri" lavoratori. E che il sostegno alla resistenza delle masse lavoratrici mediorientali non è cosa diversa dalla lotta di difesa, qui in Europa o negli Usa, contro l’attacco al proletariato o contro l’aggressione agli immigrati.
È necessario che questa percezione venga trasmessa alla massa dei proletari occidentali e arrivi ad animare gli appuntamenti di lotta dell’autunno, come motiviamo negli articoli sull’Iraq. In questa nota di aggiornamento sulla Palestina vogliamo concentrare l’attenzione su un elemento che rischia di inceppare e rendere di nuovo impotente l’iniziativa degli "amici europei" dei palestinesi: la loro strisciante presa di distanza dall’Intifada quando essa si ritrova dietro le bandiere islamiche e quando si avvale delle azioni dei "kamikaze".
Certo, essere solidali con il popolo palestinese vuol dire anche mettere il becco sul modo in cui la loro lotta (che poi è la lotta degli sfruttati di tutto il mondo) è portata avanti. E quindi anche sulla questione delle forme della lotta armata, tanto più che essa è dall’estate al centro della discussione politica nelle formazioni palestinesi. Ma non la si può affrontare separandola dal resto. E senza partire da alcuni dati di fatto, interni alla Palestina e relativi al corso internazionale della lotta di classe.