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Contro i popoli e i lavoratori jugoslavi, la guerra continua...
...ma continua anche a crescere l’opposizione ai "neo-colonizzatori"
tra le masse lavoratrici dei Balcani e di tutto l’Est!

 

Indice

 

...con l’attacco al mai distrutto e rinascente spirito "jugoslavista", ...

"Questo vuol essere un omaggio a Dusanka, mamma di due ragazze, che vive a Belgrado: dichiara con orgoglio di essere jugoslava e non nasconde la nostalgia per un passato che appare lontano anni-luce. Quando i genitori vogliono venirla a trovare a Belgrado, hanno bisogno del visto [dopo il pensionamento, si sono trasferiti nell’entroterra di Fiume]. (...) L’unico fratello di Dusanka vive in Canada. È andato via quanto infuriava la guerra in Croazia. Aveva una grande paura: che il figlio venisse arruolato e spedito al fronte. Ha scelto di emigrare per risparmiare al ragazzo l’esperienza di dover sparare sui connazionali." Se, tenuto presente il ruolo del Vaticano nel disfacimento della Jugoslavia, un settimanale come Famiglia cristiana (del 31.10.’99) arriva a fare a servizi del genere, ciò vorrà pur dire qualcosa...

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...con l’embargo (differenziato), ...

Dal manifesto dell’8.7.’99. L’Ue precisa che l’embargo verso la Jugoslavia vale per tutta una serie di beni, servizi e tecnologie (caldaie, rubinetteria, guarnizioni, strumenti per analisi fisico-chimiche, ecc.) "atti a riparare i danni causati a impianti, infrastrutture o attrezzature utilizzati dal governo della Repubblica federale di Jugoslavia."

Dal manifesto del 9.7.’99. Il senato Usa stanzia 13 miliardi di dollari per i Balcani ma vi esclude la Jugoslavia.

Il 3 settembre la Ue cancella per il Montenegro e il Kosovo l’embargo petrolifero deciso il 23 aprile: esso rimane in vigore per la Serbia.

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...con la riduzione del Kosovo in terra di rapina dei monopoli occidentali, e in base militare per soffiar sul fuoco delle divisioni "etniche" e preparare la futura conquista dell’Est, ...

Indiscrezioni dal Washington Post sostengono che la Casa Bianca giudica inevitabile la secessione del Kosovo dalla Mini-Jugoslavia. Essa intanto, sotto la copertura del capo-missione dell’Onu Kouchner, va avanti nei fatti. La moneta locale è diventata il marco. L’Uck è stato trasformato in "corpo di protezione civile" del Kosovo. Kouchner propone che sia l’Onu a rilasciare il documento di espatrio ai kosovari (e quindi anche ai 200mila albanesi d’Albania arrivati sulla scia dei "liberatori" e oggetto di una strumentalizzazione di cui saranno vittime essi stessi, n.). Sono in procinto di privatizzazione una miniera, varie centrali elettriche e il network locale di telefonia cellulare, finora in mano allo stato jugoslavo. Sempre Kouchner ha proposto di abolire il prefisso jugoslavo "38" per le chiamate cellulari in Kosovo... (dal manifestodel 25.9.’99)

Da lunità del 9.10.’99. "Finita la guerra combattuta con le armi, da mesi nel Kosovo si sta combattendo una guerra di lobbies e colpi di mano nella conquista delle commesse per la ricostruzione. Questa seconda guerra del Kosovo la stanno vincendo gli americani, i francesi e i britannici, le cui imprese si avvalgono sul posto dell’aiuto del personale militare inquadrato nella Kfor ma ben collegato con il mondo economico della madrepatria. (...) ... la parte del leone la starebbero facendo le imprese americane guidate nell’assalto dal potentissimo gruppo Motorola. I lobbisti della Motorola sarebbero stati molto facilitati nel conquistare il mercato locale delle telecomunicazioni perché il gruppo sarebbe stato presente nel Kosovo fin dall’inizio del conflitto, avendo offerto per conto delle forze armate americane mezzi e assistenza all’Uck. (...)"

Dal manifesto del 27.10.’99. Gli Usa costruiscono il più grande campo militare dai tempi del Vietnam. È in Kosovo, vicino Urosevac, esteso su 283 ettari prima della guerra coltivati a grano. Vi sono installati 5.000 marines.

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...con l’impulso alla secessione del Montenegro, ...

Vladan Batic e Zoran Djindjic incontrano un inviato del Dipartimento di stato Usa, l’uomo d’affari Milan Panic e il presidente montenegrino (dal manifesto del 18.6.’99).

Il 5 agosto il presidente del Montenegro Djukanovic rende pubblico un documento per la ridefinizione dei rapporti con la Serbia. Esso getta le basi di un Montenegro indipendente. Djukanovic dà sei mesi di tempo a Milosevic per accettare la proposta e mantenere un legame formale tra le due repubbliche. Altrimenti sarà secessione. Un esponente del partito di governo Sdp, indipendentista, afferma che "una volta indipendenti saremo sotto il controllo della Comunità Europea" (dal manifesto del 28.8).

Dal manifesto del 27.8.’99. Resa ufficiale la notizia di una riunione tenuta una settimana prima da una delegazione del Dipartimento di stato Usa in Montenegro con rappresentanti del governo montenegrino e con i leader dell’opposizione serba. Gli Stati Uniti si dichiarano non contrari al progetto, di fatto indipendentista, di Djukanovic.

Il responsabile governativo di Podgorica delle privatizzazioni -intervistato da il manifesto- afferma che "intendiamo offrire al mercato con un’asta pubblica internazionale la nostra industria turistica. Ma per farlo abbiamo bisogno di una moneta sana e indipendente."

Da il manifesto del 5.11.’99. In Montenegro viene introdotto il marco come divisa avente corso legale.

Da il manifesto del 6.11.’99. Intervista al sottosegretario all’interno Sinisi sull’accordo di collaborazione raggiunto tra le forze di polizia italiane e quelle montenegrine. "L’Italia vuole fare da trait d’union tra il Montenegro e la comunità internazionale, per consentire a questo paese di darsi un assetto democratico e uno sviluppo legale".

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...con i tentativi di schiavizzare e frantumare la stessa Serbia, ...

Dal manifesto del 9.7.’99. Fonti vicine all’amministrazione Clinton parlano inoltre di uno stanziamento del governo di 100 milioni di dollari per "promuovere la democrazia in Serbia e in Montenegro".

Dal manifesto del 5.9.’99. "C’è anche chi, da un versante vicino all’Occidente, propone di consegnare la Vojvodina all’Ungheria per fare in modo che ‘la Serbia si avvicini all’Ue’. L’ha dichiarato a un giornale magiaro Milan Panic." E quello del 15.9.’99 riporta l’annuncio di una riunione in Montenegro di leader della Vojvodina, del Sangiaccato e della Sumadjia (tutte regioni della Serbia) interessati alla piattaforma secessionista di Djukanovic.

Dal manifesto del 13.10.’99. Per il prossimo inverno, la Ue fornirà combustibili per 5 milioni di dollari solo a due città della Serbia: Nis e Pirot. Il loro merito? Essere amministrate da "forze democratiche" (cioè pro-Occidente...).

Dal manifesto del 4.11.’99. Una delegazione dell’"Alleanza per il cambiamento" incontra i rappresentanti della Cee. Chiede un allentamento dell’embargo da sbandierare in patria per rilanciare l’opposizione. I paesi europei rispondono con la riconferma della fornitura solo a Nis e Pirot. Un’altra delegazione vola a Washington per presentare la stessa richiesta all’amministrazione Clinton. Risposta: "Noi ci accoderemo al programma di aiuti previsto dall’Ue, se in Serbia si svolgeranno elezioni anticipate monitorate da osservatori internazionali".

...con l’azione social-imperialista dei sindacati italiani.

Ne parliamo negli articoli sull’assemblea sindacale alla Zastava di Kragujevac.

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Croazia

Dal manifesto dell’1.7.’99. "Da cinque giorni la Croazia è semi-paralizzata, attraversata dalle più massicce manifestazioni di protesta dei contadini che questo paese abbia conosciuto da quando il regime di Tudjman è salito al potere. Gli agricoltori hanno bloccato tutte le strade che dalle regioni di pianura portano a Zagabria. (...) Il blocco è in atto con trattori, mietitrebbie, camion e altri automezzi in 34 punti strategici del paese, con la presenza costante, notte e giorno, di 12-14mila contadini. (...) La polizia è intervenuta più volte e in diverse località, senza ottenere altro risultato che quello di rafforzare la compattezza dei manifestanti e accentuare la loro rabbia. (...) Le principali rivendicazioni sono: stop alle importazioni dei prodotti agricoli, aumenti dei prezzi di ammasso del grano e pagamento degli arretrati per i cereali acquistati dal governo lo scorso anno. (...) La rivolta dei contadini è solo la punta dell’iceberg di un vasto arcipelago di proteste che vanno dai ferrovieri ai pescatori, dagli insegnanti delle scuole d’ogni grado ai reduci di guerra. Il regime traballa."

Ancora un episodio indicativo dalla Croazia: lo racconta la lettera inviata da un compagno che ha fatto parte della delegazione andata a Kragujevac a fine luglio e che pubblichiamo nelle pagine successive.

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Polonia

Dal manifesto del 25.9.’99. Manifestazione nazionale a Varsavia contro il piano di ristrutturazione nell’industria e nei servizi varato dal governo polacco in preparazione dell’ingresso nell’Ue previsto per il 2002. Decine di migliaia i partecipanti, guardati a vista da ben 12mila agenti di polizia. L’iniziativa è stata promossa da tutti i sindacati operai, agrari e di categoria, tranne Solidarnosc che è il pilastro del governo Buzek. "I leader sindacali e i leader della sinistra hanno chiesto le dimissioni del governo Buzek, accusato di essere sordo ai problemi che la transizione all’economia di mercato crea nel paese. La manifestazione ha avuto anche qualche accento anti-europeo: un gruppo di manifestanti ha bruciato la bandiera azzurra dell’Unione Europea insieme all’effige di Buzek. L’esecutivo di Buzek, al governo da due anni, soffre dell’indice di popolarità più basso dell’ultimo decennio in Polonia. Lo scontento è assai diffuso: i contadini e gli allevatori chiedono maggiori sussidi e prezzi più alti per i loro prodotti e virtualmente ogni categoria, dai medici agli insegnanti fino agli operai del disastrato settore industriale e minerario, vuole aumenti salariali e maggiori garanzie per la sicurezza del posto di lavoro."

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Romania

Dal manifesto del 9.11.’99. Il 5-6 novembre i lavoratori metalmeccanici della fabbrica di camion Roman danno l’assalto alla prefettura della città di Braciov, centro industriale nel cuore della Romania. La direzione aziendale (dipendente dal governo) aveva deciso di licenziare 4.400 lavoratori, il 40% di quelli rimasti dopo le cure dimagranti precedenti, l’ultima delle quali aveva mandato a casa 1.800 operai appena un mese prima. Giustificazione del ministro dell’industria: "Caduto il muro, è venuto meno il mercato tradizionale del gruppo metalmeccanico e i suoi prodotti non reggono la concorrenza con le merci europee. Occorre ristrutturare". Per gli operai è la goccia che fa traboccare il vaso: "Per due giorni la tv ha mostrato le immagini della protesta e la sedia del prefetto a gambe in su".

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Grecia

Dal manifesto dell’11.11.’99. ""Il presidente Clinton, criminale della guerra nei Balcani in quanto responsabile di 78 giorni di bombe sulla popolazione jugoslava, non è il benvenuto in Grecia." Questa la sentenza emessa dal processo pubblico tenutosi contro di lui e gli altri leader della Nato, [nella] prima di una lunga serie di manifestazioni quotidiane organizzate per le vie della capitale contro l’arrivo del presidente Usa previsto originariamente per sabato prossimo. E la mobilitazione, senza precedenti, promossa dal partito comunista greco e dagli altri gruppi della sinistra -ma che ha goduto anche della simpatia dell’opinione pubblica contraria alla guerra contro la Serbia e al massacro dei "confratelli ortodossi" ad opera degli Usa prima e dell’Uck dopo- ha già ottenuto un primo importante risultato: il presidente Clinton ha deciso di ridurre da tre giorni a poche ore la sua visita in Grecia e di posticiparla di una settimana. (...) A tale decisione si sarebbe giunti, secondo il portavoce del dipartimento di stato Rubin, dopo una discussione approfondita tra i servizi segreti e il governo greco. (...) L’intera settimana è stata accompagnata da piccoli attentati che hanno costellato le notti di Atene prendendo di mira rivenditori di auto dei paesi Nato e tipici prodotti americani come i jeans Levis. Commentando con soddisfazione il rinvio della visita di Clinton, il partito comunista greco, in un suo comunicato, ha confermato le manifestazioni già previste e invitato l’opinione pubblica a mobilitarsi massicciamente il giorno dell’arrivo del presidente Usa."

Dal manifesto del 20.11.’99. "Un benvenuto incandescente, quello che Atene ha dato ieri al presidente Bill Clinton, giunto nel pomeriggio direttamente da Istanbul. Una vera e propria battaglia, con grande uso di lacrimogeni da un lato e di bombe molotov dall’altro, è scoppiata tra la polizia -schierata in forze eccezionali- e i dimostranti che si erano raccolti nel centro della capitale greca. La protesta era attesa. (...) Al corteo hanno partecipato 10mila persone: gli slogan e i cartelli definivano Clinton ‘il macellaio dei Balcani’, ‘fascista’ e ‘assassino’. Un cartello aggiungeva: ‘la Grecia non è un protettorato’. (...) Ieri pomeriggio anche a Salonicco, la città portuale del nord usata dalle truppe della Nato per la logistica dell’operazione in Kosovo, circa 2.500 manifestanti si sono radunati davanti al porto gridando: ‘Clinton go home’."

Da Truth in media del 21.6.’99. "Caro Generale Fox, grazie per la risposta. Lo scorso mese sono stato in Europa per la venticinquesima volta. Ho servito nel Mediterraneo per molti anni volando su aerei della marina. Ho sempre ammirato quelle popolazioni, specialmente gli spagnoli, gli italiani ed i greci. Amavano gli americani ed io amavo loro. Nel mio recente viaggio ho notato, in questi tre paesi, l’inizio di sentimenti anti-americani. (...) L’ambasciata degli Usa di Atene è stata dipinta con vernice rossa. Su un autobus affollato, in Atene, un uomo m’ha battuto sulla spalla e ni ha detto in un inglese stentato: ‘Clinton non buono’. Mi sono alzato in piedi, ho stretto la sua mano ed ho detto: ‘dannatamente non buono’.

Il clima dunque, da quel che ho potuto vedere, è di rabbia e odio. Per la prima volta non mi sono sentito il benvenuto. Mi sono vergognato del mio paese e della mia appartenenza alla marina militare... Firmato cap. Richard Davidson"

E per la Serbia?

Rimandiamo i compagni e i lettori al resoconto, dell’assemblea sindacale tenuta a fine luglio alla Zastava di Kragujevac...

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