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Guerra all’Iraq, 1999

L’INGLORIOSA FINE DEL "PACIFISMO" E DINTORNI

Otto anni fa qualche sussulto di mobilitazione, per quanto privo di ogni serio indirizzo teorico e politico, contro l’attacco imperialista all’Iraq si era fatto comunque sentire. Erano i tempi in cui Manisco piangeva alla TV dovendo riferire dei massacri occidentali consumati impunemente ai danni della popolazione irachena; in cui i "beati costruttori di pace" e i beati rifondini "comunisti" organizzavano manifestazioni nelle piazze e persino il PDS prendeva le distanze dall’operazione "inopportuna e spropositata".

Oggi più nulla di tutto ciò. Nessuno scende più in piazza (ad Aviano, tanto per dire, c’erano una quarantina di partecipanti a una manifestazione indetta da quasi una quarantina di sigle...), e non certo perché l’attuale attacco sia meno duro ed esecrabile che allora, ma per due ordini di motivi.

Il primo è che una protesta contro gli effetti dell’imperialismo che non sappia risalire alle cause, è destinata a trascinarsi avanti in modo inconcludente all’inizio per rifluire poi generando senso di sconforto nelle proprie inani "forze" ed, infine, indifferenza ed accodamento passivo di fronte all’"inevitabile".

Il secondo motivo sta nel fatto che, stavolta, parte dell’Europa, e segnatamente l’Italia, non si sono del tutto adeguate all’appello USA-israeliano a partecipare attivamente, in prima persona, al massacro. Così, della gente che ha sempre blaterato di un’"alternativa di pace" europea e "soprattutto" italiana ha colto al volo l’occasione buona per accodarsi agli interessi non meno imperialisti di tali soggetti "alternativi" in una presa di distanze da quelli USA & Co. Puramente competitiva. La sacra indignazione di otto anni fa è così giunta alla sua segnata parabola finale, e nella maniera più indegna.

Non è un caso che i cortei studenteschi che invadevano Roma per la santa crociata laicista e statalista promossa da uomini del calibro di un La Malfa (interventista pro-USA di ferro!) assieme alla "sinistra diffusa", non abbiano avvertito neppure un fremito d’interesse per quel che accadeva in Iraq. Che c’entriamo noi "cittadini italiani", che c’entra il "nostro Stato", di cui reclamiamo qui la difesa, con gli scontri di laggiù? Dateci poco studio, lavoro garantito e ben retribuito, panem et circensem, e non veniteci a seccare con cose in cui "non c’entriamo"! Persino il manifesto se n’è un tantino scandalizzato, ma è ovvio che si raccoglie quel che si semina...

E chi ha fatto l’atto di "prendere una posizione", e magari, nella sua scarsa capoccia, "dura", l’ha fatto senza voler o poter chiamare ad una mobilitazione qualsivoglia, e nei termini più indecorosi.

Sentite qualche perla pescata dal porcile.

Rifondazione ha scritto: "Sganciare su Baghdad più bombe che in tutta la guerra del Golfo non servirà a colpire Saddam" (ciò che dovrebbe costituire un obiettivo "serio"!), "anzi servirà solo a rafforzare le correnti fondamentaliste che lo sostengono". Il risultato "controproducente" delle operazioni imperialiste che si teme è proprio questo: quello dell’attizzamento dell’odio contro l’imperialismo! (L’unico e vero risultato positivo, e che vorremmo ingigantito per mille, che i comunisti possono aspettarsi dando ad esso qui una mano fraterna ad incendiare la prateria!) E, magari -fondamentale innovazione neo"comunista"- si può addirittura scoprire che questa guerra è stata "inventata" per salvare Clinton dall’impeachment ("aveva bisogno di questa emergenza per differire" il voto del Congresso). Da cosa è mosso l’imperialismo? Non dai suoi interessi di rapina e sangue, ma dai contraccolpi di casi come quello della Lewinsky. Ah, cosa sarebbe successo in passato se Cleopatra avesse avuto il naso più corto?!

E, passando alla fase propositiva: "Il Governo italiano (di cui non facciamo, per ora, parte, ma che ci sta a cuore come la pupilla dei nostri occhi, n.n.) prenda immediatamente una posizione politica forte ed autonoma" (sì, autonoma da ogni riferimento di classe!) contro "questo atto unilaterale" (noi siamo per azioni concordate generali, n.n.) e contro l’"umiliazione inflitta all’ONU", povera candida creatura violata! "Il Mediterraneo non può più essere terra di scorribande USA", visto che ci siamo anche noi, che c’è un’Europa forte e, per giunta, governata in maggioranza dalla "sinistra"; "l’Europa alzi la testa".

Voi, per intanto, l’avete abbassata e prostituita.

Persino il gruppo di opposizione in Rifondazione di Falcemartello non riesce a discostarsi più di tanto dal coro. Un suo opuscolo sulla questione, redatto da due cialtroni "trotzkisti" inglesi del Militant, noti per le loro lunghe pratiche entriste nel Labour Party in chiave frontepopolarista, esordisce con un titolo già di per sé emblematico: "La prepotenza imperialista rafforza la dittatura di Saddam". Il guaio principale non è l’imperialismo, ma la dittatura di Saddam! È lui ad intorbidire le acque, come da vecchia favola!

È vero: qui si chiama "tutti gli autentici socialisti" (di proletariato e di comunisti neppur l’ombra d’un accenno) ad "opporsi implacabilmente alle aggressioni (sia militari sia economiche) dell’imperialismo contro il popolo iracheno", ma l’obiettivo è quanto meno curioso e ci piacerebbe sapere come ci s’intenda arrivare nel concreto: "Dobbiamo sostenere ogni sforzo per costruire un’opposizione indipendente in Iraq, impegnata a rovesciare la sanguinaria dittatura di Saddam per sostituirla con un’autentica democrazia proletaria"; sostituirla là, al di fuori di ogni prospettiva internazionalista comune, e facendo ogni sforzo a tal fine. Forse, ci viene da sospettare, approvvigionando quei "democratici iracheni" che, di stanza qui, si preoccupano soprattutto di non solidarizzare in concreto con l’anti-imperialismo arabo-islamico perché ciò ne comprometterebbe il ruolo di soluzione di ricambio pro-imperialista in Iraq; quei "democratici iracheni" in grado di garantirci dal pericolo "fondamentalista" antioccidentale.

La prospettiva che simili falsi militant disegnano vale un perù: "Un Iraq socialista sarebbe un faro per i popoli oppressi del Medio Oriente. Potrebbe diventare la base per l’instaurazione di una federazione socialista del Medio Oriente, l’unico modo in cui si possa mettere fine all’orrore della guerra e dei conflitti etnici e religiosi e creare le basi per un futuro armonioso e progressivo di tutti i popoli". Col che veniamo a sapere che una federazione socialista "in un settore solo" del mondo ci eviterebbe gli orrori bellici. Vuoi vedere che l’imperialismo si è mosso perché mancavano queste basi e che una presenza socialista nell’area lo convincerebbe "armoniosamente" alla pace?

Noi credevamo di sapere, dal tempo di Lenin e assai prima, che ogni reale rottura dell’ordine imperialista chiama l’imperialismo a scendere ancor più, e con forze centuplicate, in guerra contro di essa. Credevamo di sapere che ognuna di queste rotture chiama direttamente in causa il proletariato mondiale in una guerra internazionalista di classe che si tratta sin d’ora di preparare a questa scala e salutare entusiasticamente quale nostra prospettiva militante. Qui ci si vuol convincere del contrario nello stile del pragmatismo democratico britannico, al solito attento a non uscire dai confini della propria raggiunta "civiltà" nazionale. E, d’altronde, cosa aspettarsi da gente che scrive che il riformismo è una "corrente di pensiero nel movimento operaio" in cui "due concezioni diverse" (di pensiero) si affrontano e convivono su "una base politica comune"?

Leggendo simili indecorose fregnacce, ci viene quasi da salutare le parole trancianti con cui il Papa, certamente in nome dei suoi interessi di bottega (ma, vivaddio, immensamente più "ecumenici" di quelli di costoro quanto a raggio visuale!), si è limitato a parlare di aggressione intollerabile senza dover sentire il bisogno "sinistro" di prender preventivamente, e posticipatamente, le distanze da Saddam (ciò che ha indignato i commentatori dei nostri TG di Stato). Non altro è il punto da cui parte la concezione marxista della solidarietà incondizionata coi popoli oppressi e la loro lotta anti-imperialista che si tratta di portare al risultato di una comune lotta internazionalista di classe. Il vescovo cristiano di Baghdad ci ha aggiunto qualcosa di suo: questa è un’operazione imperialista contro la quale ci arroghiamo il diritto ed il dovere di lottare con ogni mezzo. Ci sta bene, e tocca giustamente ai comunisti indicare mezzi e mete acconci.

(Tra l’altro, proprio episodi come questi dimostrano che il mondo si va dividendo e schierando secondo frontiere che non sono più contenibili nell’ambito dei vecchi e superati schemi ideologici, religiosi, etnici e via dicendo, ma secondo frontiere di classe che attraversano e mettono finalmente in crisi quegli schemi sul terreno di uno scontro epocale e mondiale. Non più fondamentalismi anti-imperialisti isolati, monchi e deviati: contro l’Occidente si muove anche un certo "fondamentalismo cristiano", se così lo volete chiamare; si muove e si muoverà il fondamentalismo marxista nostro che verrà anche e proprio qui, nelle metropoli, a presentare il conto all’imperialismo, infischiandosene delle barriere doganali innalzate dai locali pseudo-movimenti operai benpensanti!)

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