Molti non se ne sono nemmeno accorti. Alcuni lhanno considerata un nonnulla. Altri ne sono rimasti scandalizzati. Di cosa? Delluscita del quotidiano la Padania. Per noi, invece, si tratta di un fatto a cui i comunisti e i militanti proletari devono riservare unattenta valutazione politica. Per vari motivi, su cui ci soffermiamo in questa breve nota.
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La prima cosa da rilevare è che la Padania non si presenta come un giornale di opinione: ma come l"organo ufficiale" di un partito, la Lega Nord. Il che non significa semplicemente che al suo interno, anziché tante voci dissonanti, si trova solo il punto di vista ufficiale di questo partito. Significa di più: che questo quotidiano vuole essere lo strumento con cui la Lega Nord prepara i suoi militanti e il "popolo padano" alla battaglia per raggiungere il suo obiettivo politico: lindipendenza dallItalia e la creazione dello stato padano ("la Padania -si trova scritto nel n. del 10.1.97- è uno strumento di affrancamento e di libertà"). E a garanzia di ciò, al di sopra del direttore del giornale, il partito ha posto un direttore politico: Bossi.
La seconda cosa da rilevare è che la Padania non solo vuole essere lorgano di un partito. Lo è. La Padania dedica uno spazio minimo alle vicende dei palazzi romani, giustamente percepite sempre più estranee al reale corso dello scontro di classe. Si preoccupa invece di denunciare i problemi del "popolo padano", della "gente che lavora e produce", degli operai, degli artigiani, delle piccole imprese. Usa i fatti che accadono per mostrare chi sono i responsabili dei loro guai (lo stato centralista, i burocrati, i monopoli industriali e bancari, le grandi potenze capitalistiche) e spiega come e perché la secessione li possa sconfiggere. Organizza a tal fine delle inchieste che sono vere e proprie campagne educative (vedi ad es. quelle sulla piovra al Nord e sui fondi neri del PDS). Si preoccupa di individuare le forze che a scala internazionale sono alleate del "popolo padano" (disegnando unInternazionale Indipendentista molto simile a quella rincorsa da certa estrema sinistra nostrana: annuncio di future e ancor più "paradossali" convergenze?). E non manca, infine, di chiarire il "senso storico" dellincipiente "lotta di liberazione" padana (sarebbe un passo per pervenire a quella "confederazione di popoli liberati dal grande capitale mondialista" che rappresenta lorganizzazione umana adeguata allera della globalizzazione). Un lavoro paziente che se ne frega del consenso opinionistico raccolto nella palude di centro, che mira a intercettare lesplosione sociale che si annuncia e a incanalarla nellalveo reazionario della secessione.
La terza cosa da rilevare è che un quotidiano del genere non rappresenta unesigua minoranza, con scarsi rapporti con la realtà. Innanzitutto, esso è già arrivato a vendere 80 mila copie al giorno! Chi lo compra poi, lo considera e lo usa come uno strumento per essere aiutato e guidato nella marcia verso lindipendenza. "Mi compiaccio che finalmente sia uscito un giornale a misura di padano -scrive un giovane di 16 anni- e spero che, chi non crede nella secessione, leggendo la Padania si renda conto che il sistema italiano non può andare avanti ancora per molto tempo, che serve un ordinamento nuovo, e quello proposto da Bossi è lideale". E un operaio vicentino: una "sterzata fulminea" verso il nuovo sarebbe "impensabile", ci vuole ancora del tempo, "non molto a dire il vero", per convincere gli incerti, per "inculcare nella mente e nel cuore" degli operai (e "anche degli agricoltori, dei commercianti, degli artigiani, dei piccoli imprenditori") i vantaggi derivanti dalla nostra politica; quando avremo fatto ciò, "avremo vinto la guerra, perché la massa sarà disposta a tutto, anche alla secessione. Cè un vuoto di potere e una crisi di idee, è il momento ideale per prendere in mano la situazione, non bisogna perdere tempo. Sono pronto a fare la mia parte".
Il quotidiano la Padania, infine, non si limita a trasmettere ai propri lettori la consapevolezza che si va verso unacutizzazione catastrofica dello scontro e che lesito di esso si giocherà nelle piazze. Mira a suscitare in essi la fiducia nelle proprie forze, la convinzione che essi possono fare la storia, anche se dal punto di vista della politica ufficiale sono degli "ignoranti"; che anzi possono farla proprio per questo, perché è il loro "umile lavoro manuale" a mandare avanti la società e perchè la cultura politica di cui cè bisogno nella battaglia che savvicina non la si forgia nell"inutile scuola centralista", ma nello scontro di classe e nella vita di partito. (Una tesi verissima. Marxista. E solo lassenza di una sinistra di classe può permettere che il sentimento destraneità che sta maturando nei giovani proletari verso la scuola borghese possa essere raccolto da una forza reazionaria come la Lega e non utilizzato come fattore rivoluzionario contro il capitalismo)
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Quali conclusioni trarre da questi elementi? Fondamentalmente tre.
Primo. La fondazione e la diffusione de la Padania non sarebbero possibili se lItalia non fosse già dentro una deriva di tipo jugoslavo e in prossimità del precipizio. Esse sono dunque un richiamo alla classe operaia e alla sua parte più avanzata affinché recuperino il ritardo con cui stanno arrivando alla resa dei conti e si attrezzino per affermare nello scontro, anche a un livello embrionale, una linea di classe.
Secondo. Bossi si è reso conto che in questo scontro, per vincere, cè bisogno di un partito. E che un partito, per essere forgiato e diretto, ha bisogno di un giornale di partito. Imparando, in questo, dalla dottrina marxista. E stato costretto a farlo perché i marxisti questa lezione non lhanno inventata. Lhanno imparata a loro volta dalla storia, dallo studio del corso dei processi oggettivi. Solo dei dementi alla manifesto possono dirsi comunisti e inorridire, come fa Giovanna Pajetta, davanti a un Bossi che fa un giornale di partito.
Terzo. Affinché il proletariato non resti intrappolato nella rete leghista, cè bisogno che i comunisti e i militanti proletari più coscienti affermino, in alternativa a quella fallace portata avanti dalla Lega, una reale prospettiva di lotta contro lo stato nazionale borghese e il capitale finanziario. E cè bisogno che questa linea venga portata avanti in modo organizzato e militante, ricostruendo il partito di classe. E tornando a fare, a tal fine, un vero giornale di partito. Vivo. Ricco. Un giornale di organizzazione e per lorganizzazione. Dei comunisti, delle forze rivoluzionarie e del proletariato. A tanto miriamo con il nostro che fare, e alla sua fattura e diffusione chiamiamo i compagni e i lettori a dare il loro apporto e sostegno militante.