I COMUNISTI E LA FORMAZIONE DELLO STATO UNITARIO ARABOSpezzettati in diversi staterelli, divisi da ignobili questioni dinastiche, divorati vivi da manigoldi dei monopoli capitalistici stranieri che volentieri cedono larghe fette dei profitti petroliferi, invischiati nelle mortifere alleanze militari dell'imperialismo, gli Stati Arabi non solo non incutono timore agli imperialisti, ma servono da pedine nel loro gioco diabolico. Ma che avverrebbe se gli arabi, superate le disunioni suicide, riuscissero a fondare uno Stato nazionale abbracciante tutti i territori africani e asiatici abitati da popolazioni arabe? Avremmo soltanto il risveglio dell'Africa intera? No, otterremmo, noi tutti che militiamo nel campo della rivoluzione comunista, ben altro. Otterremmo di assistere alla definitiva, inappellabile condanna a morte della vecchia Europa, di questa fradicia, corrotta, micidiale Europa borghese, impestata di reazione e di fascismo più o meno camuffato, che da quarant'anni è il focolaio inesausto della guerra imperialistica e della controrivoluzione. Perciò siamo per la rivoluzione nazionale araba. Perciò siamo contro i governanti degli Stati arabi, i quali o perseguono apertamente finalità separatiste e reazionarie (le monarchie medio-orientali) o mirano ad un superficiale riformismo e alla collaborazione con ]'Occidente (Bourghiba, Maometto V). Né possiamo, come fanno i comunisti di Mosca, appoggiare incondizionatamente il movimento panarabo di Nasser, perché in esso c'è troppa zavorra reazionaria invano mascherata da un abile gioco demagogico. Lo stato nazionale non sarà fondato da costoro. Ognuno di essi ama posare a campione dell'Islam. Ma il loro islamismo sta a quello dei compagni di Maometto quello dei compagni di Maometto come il cristianesimo dei cattolici sta a quello degli agitatori delle catacombe. (da Le cause storiche del separatismo arabo, in "Programma comunista", n. 6 del 1958) Al proletariato cosciente non interessa la formazione dello Stato nazionale in se stessa, ma il contenuto di trasformazioni sociali che il trapasso comporta. Gli interessa lo sbocco dialettico dei "potenti fattori economici" che Lenin vedeva costretti e immobilizzati dalle anacronistiche strutture politiche che si perpetuano nei paesi semifeudali e arretrati. È indubbio che la formazione di uno stato unitario arabo, spazzando via gli ostacoli reazionari che vi si oppongono, indurrebbe una profonda rivoluzione sociale. (da L'imperialismo gangster del dollaro aggredisce la rivoluzione araba, in "Programma comunista", n. 14 del 1958) |