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Il punto in breve
(controinformazione di classe dal movimento argentino)
LA GIORNATA DI SANGUE DEL 26 GIUGNO
La giornata di mobilitazione nazionale del 26 giugno
era stata convocata dall’Asamblea Nacional de Trabajadores Ocupados y
Desocupados (oltre mille delegati presenti da tutto il paese) svoltasi
nelle giornate del 22 e 23 giugno, convocata dal Bloque Nacional
Piquetero, dal Movimento de Jubilados y Desocupados, da diverse
Asambleas Populares e delegati sindacali delle fabbriche in lotta.
Al piano di lotta e mobilitazioni varate avevano inoltre aderito il coordinamento
disoccupati Anibal Veron ed il movimento Barrios de Pie.
Il 26 giugno dunque in tutto il paese la parte più
avanzata e radicale dei movimenti di lotta scende in piazza. Nelle
province si organizzano cortei e numerosi blocchi stradali, a Buenos Aires
il movimento chiama a bloccare tutte le vie d’accesso alla città. Ed è
proprio qui, nella capitale che il governo decide di colpire duramente il
movimento di lotta: i cortei che si accingevano a bloccare ponti e vie d’accesso
vengono attaccati e dispersi ed in particolare in un concentramento,
quello di ponte Pueyrredon, le "forze dell’ordine", ovvero le
squadre armate del capitale, si scatenano e mettono in pratica un piano
repressivo studiato e premeditato.
Mentre un intero quartiere è messo sotto assedio viene
lanciato l’assalto ai manifestanti, partono i rastrellamenti nella zona,
la sede di quartiere di Izquierda Unida è devastata, i feriti e gli
arrestati si contano a centinaia, due compagni, Dario Santillan e
Maximiliano Costequi, sono assassinati a sangue freddo. Dario e
Maximiliano, entrambi militanti del CTD Anibal Veron, sono due compagni
giovani ma già avanguardie riconosciute e dirigenti nel movimento dei
disoccupati.
L’azione criminale dello stato e del governo (che ha
tentato all’inizio di presentare l’accaduto come frutto di torbidi
interni al movimento a seguito dei quali la polizia è dovuta intervenire,
salvo poi in seguito scaricare la responsabilità della "mano
pesante" degli agenti su singoli dirigenti di polizia) non è stata
certamente un fulmine a ciel sereno, tutt’altro. Da tempo segnaliamo l’infittirsi
di episodi di violenza e provocazioni antiproletarie condotti dalle
squadre armate del capitale sia nella loro veste ufficiale
(polizia, gendarmerie varie) sia in quella delle milizie di complemento
extraistituzionali (vedi, da ultima segnalazione, la ricomparsa delle
"triple A"), soprattutto da sempre denunciamo quello che è
ben chiaro alla parte più avanzata dei movimenti di lotta e cioè che
queste azioni si inquadrano nel vero "supremo obiettivo" del
governo: riportare l’ordine nel paese, farla finita con le occupazioni
delle fabbriche con le lotte dei disoccupati con l’autorganizzazione
delle Assemblee popolari, in breve stroncare la resistenza proletaria e
popolare. Con la carota finché possibile (miserabile
"concertazione" messa in campo, altrettanto miserabili piani di
sussidi e lavori socialmente utili, "apertura al dialogo" con
"la parte responsabile" dei movimenti di lotta, indizione di
elezioni democratiche anticipate…) ed alla fine, dopo aver lacerato e
fiaccato il movimento, col bastone della forza armata dello stato. Come da
richiesta dei padrini - i signori del dollaro e dell’euro - che stanno
sopra Duhalde e la borghesia stracciona argentina.
Dentro questo contesto la giornata di sangue del 26
giugno segna indubbiamente un salto di qualità nell’azione del governo
e degli apparati votati alla difesa dell’ordine borghese. I tempi
stringono (ricordate la richiesta dell’ Ambasciata italiana a por fine
"in tempi brevi" all’occupazione della Zanon?), il contagio
della crisi argentina comincia a manifestarsi pesantemente, sul piano
economico, in Uruguay ed in Brasile. Il governo deve rompere gli indugi,
deve dimostrare di meritarsi quegli "aiuti", quella
"fiducia" che la cosiddetta "comunità internazionale"
saprà concedergli a patto che esso svolga il suo sporco compito.
Già una settimana prima l’attacco del 26 giugno
Duhalde aveva riunito i suoi ministri con le varie forze di sicurezza
poliziesche per stabilire la condotta da seguire verso i blocchi stradali
e le dimostrazioni di piazza, arrivando a considerare alcune di
queste manifestazioni come "azioni di guerra". Di seguito
diversi uomini del regime avevano lanciato una serie di messaggi
inequivocabili circa le intenzioni degli apparati di sicurezza. Il 26
giugno, per la prima volta dopo le giornate insurrezionali del dicembre,
gli apparati dello stato decidono di colpire e di spargere il sangue
dentro l’area di Buenos Aires quasi a voler saggiare la capacità di
reazione e risposta del proletariato, in una azione che ha tutta l’aria
di essere una sorta di prova generale per il futuro braccio di ferro coi
movimenti di lotta.
Un fattore inoltre non secondario che ha spinto il
governo a rompere gli indugi è stato il segnale emerso dalla riuscita
Asamblea Nacional de Trabajadores Ocupados y Desocupados del 22/23
giugno: una spinta forte, decisa verso la conquista di una unità d’azione
fra i vari movimenti di lotta, la creazione di un fronte unito di classe,
la dichiarazione esplicita di questi militanti d’avanguardia che
"la questione del potere è all’ordine del giorno", l’appello
pressante uscito dall’Assemblea a che "tutte le organizzazioni
piquetere e di lotta abbandonino ogni speranza sul governo Duhalde e le
sue politiche e rompano definitivamente la tregua con esso". Un
vero scatto in avanti fatto dal movimento di classe nonostante le gravi
difficoltà, ombre e debolezze tutt’ora presenti dentro il complesso
movimento di lotta (una per tutte, emblematica: la non
partecipazione dei delegati della Zanon all’Assemblea stessa a causa, se
non abbiamo inteso male, di infinte querelles fra vari gruppi e gruppetti
politci).
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Riproduciamo la Risoluzione Politica uscita dall’Assemblea
Nazionale del 22/23 giugno
Resolución Política
ASAMBLEA NACIONAL PIQUETERA
DE TRABAJADORES OCUPADOS Y DESOCUPADOS DEL 22/6
Asistimos a la más
brutal crisis del imperialismo y del sistema capitalista que intenta
descargar su mayor peso sobre las clases explotadas del mundo. El
contagio latinoamericano forma parte vital de la situación política,
emergen la crisis financiera y política y las convulsiones sociales en
Uruguay, Perú, Paraguay y Brasil. Esta crisis se refleja en la profunda
recesión a la que nos vemos sometidos. Veinte millones de pobres en la
Argentina, caída brutal del PBI, miles de fábricas cerradas, ruinas de
las economías regionales, confiscación de los pequeños ahorristas,
30% de desocupación, reducción de los presupuestos de salud y
educación. En nuestro país esto se expresa a través de una crisis
política, económica, institucional y social que generó la rebelión
popular del 19 y 20 de diciembre y que puso en fuga al gobierno de De la
Rúa y Cavallo. Este proceso que costó la vida de 32 compañeros fue
usurpado burlando la voluntad popular que reclamaba QUE SE VAYAN TODOS,
para instalar un gobierno ilégitimo que garantizace la continuidad del
sistema bajo otro ropaje.
Ante estas circunstancias
las luchas populares se han desarrollado y multiplicado: cortes de ruta,
ocupación de ministerios, fábricas funcionando bajo control de sus
trabajadores (Brukman, Zanón, clínica Junín, etc.) actual rebelión
de los docentes bonaerenses, marchas multitudinarias de ahorristas,
asambleas populares, etc.
Nos proponemos unificar
todos los sectores en lucha: trabajadores ocupados y desocupados,
jubilados que hace once años vienen luchando por sus reivindicaciones,
estudiantes, docentes, asambleas barriales, trabajadores de la salud.
Hemos podido alcanzar un alto grado de unidad en esta asamblea nacional.
Creemos que es necesario y fundamental seguir construyendo la unidad con
todos aquellos compañeros que vienen librando batalla contra este
régimen, luchando por enfrentar el punterismo y el ataque a las
organizaciones piqueteras mediante un programa y plan de lucha comunes.
La cuestión del poder
está a la orden del día. Esta asamblea se propone la tarea de
construir una salida clasista de los trabajadores y el pueblo,
reforzando la evolución de las organizaciones que son herramienta para
esa lucha por el poder que lleve a una nueva rebelión popular para
alumbrar definitivamente el nuevo movimiento histórico que acabará con
la explotación del hombre por el hombre.
El ilégitimo gobierno de
Duhalde y los gobiernos provinciales son, cada vez más, gobiernos
títeres del FMI. Esto se expresa en los 14 puntos del acuerdo con las
provincias, en la confiscación sobre los ahorristas, en la derogación
de las leyes de subversión económica y de quiebras en el aumento
brutal de precios y del costo de la canasta familiar por las políticas
inflacionarias.
Repudiamos y nos
planteamos enfrentar los intentos de utilización de los planes sociales
como instrumentos de la rebaja salarial reemplazando mano de obra activa
en el sector estatal y privado, en un caso como trabajo social y en otro
como subsidio al sector privado. Frente a este cuadro de ataque y de
crisis surge el posible adelantamiento de las elecciones. Rechazamos las
maniobras electoralistas del gobierno y de los partidos del sistema que
apuntan a salir de la crisis política terminal de este gobierno con un
nuevo engaño que no da salida a los problemas de los trabajadores.
Repudiamos la
militarización de la sociedad que se expresa con el avance del gobierno
en instalar prácticas represivas sobre los sectores en lucha y el
conjunto de los oprimidos para acallar sus legítimos reclamos y que se
ve reflejado en el encausamiento y detención de los luchadores
populares, los aprietes y persecuciones a las asambleas populares y a la
juventud barrial y estudiantil, en el encubrimiento del gatillo fácil,
en el crecimiento criminal de los desalojos a los sin techo y sin tierra,
que toman carácter de políticas gubernativas en las declaraciones de
los ministros de Duhalde que han salido a decir que van a reprimir los
piquetes y prohibir los cortes de calles y de rutas. Esto nos obliga a
generar en las organizaciones que luchan mecanismos de autodefensa y
doble poder de masas para impedir el avance represivo sobre el pueblo.
Con este diagnóstico y
frente a la perspectiva que plantea esta asamblea llamamos a los
trabajadores ocupados a construir organizaciones en el marco de la lucha
para derrotar a las burocracias sindicales de viejo y nuevo tipo, que a
pesar de tibios amagues no han roto la tregua con el gobierno hambreador
de Duhalde. Impulsamos un congreso de delegados de base del movimiento
obrero ocupado y desocupado en la nación, las provincias y los
municipios.
Llamamos a las
organizaciones piqueteras y de lucha que aún cifran esperanzas en
Duhalde y sus políticas a que rompan la tregua. Para que todos juntos,
trabajadores ocupados y desocupados, jubilados, estudiantes, asambleas
populares, organizaciones de ahorristas impulsemos la huelga general
activa que acumule las fuerzas necesarias que abran caminos de una nueva
rebelión popular que garantice el QUE SE VAYAN TODOS Y QUE GOBIERNEN
LOS TRABAJADORES Y EL PUEBLO.
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Una considerazione importantissima infine: uno
degli strumenti essenziali utilizzati dal regime per tentare di
contenere e dividere la resistenza delle masse è stata l’esca gettata
ai vari movimenti di lotta o meglio a talune loro dirigenze attraverso
fasulle "aperture di dialogo", partecipazione "a tavoli
concertativi" e la concessione di miserabili briciole. Alcune
dirigenze, alcuni "capi" dei movimenti di lotta dietro i più
svariati pretesti avevano abboccato e tutt’ora s’ingegnano a
"concertare" col governo. La loro funzione anche in occasione
della giornata di sangue del 26 giugno è quella di seminare
confusione e motivi di divisione nel movimento di lotta, distinguendo
fra "piqueteros buoni" e quelli "cattivi" (che
rompono le vetrine ed attaccano la polizia), bollando come provocazione
l’esercizio della forza e della violenza di classe, attaccando con
ogni mezzo la parte più radicale dei movimenti. Una funzione infame
che diventa sempre più difficile esercitare con successo!
Esemplare in questo senso è la denuncia fatta dai
compagni del Movimento Barrios de Pie del presidente della
Federacion de Tierra y Vivienda (confederata alla CTA), Luis D’Elia -
che dopo aver avvallato nella sostanza la versione del governo circa i
fatti di ponte Pueyrredon si è rifiutato di chiamare in piazza il suo
movimento nella protesta del 27 giugno - qualificato apertamente come
"agente di Duhalde all’interno del movimento dei
disoccupati".
Riportiamo la denuncia dei compagni di Barrios de Pie
(che annunciano la loro uscita dalla FTV pur continuando ad aderire alla
CTA)
Barrios de Pie se desvincula de la FTV pero contina en la CTA
by xls Sunday June
30, 2002 at 07:28 PM
La Mesa Nacional del Movimiento Barrios de Pie, reunida el 29 de junio
para analizar los graves hechos ocurridos en el puente Pueyrredon el
mircoles 26 de junio, en la jornada de protesta de la cual fuimos
convocantes, anuncia lo siguiente:
- Repudiar la conducta del presidente de la Federacin de Tierra y
Vivienda, Luis D'Elia,
quien, con sus declaraciones previas a dicha jornada, haciendo
distinciones entre "piqueteros buenos" y "piqueteros malos",
abon la teora represiva desplegada desde el gobierno. Posteriormente, una
vez ocurridos los hechos por todos conocidos: la muerte de dos compaeros
jvenes piqueteros, los centenares de heridos y detenidos a causa del
accionar represivo de las "fuerzas de seguridad" (polica,
prefectura y gendarmera), D'Elia
continu con la misma prdica y, lo que es ms grave, lleg a tener la
miserable conducta de no concurrir a la masiva marcha contra la represin
realizada el 27 de junio.
- Esta actitud repudiable de DエEla
tiene el antecedente de su decisin del 19 y del 20 de diciembre, cuando el
presidente de la FTV se neg a marchar a Plaza de Mayo mientras miles de
argentinos daban la vida para que se fuera el gobierno hambreador y
represor de De la Ra.
- Hay que sumarle a lo anterior que, mientras en las graves
circunstancias que vivimos nos acusa de "violentos" a quienes
pusimos el cuero arriba de los puentes, l mismo ha venido utilizando la
violencia de su patota para callar las diferencia dentro de la FTV y hace
del macartismo su arma preferida para desprestigiar a sus opositores.
- Estas y otras muchas razones nos llevan a la decisin de no aceptar
compartir el mismo mbito con quien se ha convertido en un delegado de
Duhalde dentro del movimiento de desocupados. Para mantener bien alto las
banderas democrticas y opositoras que levanta la Central de Trabajadores
Argentinos, el Movimiento Barrios de Pie ha decidido desvincularse de la
Federacin de Tierra y Vivienda, de la que formaba parte. Sin dejar de
pertenecer a la CTA, nuestra Central, decidimos diferenciarnos claramente
de quienes desprestigian sus banderas.
Mesa Nacional del Movimiento Barrios de Pie
Para comunicarse: Jorge Ceballos 155-409-3789
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