Mandiamo a casa il governo Berlusconi
con la lotta organizzata di tutti i lavoratori
Berlusconi ha parlato chiaro: "Neanche lo sciopero generale ci
farà desistere". Questo significa, per noi lavoratori, che non basterà impegnarsi
-come si deve fare!- per la riuscita dello sciopero. Occorre sin da ora vedere come
continuare la mobilitazione dopo il 16 e come far pesare la disponibilità alla lotta che
abbiamo fin qui dimostrato. Per attrezzarci al duro scontro che si annuncia, siamo
assolutamente chiamati ad affrontare una serie di problemi.
Primo problema. Come si ferma lattacco allarticolo 18?
Contrattando con il governo?
I vertici sindacali dicono: "il governo stralci larticolo
18, il resto si può contrattare." Ma cosa significa contrattare sul resto?
Significa andare incontro alle richieste di maggiore flessibilità del mercato del lavoro
presentate dalle imprese, e rivedere in peggio il sistema fiscale, previdenziale,
sanitario e scolastico secondo i principi anti-proletari presentati dal governo e dalla
Confindustria
Ma come è possibile difendersi anche solo per i lavoratori cosiddetti
"garantiti", se si continua a permettere lestensione dei rapporti di
lavoro precari? Come è possibile impedire che si arrivi al "contratto
individuale" perseguito da Berlusconi, se si continua a permettere la frammentazione
del mondo del lavoro operata da una sanità, una scuola, una previdenza ancor più
regionalizzate e vincolate al profitto?
E inoltre: come è possibile difendere i salari e le condizioni
proletarie "qui" in Italia se si permette ai "nostri" padroni e al
"nostro" governo, insieme ai loro "partner" occidentali, di imporre (a
suon di ricatti economici, embarghi e bombardamenti "chirurgici") salari da fame
e condizioni inumane in Corea, nei Balcani, in Medioriente e in America Latina? Eppure i
dirigenti sindacali, coerentemente con la logica del "contrattiamo", arrivano
addirittura ad appoggiare la politica estera del governo!
Per fermare davvero laffondo sullarticolo 18 è necessario
non lasciar passare né le altre misure sul mercato del lavoro contenute nel "libro
bianco" di Maroni, né il contratto di soggiorno "usa e getta" per gli
immigrati previsto dalla legge Bossi-Fini, né le iniziative di politica internazionale
(più o meno allineate agli Stati Uniti) del trio Berlusconi-Bossi-Fini. È necessario
fermare la politica governativa nel suo complesso con una lotta che va organizzata e
unificata superando le divisioni esistenti tra proletari italiani e immigrati, tra
"padri" e "figli", tra meridione e settentrione, tra uomini e donne.
Secondo problema. Si possono mettere daccordo
"flessibilità e diritti"?
I dirigenti sindacali credono di poter contrattare col governo
Berlusconi perché credono alla possibilità di rilanciare la competitività delle imprese
e dell"azienda-Italia" senza aggredire la condizione dei lavoratori,
mettendo daccordo "flessibilità e diritti".
Si può condividere tanto ottimismo? Lesperienza degli ultimi
venticinque anni mostra di no.
I lavoratori si sono fatti carico delle "superiori" esigenze
di competitività delle imprese e del risanamento del deficit statale. Ciò, però, ha
comportato lerosione delle tutele conquistate con la lotta nei decenni precedenti ed
ha significato iniziare a subire quella divisione delle proprie fila che ha preparato il
terreno allattacco di oggi. Uno scambio a perdere subìto anche con i governi di
centro-sinistra... Prendiamone finalmente atto:
- "flessibilità e competitività" da un lato e "diritti"
dallaltro non possono marciare insieme.
Non possono farlo perché il sistema sociale basato sul profitto non
conosce "tutele" quando è in gioco (come accade oggi) la rimessa in moto del
suo meccanismo, sempre più in difficoltà e per questo sempre più famelico (come
dimostrano il crescente sfruttamento del lavoro a scala mondiale, la fame, i disastri
ambientali e le guerre seminati in lungo ed in largo per lintero pianeta). Se finora
i signori del turbo-capitalismo si sono potuti limitare a scaricare il peso maggiore della
loro torchiatura sui popoli e sulle masse lavoratrici del Sud e dellEst del Mondo,
oggi devono attaccare in profondità anche i lavoratori occidentali. E soprattutto,
devono vincolare gli eventuali sconti (comunque rivolti ad una minoranza) alla
partecipazione attiva dei lavoratori dOccidente, come carne da cannone, alle
guerre necessarie per mantenere il saccheggio "neo-coloniale" e per schiacciare
gli sfruttati di colore che vi si oppongono in Afghanistan, Palestina, Argentina, Corea,
ecc.. È la via della "libertà duratura" di Bush, la libertà duratura del
capitale di condurre la classe lavoratrice mondiale verso il suicidio e lumanità
intera verso la barbarie. È la via che già oggi si realizza, in "piccolo", in
Palestina, con i lavoratori ebrei chiamati in armi a partecipare alla sottomissione
dei loro fratelli palestinesi e, con ciò, al tradimento dei propri stessi interessi di
classe sfruttata.
Loffensiva del governo e del padronato in Italia non è una
bufera passeggera, dettata magari dagli interessi personali del cavaliere. È la versione
italiana della ricetta imposta in tutti i paesi dai "poteri forti" industriali e
finanziari che dominano lintero globo. La si può respingere solo se si punta
non già a "governare la globalizzazione capitalistica" ma a combatterla, a
combattere un meccanismo che non funziona per i bisogni umani ma solo se produce profitto.
Se si respinge con la politica del governo anche linsieme degli interessi
borghesi che la ispirano (e che ispirano anche i partiti della "sinistra"
ufficiale).
Terzo problema. Come andare avanti?
Affidandoci ai responsi delle urne o contando solo sulla nostra auto-organizzazione?
Non è più tempo di delegare o di aspettare che, fatto lo
sciopero, qualcuno nelle trattative col governo o nel parlamento risolva i problemi per
noi. Tocca a noi prendere in mano le nostre sorti, batterci per una linea sindacale
e politica, per un partito che facciano i nostri esclusivi interessi di classe lavoratrice
mondiale, lavorare su questa linea per ricomporre il mondo del lavoro che il capitale ha
frammentato, per ritrovare quella forza che sola può permetterci di estendere ai
giovani e agli immigrati le tutele che, come larticolo 18, il padronato vorrebbe
eliminare anche per i pochi che ne "godono" oggi.
Puntare sul referendum contro leventuale sospensione
dellarticolo 18 vorrebbe dire lasciare le piazze per le urne e quindi andare nella
direzione opposta, boicottare di fatto la continuazione della lotta richiesta dalla
sfida lanciata dal governo. Già una volta, con i quattro punti di contingenza eliminati
da Craxi, ci si illuse che il referendum abrogativo potesse farci recuperare quello che
non eravamo stati in grado di difendere con la lotta e la mobilitazione di piazza: il
risultato fu che si perse il referendum e che, soprattutto, si smobilitò la lotta.
Impariamo la lezione! E impariamo anche laltra lezione che torna dattualità,
quella del 1994! Allora la mobilitazione contro Berlusconi ripose le sue speranze nella
coalizione dellUlivo e nei governi di centro-sinistra: oggi una rivincita
elettorale del centro-sinistra non potrebbe che rifare quello che già ha fatto, e
cioè attuare (seppur in modo più graduale) il programma dettato dalle borse e dal
padronato, affossare la fiducia dei lavoratori nella propria capacità di lotta e spianare
la strada a una destra ancor più radicale di quella berlusconiana.
Cè un solo modo per rispondere alla sfida lanciata dal governo Berlusconi:
mandarlo a casa sulla spinta della mobilitazione di piazza, senza farci paralizzare
dallassenza alloggi di "alternative" sul piano politico e
parlamentare! La vera alternativa siamo noi, la nostra lotta organizzata, la ripresa del
nostro protagonismo sul piano sindacale e politico.
E su questa base prepariamoci a lottare ogni altro eventuale
governo successivo!
Altro che minoranza, come dice Berlusconi! La classe lavoratrice manda
avanti tutta la società e la sua forza può essere immensa se mobilitata dietro
unorganizzazione e una linea di coerente difesa. E può attrarre a sé, proprio
sulla base di tale protagonismo, lo scontento dei ceti medi e la protesta giovanile contro
gli effetti del capitalismo globalizzato che si manifestano anche al di fuori del posto di
lavoro, nei rapporti sociali, nella vita quotidiana. Una forza che, per essere dispiegata
appieno, deve darsi un indirizzo e un raggio dazione che oltrepassino i confini
nazionali, come li oltrepassa il nostro nemico, il padronato e il governo italiani.
Quarto problema. LIntifada palestinese ci riguarda?
Per questo non si può scansare, quasi fosse cosa slegata
dallarticolo 18, il tema della solidarietà con lIntifadah palestinese, come
invece ci invitano a fare i dirigenti sindacali e della sinistra
Questo nuovo capitolo dellaggressione dello stato dIsraele
al popolo palestinese è una delle facce, la più cruda, della globalizzazione. Essa è un
tassello delloffensiva occidentale contro gli sfruttati arabo-islamici per
continuare la rapina del petrolio e del lavoro mediorientali, insieme allinvio delle
truppe occidentali in Afghanistan e allembargo allIraq. Non ci si può
difendere dalloffensiva antiproletaria del governo Berlusconi e della Confindustria
se non si lancia una lotta anche contro questaggressione al mondo islamico, che nel
suo mirino non ha altro che noi sfruttati, al di là di ogni distinzione di razza, nazione
o religione; se non sapremo sostenere incondizionatamente la resistenza delle masse
lavoratrici del mondo islamico e costruire insieme con esse un fronte comune di lotta
contro un nemico che, al fondo, è comune: il sistema capitalistico internazionale. Ecco
la solidarietà di cui hanno bisogno i fratelli palestinesi, non quella disarmante portata
da un pacifismo che si appella allEuropa e allOnu e che mette sullo stesso
piano la violenza terroristica di Sharon con la legittima resistenza messa in atto dal
popolo palestinese.
Partecipiamo in massa allo sciopero generale e continuiamo la
mobilitazione dopo il 16 aprile,
estendendo e radicalizzando la lotta per mandare a casa il governo Berlusconi!
Opponiamo alle mille varianti, di "destra" e di "sinistra", del
programma del capitale
un programma di difesa intransigente degli interessi proletari!
Lavoriamo in prima persona per far rinascere un vero partito dei lavoratori!
Per il comunismo!
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA
INTERNAZIONALISTA
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