PER UNA RISPOSTA Dl CLASSE ALLA QUESTIONE GIOVANILE
L'uso delle droghe si è diffuso in questa
fase di decadenza della società borghese, in cui i giovani e i meno giovani - in
particolare gli strati più deboli e oppressi - vedono regredire le loro condizioni
materiali di esistenza e vivono la crescente disgregazione del tessuto sociale. Essi
subiscono un bombardamento incessante di messaggi incentrati sull'arrivismo e
l'individualismo più sfrenati, sul mito del successo, su modelli di vita illusori cui si
contrappone nella realtà il degrado delle periferie urbane, la disoccupazione, l'assenza
di spazi di azione e di aggregazione vitali. Si ricorre alla droga per
"difendersi" dalla solitudine, dall'emarginazione, dalla violenza dei rapporti
sociali.
Si possono combattere con la droga le cause profonde del disagio sociale? No! Le droghe
pesanti gettano in uno stato di impotenza, di buio della coscienza dove tutto è uguale e
nulla conta tranne il bisogno di un nuovo "buco; ma anche le "canne", al di
là della volontà del singolo, spingono a dimenticare, a continuare a sopportare miserie
e insicurezze prodotte dal capitalismo.
Le droghe rendono più difficile la via della lotta e dell'organizzazione contro il
capitalismo, che è l'unico modo per affrontare realmente il malessere di cui si
soffre.
Ben diversamente al bisogno di vita "diversa" risponderebbe un movimento di
classe che sapesse parlare "per sé", facendosi carico dei propri compiti
storici. E' proprio la mancanza di un simile movimento che apre le brecce alla droga. Col
ripiegamento della lotta sono venute meno le mille occasioni di socializzazione militante
del passato: dalle sezioni di partito agli organismi di base, dalle case del popolo ai
circoli ricreativi e sportivi legati ai movimenti di opposizione.
Oggi la "battaglia" per la legalizzazione delle droghe leggere è uno degli
aspetti - non certo fra i più innocui - del più generale processo di sfaldamento
ideologico e organizzativo che ha investito la sinistra, istituzionale o meno: invece di
rispondere al bisogno di prospettive politiche globali e di organizzazione militante dei
giovani, si assumono gli stessi modelli di vita e i valori individualistici che questo
marcio sistema ci propina. Non a caso questa sinistra che ha abbandonato ogni pur minimo
richiamo ad una prospettiva di classe, che non ha neanche formalmente un programma di
trasformazione radicale di questa società - e, perciò, di reale lotta ad ogni droga -
non può che ripiegare su una strategia di "riduzione del danno", cioè di male
minore: un'ammissione di sconfitta. Una sinistra che appoggia un governo, rappresentante
degli interessi della borghesia, al punto tale da non potersi permettere di organizzare
una vera manifestazione nazionale per il lavoro, e doversi limitarsi ad un comizio
in Galleria, come Rifondazione Comunista farà questo pomeriggio qui a Napoli. In
compenso, si dimostra per lo spinello libero. Non c'è da riflettere su questa non casuale
coincidenza? Sono forse diventate queste le uniche mobilitazioni a cui veniamo chiamati?
Alcuni dicono che la liberalizzazione della cannabis è una "battaglia di
libertà". Ma è una "libertà" che non disturba le classi dominanti! Che
si basa sull'idea che il ricorso alla droga sia una scelta puramente individuale, nata
nella sfera (sacra e intangibile, naturalmente) privata, di fronte alla quale la società
deve ritrarsi e, al massimo, offrire strumenti di informazione e di sostegno terapeutico. Laisser
faire, laissez passer, recitava il manifesto liberal-borghese che giustificava il
"libero" mercato capitalistico ... Non a caso l'antiproibizionismo non è un
obiettivo specifico della sinistra, è trasversale a quasi tutte le forze politiche
italiane. Ma come si può pensare che l'autodeterminazione - o, come afferma l'arcipelago
antiproibizionista, la "padronanza nel gestire la propria vita", la
"normalità 'altra' e non obbligata", la "costruzione di una nuova qualità
della vita" ecc. - consista nel drogarsi in pace?
Diversi movimenti di liberazione di popoli e razze oppresse, al loro sorgere, hanno
cercato innanzi tutto di estirpare dalla propria comunità droga e criminalità comune con
le quali il potere sottometteva e controllava le tensioni, e si sono dati regole rigide
per riscattarsi dall'abbrutimento e dall'abbandono, condizione minima indispensabile per
acquistare la forza di lottare. Cosi è stato nell'algerina degli anni '60 .....fino alla
Nazione dell'islam che sta oggi mobilitando i neri d'America.
Noi comunisti rivoluzionari sosteniamo che battersi a favore della legalizzazione delle
droghe anche quelle leggere significa darsi un obiettivo deviato e malposto. Questa
posizione non ha niente a che vedere con il proibizionismo borghese, che l'altro giorno ha
ribadito in Parlamento la punibilità del consumo di stupefacenti, altra faccia del
lucroso giro d'affari legato alla loro produzione e spaccio, e terreno di controllo
sociale a mezzo di moralisti, magistrati e poliziotti, del tutto impotente (anzi
perfettamente connivente) a sradicare il fenomeno.
E non ha nulla a che vedere con un vago e formale "moralismo di sinistra".
Vuole, invece, richiamare alla necessità di rilanciare il protagonismo e
l'attivizzazione delle masse giovanili, all'interno di quella più generale del
proletariato, in una prospettiva reale, coerente, possibile di liberazione dal
capitalismo. La ripresa di uno stile di vita militante sarebbe, inoltre, il solo modo
di aiutare i tossicodipendenti, senza reintegrarli nel perbenismo borghese senza coscienza
né lotta, com'è nel programma delle attuali comunità di "recupero".
Occorre impegnarsi contro i tanti veleni ideologici che ci intossicano, le varie forme
-religiose e laiche- di ripiegamento egoistico su se stessi, le regole borghesi del
privilegio e del competere e sostituirvi le pratiche della lotta per una vera
socialità. Non di legalizzare o decriminalizzare droghe si tratta, ma di battersi
contro l'annichilimento, lo stordimento, la subordinazione al putrescente sistema
capitalistico, contro le cause profonde, materiali del malessere sociale. Al problema
droga deve essere data una risposta di classe. Al bisogno di droga occorre
sostituire il bisogno della propria (e altrui) liberazione dal sistema oppressivo del
capitalismo. La gioventù proletaria (e non solo) ha in sé una potenza formidabile da
mettere a disposizione delle battaglia contro la borghesia. Essa -soprattutto in un
momento così difficile per la nostra classe - non va dispersa ma organizzata e utilizzata
per una prospettiva di cambiamento sociale, per una prospettiva rivoluzionaria.
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA
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