Pubblichiamo di seguito la nostra presa di posizione a caldo sugli attentati terroristici di New York e Washington. Sappiamo ancora una volta di essere una voce fuori dal coro, che non si piega  a stracciarsi le vesti in maniera sguaiata solo perché ci troviamo di fronte a dei morti dell'Occidente, come fanno in tanti che invece riescono a digerire allegramente i morti e le aggressioni prodotti dalla nostra "civiltà",  non corriamo a genufletterci ai piedi dei valori occidentali e dei suoi cani da guardia solo perché la voce del padrone dichiara la fine della ricreazione e chiama tutti a mettersi in riga. Mai come in questo momento è necessario mantenere i nervi saldi, non rinunciare alle proprie idee e soprattutto riflettere. Riflettere sul perché si possa arrivare ad una così forte determinazione tale da mettere in gioco la propria vita: da cosa è prodotta una così radicale motivazione? Qual'è l'utilizzo che si cercherà e già si cerca di fare della forte emozione ed indignazione prodotta da tante morti?  
Come tante altre volte ci diranno che stiamo dalla parte del "colpevole" di turno da Saddam, a Milosevic, a Gheddafi: stavolta saremo accusati di essere gli sponsor di Bin Laden o di chi altro si cercherà di mettere nel mirino della nuova aggressione che si va preparando?  Ma noi continuiamo a mantenere le nostre posizioni convinti che i nostri lettori siano in grado di capire "da che parte stiamo" effettivamente e cioè incondizionatamente a fianco delle ragioni e della lotta delle masse oppresse, irriducibilmente contro il superterrorismo esercitato dai governi e dagli eserciti occidentale per mantenere ed estendere il dominio imperialista
Per chi sia interessato a capire più a fondo le ragioni della nostra posizione, che poi sono quelle del comunismo rivoluzionario di sempre, l'invito è quello di sfogliare tra i numeri precedenti del nostro giornale presenti su questo sito ed in particolare gli articoli premonitori comparsi nei nn. 47 e 48 del che fare, a ridosso della precedente azione di terrorismo internazionale condotta dagli USA in Sudan e in Afganistan. 
Infine ai pacifisti nostrani e ai presunti comunisti da operetta che si cagano letteralmente addosso e rinunciano persino a quel tanto di opera di flebile denuncia esercitata in precedenza, segnaliamo la coerenza dei pacifisti statunitensi dell'International Action Center che dal centro di New York prendono una ferma presa di posizione (da noi tradotta in italiano) contro quanto si va preparando da parte dei governi occidentali. 


AL NOSTRO POSTO!

DALLA PARTE DELLE MASSE LAVORATRICI ED OPPRESSE ARABE ISLAMICHE 

È un atto di guerra, ha detto Bush, riferendosi all’attacco suicida negli USA. Sì, è vero. La guerra però non è iniziata l'11 settembre. È stata scatenata ben prima dall'Occidente cristiano, con il saccheggio e la vivisezione compiuti ai danni del mondo arabo e islamico (e di tutti i continenti di colore).

La carneficina in Iraq, gli embarghi assassini sanciti dall'Onu e dalla legalità internazionale (un milione e mezzo di morti solo in Iraq!), lo schiacciamento del popolo palestinese da parte del baluardo occidentale nell'area (cioè Israele), le guerre per procura alimentate in Africa per il controllo dei suoi scrigni minerarii sono solo alcuni dei capitoli di questa terroristica aggressione del pacifico e civile Occidente contro i popoli mediorientali e di colore. Aggressione che accompagna e olia i cannoni del saccheggio finanziario quando occorre schiacciare la ribellione suscitata dalla rapina imperialista del petrolio e della manodopera locale.

L'attacco alle Torri e al Pentagono viene sentito dalle masse oppresse arabo-islamiche e di tutto il Terzo Mondo come un atto di legittima resistenza, come un piccolo risarcimento per la rapina e l’oppressione di cui sono quotidianamente vittime da parte delle “civili” potenze occidentali; per le continue aggressioni terroristiche militari condotte dagli eserciti di queste stesse potenze dietro le ipocrite insegne della “pace” e dell’”umanitarismo”.

E’ proprio questa, oramai plurisecolare, azione di saccheggio, di sfruttamento e di aggressioni condotte con armi micidiali ed efficientissime (ricordiamoci del Napalm, delle bombe al fosforo, dei “missili intelligenti”, delle bombe all’uranio ed altre delizie della tecnologia del civile occidente usate nelle missioni più recenti), a spingere verso forme di lotta estreme settori crescenti delle masse sfruttate del Terzo Mondo a cui non rimane altro modo per esprimere la loro ribellione al micidiale schiacciamento e terrorismo cui sono sottoposti.

Quindi, ammesso che si trattasse di trovare le cause che producono una diffusione crescente del terrorismo, queste vanno ricercate proprio nelle azioni politiche economiche e militari messe in atto dalle potenze imperialiste occidentali. Perché il terrorismo degli stati suscita inevitabilmente il terrorismo dei popoli.

La ferocia con cui lo Stato di Israele attua la politica di repressione contro i palestinesi, in nome e per conto di tutto l’occidente imperialista, dimostra che essa non fa che aumentare la disperazione e la determinazione dei palestinesi e fa crescere le leve di giovani votati al martirio che non vedono alternative credibili al loro destino di stranieri e prigionieri nella loro patria.

Tra le popolazioni ed il proletariato dell’Occidente l’azione terroristica negli Usa provoca all’immediato sgomento, orrore, paura, sentimenti comprensibilissimi poiché scoprono improvvisamente di potersi trovare in prima linea in una guerra che non si osserva più comodamente come una fiction dalle TV di casa propria all’ora di cena, ma che può entrare realmente dentro casa nostra, dentro i nostri posti di lavoro.

La reazione spontanea è quella di “chiamarsi fuori”, di dire a se stessi “io non c’entro”, e magari, di chiedere ai propri governi una maggiore e più efficace opera di prevenzione e repressione del fenomeno terroristico, per tenerlo lontano dalle nostre “civili società”.

Ma ciò sarebbe doppiamente sbagliato, innanzitutto perché proprio l’azione condotta negli Usa dimostra l’inefficacia dell’azione poliziesca a prevenire tutte le azioni condotte con simili forme di lotta, e secondo perché si fornirebbe in questo modo l’alibi ed il consenso ai governi occidentali per accentuare la loro politica di aggressione verso le masse oppresse di tutto il mondo con la scusa di voler colpire il terrorismo internazionale.

La conseguenza di tale politica sarebbe appunto quella di aumentare le ragioni di odio e di ribellione contro tutto l’Occidente, della disperazione per la sproporzione delle armi in campo e per il senso di isolamento di quelle lotte, e, quindi in una crescita del terrorismo a scala ancora più vasta.

Si tratta invece di prendere atto definitivamente che non possiamo continuare a far finta di non capire, o, peggio ancora, manifestare il nostro consenso verso l’azione di rapina, di sfruttamento di risorse umane e materiali, di terrorismo, che è tale anche se condotto da “eserciti regolari” del democratico Occidente in nome di un fantomatico diritto internazionale, cioè del diritto del più forte del più armato a colpire e sfruttare il più debole.

Non possiamo continuare a girare la faccia da un’altra parte quando l’azione di macello terroristico viene esercitata dalla Nato o dall’Onu contro i popoli del Terzo Mondo e poi sorprenderci, inorridire, esecrare solo quando qualche schizzo di sangue (che è la millesima parte di quello provocato dalla “nostra civiltà”) ci tocca da vicino.

Fino a quando dalle metropoli occidentali non si leverà lo stesso grido di battaglia contro quelle macchine di violenza e di terrore che sono gli stati terroristi occidentali, contro il capitale imperialista per la sua azione di saccheggio e sfruttamento, le masse oppresse dei paesi poveri continueranno a ritenere di trovarsi di fronte un mondo occidentale omogeneo ed unito in tutte le sue classi sociali. Da ciò si può solo rafforzare la convinzione che la ritorsione terroristica, anche indistinta nei suoi obiettivi, è l’unica arma rimasta ai popoli oppressi dall’imperialismo per manifestare la propria ribellione.

E’ necessario, è urgente invece che il proletariato occidentale separi in maniera aperta e conflittuale le sue responsabilità dai propri stati, e dalla classe borghese che è la principale beneficiaria della politica di rapina e di aggressione verso i popoli del Terzo Mondo.

Quella classe borghese che in nome del mercato e del Dio profitto (…a proposito di fondamentalismo) non esita oramai ad attaccare progressivamente anche quelle “garanzie” che il proletariato occidentale si era conquistato in anni di dure lotte, che si erano potute avvantaggiare delle conseguenze della parallela crescita della lotta antimperialista nei paesi oppressi.

Sono questi Stati, sono i rappresentanti del capitale finanziario e dei partiti politici borghesi, che mentre ci attaccano da tutti i lati, ci chiedono di esprimere la nostra solidarietà il nostro sostegno nella lotta contro il terrorismo internazionale. Il messaggio, nemmeno tanto nascosto, che ci viene inviato è quello di formare una “unione sacra” dell’Occidente per continuare a schiacciare meglio e sfruttare ancora più intensamente i popoli oppressi, promettendoci qualche briciola in cambio da questa opera di rapina, o almeno, di rallentare l’attacco nei nostri confronti.

E’ un invito che va rispedito al mittente perché “un popolo che opprime un altro popolo non sarà mai libero”. Del resto, anche se volessimo farci tentare da questo dannato patto scellerato sarebbe come fornire la corda al boia che vuole impiccarci. Risulta evidente infatti che le difficoltà del capitalismo a scala mondiale, nonostante l’incredibile aumento dell’opera di rapina nei confronti del Terzo Mondo di questi ultimi anni, sono in notevole aumento e spingono la borghesia occidentale ad attaccare sempre di più il proprio proletariato. Quindi un sostegno da parte della classe lavoratrice alla politica imperialista della propria borghesia, al crescente militarismo e autoritarismo che inevitabilmente l’accompagnano, significa fornire ulteriori strumenti e forza a quest’ultima per portare avanti l’attacco contro se stessi.

Sta a noi invece, tirare fuori dalle secche del terrorismo, costituzionalmente inadeguato a condurre una lotta conseguente in grado di aggredire alle radici il potere e le cause del dominio capitalistico, le sterminate masse oppresse che ne sono attratte per mancanza di alternative e di interlocutori credibili.

Sta a noi trasformare quell’enorme potenziale di lotta che si manifesta nei popoli oppressi dall’imperialismo in una componente decisiva dell’unico esercito mondiale in lotta contro la disumana ed incivile società capitalistica in grado di produrre solo violenza, sfruttamento e alienazione a tutti i livelli per mantenere in vita un oramai antistorico e antisociale sistema fondato sulla produzione per il profitto a discapito della stragrande maggioranza dell’umanità.

Per fare ciò dobbiamo combattere contro il tentativo degli stati occidentali di utilizzare la presunta lotta al terrorismo come arma per nuove aggressioni, dobbiamo soprattutto riconoscere le ragioni di quelle sterminate masse in lotta per la liberazione dall’imperialismo.

Nessuna solidarietà a chi ci chiede di schierarci dietro le insegne degli stati oppressori e terroristici dell’occidente, ma appello all’unità fraterna e classista internazionale di tutte le masse dominate dal capitalismo globalizzato. Contrastiamo da subito il veleno razzista che si cercherà di diffondere contro gli islamici (dipinti come invasati per definizione) e contro l’ulteriore giro di vite che si cercherà di dare alla condizione di tutti gli immigrati, approfittando delle campagne antiterrorismo.

Lo possiamo fare lo dobbiamo fare, perché non abbiamo che da perdere le nostre catene di schiavi, relativamente privilegiati del capitalismo, ma abbiamo la possibilità di superare la barbarie in cui lo sfruttamento capitalistico ci sta precipitando e di conquistarci un mondo nuovo a misura della specie umana arrivata a questo livello di sviluppo.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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