CONTRO IL RICATTO DELL’ALITALIA

ORGANIZZARE LA LOTTA

 

Oltre 4.000 “esuberi”, sostanziosi peggioramenti dei contratti di lavoro, divisione della compagnia e dei lavoratori in due società distinte. Il ricatto dei vertici Alitalia -e dell’intero fronte padronale, governativo e istituzionale- suona così: “se non accettate questo piano la compagnia sarà commissariata o fallirà e sarete stati voi lavoratori i responsabili del fallimento”. I sindacati vengono chiamati a sottoscrivere “gli accordi” senza che le controparti abbiano neanche chiarito aspetti importanti per i lavoratori, pressati a dire sì a tamburo battente, a scatola chiusa, senza sognarsi di ricorrere alla lotta e anzi aspettando pazientemente il proprio turno per “trattare” la ricaduta di così pesanti condizioni ciascuno per proprio conto, prima  i piloti, poi il personale viaggiante, poi quello di terra, etc.. Prima si deve dire sì alla riscrittura -in peggio- dei contratti, poi il governo deciderà se concedere il cosiddetto “prestito-ponte” e chiarirà cosa intende fare delle migliaia di “esuberi”.

 

Quel che accade ai lavoratori Alitalia

è già successo ai lavoratori di molte compagnie.

 

Nel settore iper-globalizzato del trasporto aereo le “protezioni nazionali” cadono. Ora i padroni Alitalia sventolano i conti in rosso dell’azienda e l’inevitabilità dei tagli. I lavoratori si scontrano non tanto con la cattiveria di un singolo padrone, quanto con un intero sistema che concepisce e finalizza l’organizzazione del trasporto aereo, così come di ogni altra funzione sociale, non già per le effettive necessità di spostamento delle persone e delle cose nell’ambito di una fattiva organizzazione mondiale che soddisfi i bisogni della comunità umana, sì invece mettendo al primo posto i profitti, da lucrare a vantaggio di alcuni, e condannando immancabilmente il lavoro e la sicurezza del volo.

Dicono che è il mercato a imporre la “cura”. E’ vero. Ma il mercato non è una “divinità” da accettare come viene e alla quale inevitabilmente sottomettersi, come vorrebbero farci credere. Dietro e sul  “mercato” ci sono le classi e gli stati che lo dominano a vantaggio dei profitti e contro il lavoro. Ci sono gli interessi del tutto particolari -altro che interessi “aziendali”, “generali”, “nazionali”!- di un intera classe di sfruttatori, dei circoli della finanza e dell’industria che hanno voce in capitolo in tutti gli affari di “cosa loro” a danno nostro (e l’andamento dei titoli Alitalia dopo la firma degli accordi sta lì a dimostrarlo), delle lobbies di potere, dei consigli di amministrazione delle multinazionali, dei governi e degli stati posti a loro difesa e preservazione.

 

Contro questa rete mondiale di interessi è possibile organizzarsi e difendersi.

 

Purché lo si faccia, o si inizi a farlo, alla corrispondente scala di unificazione e concentrazione delle forze dei lavoratori e degli sfruttati. I padroni hanno oggi una forza enorme contro i lavoratori. Ed è ben chiara la difficoltà dei lavoratori dell’Alitalia, posti di fronte al ricatto estremo: “se lottate, si chiude”. Questa difficoltà è parte della difficoltà generale del movimento dei lavoratori in Italia e in tutto l’Occidente; è parte delle difficoltà ben più gravi che “il mercato” scarica sui lavoratori dei paesi dominati e saccheggiati dalle “nostre” democrazie, quelle stesse che, mentre presentano conti molto salati ai lavoratori di qui, intanto rapinano e aggrediscono i paesi più poveri, dai Balcani all’Iraq.

Per poterci difendere efficacemente bisogna smetterla di contare sulle false illusioni. Quante volte ci si è illusi che la “collocazione strategica” del “nostro” settore ci avrebbe riparato dalle botte più brutte, che intanto colpivano l’insieme della nostra classe e le più giovani generazioni? Che ci si poteva aspettare un intervento di questo o quell’altro pezzo delle istituzioni a tutela della “compagnia nazionale” e delegare alle rappresentanze sindacali la trattativa per facili accomodamenti percepiti nell’ordine delle cose? E perché si continuano ad accreditare nella compagine di governo e nelle istituzioni locali presunte “colombe” che fanno mostra di prendere in carico “le pesanti ricadute sul territorio degli esuberi annunciati”? Non permettiamo che questi tromboni sfiatati facciano campagna sulle nostre spalle, mentre quello che riescono a veicolare, se presi sul serio, è soltanto sfiducia nella iniziativa autonoma dei lavoratori, oltre che l’attizzamento di contrapposizioni territoriali in un passaggio difficile che deve invece vedere uniti i lavoratori. Né serve a molto proporre noi lavoratori soluzioni e piani più ingegnosi per recuperare produttività. Ogni “cura risanatrice” prepara altre cure ancora peggiori, come già si paventa per i lavoratori di terra di Az Service. In questo modo non si lavora a costruire alcun argine contro una ristrutturazione che si annuncia appena agli inizi.

 

L’unica difesa è data dalla quantità e dalla qualità dell’organizzazione e della lotta che i lavoratori riescono a mettere in campo e far pesare.

 

E’ in questa direzione che dobbiamo lavorare, per rompere l’attuale clima di arretramento, per superare lo sbigottimento e la sfiducia. La ripresa della mobilitazione e della lotta è imprescindibile in quanto passaggio e punto d’arrivo di un percorso di organizzazione della forza dei lavoratori. 5.000 esuberi all’Alitalia sono un fatto enorme, che avrà ricadute pesanti ben oltre Alitalia. Si parla di decine di migliaia di lavoratori dell’indotto che ne verrebbero colpiti a cascata, anche in quelle società che sono il frutto delle precedenti esternalizzazioni di Alitalia e delle società aeroportuali: a questi lavoratori -in gran parte precari-, come anche ai 2.000 precari Alitalia della cui sorte nessuno parla, dobbiamo rivolgerci per prendere in carico le loro istanze, assumerle e unificarle alle nostre rivendicazioni. Ci sono legami da intessere tra i lavoratori di Roma e Milano, per impedire che i leghisti istituzionali di lì e di qui mettano gli uni contro gli altri. Ci sono i lavoratori delle cosiddette compagnie low cost da contattare, per iniziare a strappare dalle mani dei padroni l’arma che attualmente brandiscono contro altri lavoratori. Insomma, occorre rompere l’isolamento dei singoli lavoratori oggi attaccati che si rivolgono a inesistenti sponde istituzionali, per concentrare invece tutte le energie verso l’insieme dei lavoratori, a partire dai tantissimi che ci sono vicini e che vengono coinvolti da questo attacco; per poter mettere in campo e far pesare, in Alitalia, negli aeroporti e nell’intera società, la forza unificata e organizzata della nostra classe; per contrastare le molte linee di divisione che altri stanno veicolando; per fare in modo che la nostra forza possa contare e pesare socialmente in tutti i modi che si rendono necessari. In tal senso l’insegnamento dei lavoratori di Melfi è utile nell’intreccio forte che essi hanno potuto e saputo intessere con le decine di migliaia di lavoratori dell’indotto, mettendo in campo un blocco sociale che il padronato non ha potuto dividere e battere. Allo stesso modo è necessario rivolgersi ai lavoratori delle compagnie degli altri paesi e gettare le basi di una comune organizzazione di difesa. Da un attacco di questa portata, infatti, non ci si può difendere compagnia per compagnia, quando i problemi sono comuni ai lavoratori del trasporto aereo di tutto il mondo.

 

Occorre insomma organizzare il nostro fronte.

 

E per poterlo fare è necessario assumere la denuncia a 360 gradi delle politiche dei “nostri” governi, a cominciare da quelle “riforme del mercato del lavoro”, di centro-destra e di centro-sinistra, che penalizzano le giovani generazioni e costituiscono la base di attacco all’insieme della nostra classe senza isole di riparo per nessuno. E’ necessario respingere le campagne che puntano ad accarrozzare i lavoratori al carro delle “nostre” aziende, dei “nostri” governi e delle politiche che essi conducono dentro e fuori i confini nazionali, perché la portata degli attacchi che ci colpiscono può essere arginata solo se, abbandonata ogni mal riposta fiducia nelle istituzioni…del capitale, iniziamo a vedere e organizzare i lavoratori e gli sfruttati come una forza unitaria che comincia a riconoscere, collegare e unire le sue -ora sparse- membra oltre e contro ogni barriera aziendale, contrattuale, territoriale, nazionale, razziale.

 

Certo questa via non è né facile, né di immediato risultato. Ma iniziare a intraprenderla oggi è la migliore ed unica garanzia per potersi difendere dall’attacco in corso e da quelli futuri.

 

20 settembre 2004

 

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

 

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