SCANDALO PARMALAT E
LAVORATORI DEL TRASPORTO IN LOTTA:
CHI SONO I VERI PARASSITI?
In questi giorni televisione e giornali riferiscono quotidianamente dello scandalo del gruppo multinazionale italiano Parmalat.
Di che si tratta? I bilanci delle società sono falsi e la contabilità truccata ha coperto finora un indebitamento stratosferico. Adesso le società del gruppo e dell’indotto, con le migliaia di lavoratori che vi operano, rischiano il fallimento.
Come e perché si è arrivati a questa situazione? Come e perché si è accumulato un debito da 50 mila miliardi di vecchie lire, equivalente all’importo di una legge finanziaria da stangata? I giornali raccontano che proprietà e dirigenza, non contenti di lucrare profitti sulla pelle dei 36.000 lavoratori del gruppo e di quelli dell’indotto, hanno pensato bene di svuotare sistematicamente le casse delle società per portare i soldi in conti personali nascosti chissà dove. La seconda cosa che emerge -e fa tutt’uno con la prima- è che questi signori puntavano a decuplicare i profitti con le speculazioni finanziarie e di borsa. La terza, poi, è che la Parmalat, per fare tutto ciò, si è avvalsa del sostegno attivo di una rete mondiale di interessi, delle protezioni del mondo politico, degli “organi di controllo”, delle associazioni imprenditoriali, delle istituzioni statuali. In particolare le banche -italiane e non- hanno continuato a concedere crediti a Parmalat, a piazzarne sul mercato le obbligazioni, a presentare positivamente il gruppo ai piccoli risparmiatori. Quelle stesse banche che ora si chiamano fuori dalle responsabilità e che, al momento opportuno, presenteranno il conto ai lavoratori, ai risparmiatori, all’intera collettività sulla quale -grazie ancora ai servigi dello Stato- scaricheranno i costi di questa maxi-rapina.
Un sistema di ladrocinio legalizzato consente ai padroni di appropriarsi dell’intera ricchezza sociale prodotta dal nostro lavoro. Sfruttano il lavoro e lo pagano una miseria, hanno accesso illimitato al credito e all’occorrenza lo accollano per intero alla collettività, hanno a disposizione i fondi dei lavoratori per il trattamento di fine rapporto, ingoiano i risparmi di chi viene convinto dalle banche a investire, rastrellano i contributi accantonati dai lavoratori nei fondi pensione dopo che è stata e viene costantemente smantellata la previdenza generale. E soprattutto partecipano e si dividono il bottino della gigantesca rapina -con tanto di guerre “per ristabilire la democrazia”- ai danni delle popolazioni del sud e dell’est del mondo. Poi una volta che questo bottino è nelle loro mani, possono distrarlo come vogliono e investirlo nella speculazione. E quando il gioco salta, cavalieri e capitani d’industria cascano in piedi: si sono appropriati di fortune ingenti, ma i costi delle ruberie verranno “responsabilmente” scaricati dallo Stato, dalle autorità e dalle banche sull’intera collettività che lavora e produce. Per la scarcerazione di Tanzi già si invocano l’età avanzata e il precario stato di salute: intanto ci sono migliaia di lavoratori -in Italia e non solo- che ballano sulla corda, c’è più di un fondo pensioni americano (come quello dei falegnami dell’Alaska) che hanno investito i contributi dei lavoratori in obbligazioni del gruppo e vedono sfumare le pensioni, ci sono tantissimi risparmiatori che si ritrovano con le mosche in mano.
E cosa dicono commentatori e giornalisti? Tutti mostrano sorpresa e disappunto. Dicono che si tratta di un caso isolato - al più di una “stranezza” italiana - e si sbracciano per mettere in campo presunte soluzioni che dovrebbero ristabilire la “fiducia nei mercati”. Mentono, perché sanno benissimo che si tratta, invece, della punta di emersione di un sistema che nella vicenda Parmalat vede la regola e non l’eccezione; anche se di questa regola confidano di poter evitare in futuro esiti così disastrosi. In realtà è il capitalismo come sistema (italiano e mondiale) a risucchiare a vantaggio di una ristretta classe di parassiti l’intera ricchezza sociale, quella prodotta dai lavoratori occidentali e quella saccheggiata a danno dei popoli oppressi del sud del mondo contro i quali la rapina è dieci volte più rapace e sanguinaria. Non dice niente che i crac Cirio e Parmalat sono stati anticipati da quelli delle americane Enron e Worldcom, della francese Vivendi e della tedesca Mobilcom? E ancora dallo scandalo del sistema piramidale delle finanziarie albanesi e dalla bancarotta del sistema argentino pilotata dai centri della finanza mondiale? Non dice niente che il governo Berlusconi ha depenalizzato il falso in bilancio che non è più un reato, mentre la riforma del diritto societario (già elaborata dai precedenti governi) è tutta all’insegna della maggiore libertà delle società e della riduzione dei controlli?
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Intanto sull’altra colonna delle prime pagine degli stessi giornali si legge - finalmente ! - della sacrosanta lotta dei lavoratori ferrotranvieri. Ai padroni, con il codazzo di banchieri, burocrati di Stato e ministri, è consentito di sgraffignare miliardi a decine di migliaia. Ai lavoratori che vivono con salari da 900/1.000 euro al mese vengono negati 25 euro di adeguamento salariale di fronte al carovita galoppante.
Le aziende del trasporto urbano hanno negato per due anni questo adeguamento automatico già contrattato e dovuto. E i vertici di Cgil-Cisl-Uil, dopo otto scioperi “nel rispetto delle regole” e l’inizio delle prime proteste ad oltranza, hanno sottoscritto un’intesa -in nome dei cosiddetti interessi del “sistema paese”- che prevede 81 euro a fronte dei 106 dovuti. Tutto questo in un contesto in cui aumenta la pressione sui lavoratori con l’aumento dei carichi di lavoro, la richiesta di riduzione delle pause, il ricatto della precarietà.
Ma qui quasi tutti i mezzi d’informazione -tra questi anche Il riformista di area DS- non hanno avuto tentennamenti sui commenti da fare e si sono scagliati con violenza contro la sacrosanta lotta dei tranvieri. Nessuno di costoro si è sognato di sbraitare contro Tanzi e soci dandogli i titoli che meritano. No. Privilegiati e parassiti sarebbero i lavoratori, perché con le loro lotte rivendicano efficacemente la difesa dei propri interessi. Nessuno di costoro si è sognato di dare voce e argomenti alla rabbia sociale contro il sistema di rapina che rende possibile e alimenta gli “scandali” alla Parmalat. No: qui si tratta di chiudere subito il caso e andare avanti … verso altre Parmalat, senza che si mettano in moto e si organizzino sentimenti ed energie per farla finita con il vero parassitismo di questo sistema. Al contrario ogni argomento è buono per tentare di colpire e isolare la lotta dei tranvieri, di mettergli contro l’intera popolazione e gli altri lavoratori, di divederla al proprio interno e frammentarla per linee locali, di attizzargli contro l’azione repressiva del governo e della magistratura.
E invece la lotta dei tranvieri è la lotta di tutti i lavoratori, attaccati dal carovita, da condizioni lavorative sempre più difficili, da nuovi giri di vite sulle pensioni, dai tagli alle spese sociali. E’ anche la lotta dei tantissimi lavoratori ricattati con le mille forme di precariato volute dai padroni e introdotte dai governi di centrodestra e di centrosinistra per dividere e contrapporre i lavoratori tra loro e poter peggiorare le condizioni di tutti. Noi dobbiamo respingere questa complessiva campagna d’odio contro i lavoratori, dare appoggio e partecipazione totale alla lotta dei tranvieri -e di ogni altro settore- e fare tesoro delle lezioni generali che ci vengono dalla determinazione che essi stanno dimostrando.
Per discutere di tutto questo, per organizzare la solidarietà militante ai lavoratori in lotta, per coordinare e rilanciare la mobilitazione generale di tutti i lavoratori, delle donne, dei giovani, degli immigrati, per organizzare la denuncia e la lotta politica contro il sistema del ladrocinio generalizzato sulle spalle dei lavoratori vi invitiamo a venirci a trovare nelle nostre sedi o di scriverci alla nostra casella.
14 gennaio 2004
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