Le mobilitazioni contro il vertice del Forum Economico Mondiale sono un passaggio importante della lotta del movimento contro la "nuova guerra". Tanto più importante perché dal centro imperialista più forte del mondo lancia un messaggio alla massa dei lavoratori delle metropoli, oggi posti di fronte ad un’offensiva capitalistica durissima contro le condizioni di vita e di lavoro, sempre più precarie e opprimenti: non possiamo difenderci dalle corporations e dai loro governi senza batterci contro le guerre scatenate per gli interessi del profitto nei quattro angoli del mondo. Ed è un messaggio importantissimo rivolto anche agli oppressi del Sud: qui in occidente non abitano solo i vampiri della finanza e i criminali della guerra, ma c’è una classe che può battersi contro di essi.
Noi militanti dell’Organizzazione Comunista Internazionalista appoggiamo con entusiasmo questa iniziativa. Siamo qui perché convinti che le lotte hanno bisogno di andare oltre i confini nazionali. Per batterci contro la classe sfruttatrice mondiale, con i suoi super-stati, le sue istituzioni finanziarie e le sue armate, è infatti indispensabile lavorare a costruire l’unità internazionale del proletariato e delle masse oppresse del sud del mondo.
È già da qualche anno che negli Usa si è sviluppata una reazione nuova e vivace: ripresa delle lotte e dell’organizzazione dei lavoratori, movimento delle donne contro la povertà e la violenza, degli studenti e contro le sweat shops, attivismo delle comunità afro-americane e dei latinos. Questa riattivizzazione non a caso ha avuto come protagonisti immigrati e afro-americani. Anche per questa via si è fatta sentire la spinta delle masse del Sud in lotta che si è ritrasmessa agli sfruttati delle metropoli, fino al movimento di Seattle e di Genova. Il Patriot Act, il "racial profiling" (così come le recenti leggi antiterrorismo e anti-immigrati in Europa) e le violente campagne nazionalistiche anti-islamiche puntano a bloccare questa riattivizzazione, a impedire che lavoratori "bianchi" e immigrati, proletari occidentali e masse sfruttate del sud, donne del nord e del sud, le diverse comunità, arrivino a costruire un terreno comune di lotta.
Nelle periferie, infatti, l’odio provocato dalla lunga catena di massacri "umanitari" -Irak, Jugoslavia…- e dai "piani di risanamento" del Fmi (Argentina, Turchia…) inizia a trasformarsi in lotta. Gli imperialisti cercavano vittime disposte a piegare la testa, hanno trovato masse di diseredati che vogliono lottare. E’ questo, per loro, il vero "terrorismo" da punire. Oggi tocca, nuovamente, alle masse arabo-islamiche per la loro determinazione (un esempio su tutti: il popolo palestinese!). Per questo vengono aggredite e colpite, e l’islam additato come il "nemico". Come se si trattasse di una "guerra di religione" e non, come è, della resistenza di masse sterminate di diseredati che, come possono, portano avanti i loro bisogni di emancipazione.
Quello che esse ci lanciano (dal Medio Oriente, dall’Argentina, da Durban, dalla Porto Alegre delle masse, e non dei politicanti) è un appello che qui dobbiamo raccogliere, dando a queste lotte il nostro sostegno incondizionato (al di là delle loro attuali, fallimentari direzioni e programmi) perché sono espressione dell’indomabile resistenza antimperialista delle masse. Intrecciamo con questi nostri fratelli e sorelle di classe lotte e organizzazione contro il sistema unitario e mondiale che opprime l’umanità lavoratrice lì e qui. Lavoriamo perché da questa azione e da questo intreccio emerga la prospettiva di una battaglia internazionalista e anticapitalista. Mai come oggi questa battaglia è necessaria, mai come oggi è lo stesso capitalismo globalizzato a porre le basi per la riunificazione internazionale del fronte degli sfruttati.
Quanto sta avvenendo, dalla guerra al disastro argentino, fino alla recessione (con migliaia di licenziamenti) e ai sintomi di disgregazione sociale in occidente sono i segnali – certo ancora sparsi – della crisi del sistema basato sul profitto e sullo sfruttamento di classe, di nazione e di genere. La nostra lotta è quindi chiamata ad affrontare la questione centrale che riguarda l’intero mondo: su cosa deve basarsi la società, sugli interessi del profitto e della rendita che rapinano miliardi di uomini o su quelli dell’umanità che lavora e che non ha bisogno della competizione, ma della cooperazione mondiale? E’ un nodo ineludibile: per poter dare a fondo la battaglia contro la guerra e contro l’offensiva capitalistica ai lavoratori dobbiamo non solo darle un respiro internazionale, ma saper risalire dalla denuncia degli effetti alle radici del sistema. E’ necessaria una prospettiva antagonista globale alla realtà del mercato, con le sue crisi e guerre sempre più devastanti, per rompere con il capitalismo e organizzare una società che risponda ai bisogni dell’uomo, il comunismo. E’ quanto emerge dalla sollevazione argentina: per rompere la spirale di crisi e miseria i lavoratori devono spezzare i tentacoli che emanano direttamente dai centri della finanza e della politica mondiale; ciò che, al di là dell’attuale loro coscienza, richiama non un’impossibile riforma del sistema esistente, ma la necessità di un’altra organizzazione sociale (che non può essere ristretta ai confini nazionali). Portare avanti questa battaglia significa per il proletariato affrontare l’irrinunciabile terreno della lotta politica, la questione del potere della società, dunque la necessità di lavorare per costruire un partito internazionale di classe che porti avanti coerentemente la battaglia contro un sistema che riversa disastri e morte sui lavoratori e sull’intera umanità. A questo lavoro ci sentiamo impegnati per portarlo avanti con quanti già ora ne avvertono la necessità, non al di fuori delle mobilitazioni ma per essere coerenti fino in fondo in esse.