La ferrea e quotidiana repressione militare israeliana e le false promesse di "accordi di pace" capestro non hanno potuto e non possono fermare la lotta delle masse palestinesi che, di fronte alla crescente miseria, al crescente sfruttamento ed alla continua oppressione sociale e nazionale a cui sono costrette dallo Stato di Israele e da tutto lordine imperialista occidentale, sono in questi giorni scese in campo con rinnovato e rafforzato vigore.
Nonostante la brutalità della reazione israeliana (che ha provocato decine e decine di morti) la rivolta si è estesa e radicalizzata non restando più "limitata" ai palestinesi dei territori occupati, ma coinvolgendo direttamente anche la popolazione "arabo-israeliana"; cioè quello strato di popolazione non ebrea che vive dentro i confini ufficiali di Israele e a cui Tel Aviv ha negli anni concesso alcuni diritti richiedendone (e, fino a ieri, ricevendone) in cambio una sostanziale passività e neutralità.
La determinazione e lestensione della battaglia ingaggiata dalle masse palestinesi, la scesa in campo al loro fianco degli sfruttati "arabo-israeliano" e la constatazione della sostanziale inefficacia della (pur durissima) repressione militare israeliana nel fiaccare la lotta, preoccupano enormemente le cancellerie ed i governi occidentali.
Pochi mesi fa le "invincibili" truppe israeliane, da sempre armate ed appoggiate da tutto limperialismo, subivano una pesante disfatta dovendo abbandonare, sotto la pressione delle masse libanesi, i territori della cosiddetta "fascia di sicurezza" da lunghi anni occupati militarmente.
Adesso gli USA e lEuropa (con lItalia bene in vista) temono come la peste che la ribellione palestinese - con la sua unità dazione nella lotta e per la lotta con la popolazione lavoratrice "arabo-israeliana" - possa infliggere un nuovo e potente colpo a quellautentico bastione del dominio imperialista in Medio Oriente che è lo Stato dIsraele e che, allo stesso tempo, possa fungere da esempio e dare nuova linfa alle sterminate masse di tutto il Sud del mondo nella loro mai doma lotta contro la fame e loppressione imposte dalle belve imperialiste di "casa nostra".
Le masse palestinesi stanno sperimentando come la "loro" questione nazionale sia sempre più indissolubilmente intrecciata con la questione sociale di tutta la regione. Stanno verificando come essa non sia risolvibile se non sulla base di una mobilitazione generale degli sfruttati dellarea che, nella indispensabile battaglia contro limperialismo e contro Israele, inizi pure a fare i conti con le sempre più compromesse e bancarottiere direzioni nazional-borghesi arabe. La possibilità che un Arafat venga superato in avanti di slancio, e che per tal via la mobilitazione anti-imperialista acquisisca maggior radicalità e maggior capacità di unificazione degli oppressi della regione, è ulteriore motivo che turba profondamente i sonni delloccidente.
Le mediazioni "per la pace" del segretario di stato USA (la iena Madeleine Albright le cui mani grondano del sangue del popolo irakeno e jugoslavo), linvito dellUnione Europea a dar vita ad una "commissione dinchiesta" mista per accertare le responsabilità delle stragi, i velati (e sommamente ipocriti) "distinguo" italiani ed europei (cioè degli altri macellai della Jugoslavia) verso Israele per "leccesso di durezza repressiva" e le altrettanto ipocrite critiche del ministro Dini per le "provocazioni israeliane" (accompagnate "ovviamente" dalla ferma condanna per la "eccessiva" reazione palestinese), mirano solo ed esclusivamente ad affiancare lazione militare diretta del governo di Tel Aviv con la non meno assassina azione diplomatica occidentale in ununitaria azione concertata per tentare di chiudere in un recinto, isolare, contenere e soffocare linsorgenza palestinese.
La rivolta delle masse palestinesi dice chiaro e tondo che la "pace" dellimperialismo e di Israele, che la "pace" dellONU e della NATO, che la "pace" degli "umanitari" aguzzini del popolo jugoslavo ed irakeno, che questa "pace" è solo ed esclusivamente la "pace" dei negrieri del capitalismo internazionale. Che questa "pace" - che sugli oppressi del Sud del mondo scarica bombe, miseria ed oppressione - da essi non è più né tollerabile né tollerata. Che contro la "pace" e lordine della finanza mondiale, degli Stati e delle armate occidentali è necessario e possibile scendere in guerra.
E ci dice anche che tutte le chiacchiere tanto care alla sinistra nostrana - su un ONU riformato e su un nuovo e "positivo" ruolo dellEuropa e dellItalia, sono solo frottole che servono unicamente per tentare la meschina operazione di verniciare di "diversità" un imperialismo (quello europeo ed italiano) che in quanto ad appetiti è in tutto e per tutto simile al capobanda americano.
I lavoratori, i proletari occidentali devono accogliere ed appoggiare con entusiasmo la splendida lotta delle masse palestinesi. La continua e crescente aggressione che limperialismo porta contro i popoli del terzo mondo è infatti rivolta anche contro di noi lavoratori doccidente, essa è parte integrante delloffensiva più generale che il capitalismo internazionale sta con modi e forme differenziati scagliando contro il proletariato in ogni angolo del pianeta.
La politica "estera" delle borghesie italiana ed occidentali è un tuttuno con la loro politica "interna": mirano ad affondare sempre più in profondità i propri rapaci artigli nelle carni dei paesi e dei popoli del terzo mondo per poter artigliare meglio e con più forza anche noi qui.
Proseguire nellindifferenza verso il grido di lotta che proviene dal Sud del globo non solo rischia di renderci complici dei boia occidentali, ma contribuisce fortemente anche ad indebolire ulteriormente ogni qualsivoglia nostra capacità di organizzazione e lotta. Iniziare invece a prendere apertamente posizione a fianco dei nostri fratelli di classe oppressi dal "nostro" imperialismo è parte integrante e necessaria del percorso da compiere per riconquistare una politica, un programma ed unorganizzazione classista, comunista ed internazionalista che ci ridiano forza e capacità di resistenza e mobilitazione.
Alla politica "estera" dellimperialismo contrapponiamo dunque una nostra politica "estera" di classe: piena ed incondizionata solidarietà con la lotta degli oppressi del Sud del mondo; denuncia e battaglia aperta qui contro lopera di rapina ed aggressione operata (poco importa se con mezzi "pacifici" o militari) dai nostri governi e dai nostri Stati contro le masse del Sud del mondo; appoggio militante ed incondizionato alle lotte ed al processo di organizzazione dei lavoratori immigrati che di queste masse rappresentano lavamposto qui in occidente.
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