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L’esplosione di Le Pen, al primo turno delle elezioni
presidenziali francesi, ha, di nuovo, messo in moto la grancassa
massmediatica attorno al "pericolo xenofobo e/o fascista" che
minaccerebbe la "tollerante Francia" e, di converso, la
"civiltà Europea".
Stiamo riascoltando, con enfasi maggiore, le stesse
esecrazioni che registrammo quando in Austria si manifestò il "caso
Haider" con l’aggravante che oggi il centro propulsore di questa
"crociata democratica" è insediato, direttamente, nel Parlamento
di Strasburgo, nei centri finanziari e nelle grandi redazioni giornalistiche
con sede a Londra, a Francoforte, a Milano….e con
"interfacce" a Washington e Tel Aviv!!
Insomma, poco ci manca, che qualche "anima
candida" non invochi, nel caso di una ulteriore avanzata di Le Pen, il
varo di sanzioni contro…"una nazione non pienamente pentita dei
misfatti di Vichy".
Quel che, però, appare stupefacente è che in tale union
sacrè in difesa della "democrazia" si siano ritrovati –
tutt’insieme appassionatamente – da Blair, a Berlusconi ad Aznar
passando per i cascami delle variegate socialdemocrazie europee con il
codazzo, italico, dei vari Di Pietro, Bertinotti, Agnolotto, Canarini fino
agli epigoni del "trotskismo degenerato" (quello stesso, che in
Francia, manifestava contro il "boia" di Belgrado, mentre i Mirage
ed i Cruise della portaerei Clemenceau, martoriavano la Jugoslavia).
Un caravanserraglio in cui, in maniera scomposta ed
isterica, si agitano reminescenze tardo-resistenziali, suggestioni
neo-frontiste, riedizioni bloccarde….fino alla aperta apologia della
democrazia borghese cucinata in salsa-Euro e condita, magari, con qualche
allusione "antiamericana".
· Dove và la Francia?
La Francia, pur continuando ad essere una potenza
imperialistica di primo piano, ha pagato, negli ultimi decenni, costi
politici ed economici altissimi, agli U.S.A. in primis, nell’ambito della
spietata concorrenza/competizione internazionale, tra i vari predoni
imperialisti, nel vorticoso gorgo della mondializzazione capitalistica.
Una parentesi su Lutte Ouvriere:
questa formazione ha, nel corso degli ultimi
10/15 anni, goduto di un significativo consenso operaio il quale, a
dimostrazione della sua fedeltà "seguiva" L.O. anche sul
terreno elettorale sottraendo voti al P.C.F.
Questo consenso, però, è rimasto
"congelato" ad una mera attitudine sindacale tutta interna
ad un contrattualismo economicistico sganciato da qualsiasi
prospettiva di autonomia del proletariato.
Un "potenziale" non utilizzato e né
utilizzabile, quindi, per una qualsivoglia battaglia generale
anticapitalista. Del resto le prese di posizione di questa
formazione a proposito delle recenti guerre di aggressione, l’atteggiamento
nei confronti delle lotte degli immigrati o del movimento no-global
sono la testimonianza concreta del ruolo di autentici necrofori
della lotta di classe svolto da L.O.
Naturalmente i richiami a Trotskj, sempre più
sfumati in verità, sono fatti in maniera astratta e formalistica e
slegati da ogni collegamento vivo con le dinamiche dello scontro di
classe. |
La storica grandeur francese ha subito pesanti
colpi in Africa, nell’area del Pacifico ed in tutti gli ex paesi
francofoni dove l’iniziativa diplomatica, finanziaria ed economica a stellastriscie
ha sbaragliato i vecchi assetti colonialistici e conquistato, per sé,
quote di mercato, aree d’influenza e veri e propri ridotti territoriali da
cui primeggiare nel dominio globale del pianeta.
Nella stessa cittadella-europea - nei Balcani in
particolare ma anche con il ridimensionarsi dello storico rapporto/ponte che
la Francia tesseva con la Russia, specie lungo i decenni della contrapposizione
tra U.S.A. ed U.R.S.S. – Parigi è stata costretta ad arretrare fino
alle ultime difficoltà intervenute con il varo dell’Euro e con l’accelerarsi
del processo di costituzione dell’Unione Europea.
Un dato di difficoltà, quest’ultimo, per il
capitalismo francese, che si percepisce, anche, con il manifestarsi dei
primi costi economici e politici da scaricare sul proprio proletariato, in
primis, ma, a scala differenziata, sull’intera società.
A questo proposito, l’aumentare del razzismo e dell’intolleranza,
in Francia, soprattutto tra i ceti sociali subalterni, è, direttamente, una
conseguenza della fine di quel "virtuoso" ciclo economico di cui
aveva beneficiato l’intera società francese rendendola "più
disponibile" ad assorbire/integrare consistenti flussi migratori, da
più generazioni!!
E’ in questa congiuntura politica che forze
reazionarie, come il Front National, hanno potuto agglutinare consensi
crescenti tra la classe operaia, i lavoratori ed i giovani e si sono potute
affermare anche sul piano elettorale.
Facendo leva su programmi populistici e di "riscatto
nazionale" il Front National, di Le Pen, ha eroso consensi e militanti
ad una esangue sinistra (…sempre più compatibile ed integrata con il
mercato ed il capitalismo globalizzato) impegnata nella totale
dismissione di ogni velleità di trasformazione sociale e nel
depotenziamento di ogni istanza di lotta e di organizzazione unitaria di
classe.
Del resto – ad esempio di questo nefasto ruolo e senza
andare troppo a ritroso con la storia – basta ricordarsi come il magnifico
movimento di lotta contro i provvedimenti economici e sociali del governo
Juppè (1995) che coinvolse, in maniera attiva e con originali forme di
autorganizzazione sociale, gran parte del mondo del lavoro e delle città fu
svenduto ed immolato – sull’altare delle "supreme esigenze del
capitale" – dalle organizzazioni sindacali e politiche del riformismo
transalpino.
Ed, ancora, tutta la stagione dei governi della
"gauche pluriel" (…con il nostrano Bertinotti nel ruolo di
capo supporter in terra italiana) i quali si sono
"limitati" a "governare gli effetti della
globalizzazione" con l’inevitabile portato di ristrutturazioni, di
precarizzazioni e di partecipazione attiva alle varie aggressioni
imperialistiche contro i popoli ribelli (…dalla Jugoslavia all’Afghanistan
passando per le "disavventure" in Palestina del "compagno
Jospin" accolto a sassate quando equiparò l’Intifada al terrorismo)
La politica della "sinistra" in Francia, e non
solo, si è configurata come una "gestione ordinaria" del
capitalismo – con consistenti proiezioni sciovinistiche – la quale ha
contribuito alla ulteriore frantumazione dello schieramento di classe ed ha
aperto i varchi, con esiti sempre più disastrosi, all’ incalzante
iniziativa delle destre reazionarie-populistiche-nazionalistiche.
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CONTRO LE DEMOCRAZIE IMPERIALISTICHE OCCIDENTALI
CONTRO LE PEN E L’INSIEME
DELLO SCHIERAMENTO BORGHESE
CONTRO IL CAPITALISMO GLOBALIZZATO,
PER L’INTERNAZIONALISMO PROLETARIO!
Le manifestazioni, in corso in Francia e negli altri paesi,
contro l’avanzata elettorale del movimento di Le Pen, sono una sacrosanta
reazione contro il razzismo, la xenofobia e le destre.
Come comunisti internazionalisti siamo al fianco dei
lavoratori e dei giovani che scendono in campo contro qualsiasi forma di "lepenismo".
Ma affinché la necessaria lotta contro simili movimenti
reazionari possa essere, per davvero, efficace è indispensabile ed
urgente operare una reale e collettiva riflessione di classe che si separi e
prenda nettamente le distanze dalla (imperialisticamente interessata)
campagna contro il "rozzo Le Pen" scatenata dalle nostrane democrazie
occidentali.
Da dove nasce il crescente consenso a Le Pen?
L’affermazione di Le Pen in Francia – al pari di quella
di Haider in Austria e di altri movimenti reazionari nel resto d’Europa –
scaturisce dalla capacità di queste forze di riuscire ha sintonizzarsi, a
dialogare ed ad attivizzare consistenti settori di lavoratori e di giovani
sempre più penalizzati dagli ingranaggi infernali del mercato mondializzato.
I Le Pen, gli Haider e gli altri populisti parlano al disagio
proletario e popolare e chiamano i lavoratori ad una difesa attiva del
"proprio" capitalismo contro le conseguenze e gli effetti antisociali
della globalizzazione.
Questa politica è riuscita ad affermarsi, anche, tra le fila
del proletariato per responsabilità di una "sinistra" che ha ormai
abbandonato ogni, sia pur minima e distorta, velleità di battaglia
anticapitalista ed antimperialista e che è sempre più scodinzolante e prona
dinnanzi alle centrali della finanza mondiale.
Del resto -se ci limitiamo ad osservare il "caso
francese"– i cosiddetti "governi amici" alla Jospin, al di là
delle chiacchiere propagandistiche sui propri programmi presuntamente attenti
alle condizioni di vita e di lavoro dei ceti subalterni, hanno proseguito tutte
le politiche di ristrutturazioni, di precarizzazioni e di aggressioni
imperialistiche che le necessità del corso della crisi capitalistica
oggettivamente imponevano.
Contro ogni fronte con le democrazie occidentali
Gli stati ed i governi che stanno operando la rumorosa levata di scudi contro
Le Pen sono quegli stessi che in nome della democrazia e dei suoi
"universali valori" hanno massacrato i popoli dell’Irak, della
Jugoslavia, dell’Afghanistan, che sostengono lo stato sionista d’Israele
nella sua infame opera di repressione contro le masse palestinesi e che
quotidianamente mettono a ferro e fuoco il Sud del mondo opprimendone e
sfruttandone bestialmente le masse lavoratrici e diseredate.
Le cosiddette "forze democratiche" che accusano Le
Pen per la sua xenofobia (..i Blair, i Berlusconi, gli Aznar, tutti i
cascami della socialdemocrazia europea con Schroder e Fassino fino ai
nostrani Di Pietro, Pecoraro Scanio….) sono le stesse che hanno applaudito
all’operazione Endurig Freedom e sono le stesse che riservano agli immigrati
quell’umanitaria politica fatta di espulsioni, di lager di
"accoglienza", caccia al clandestino, super-sfruttamento sul lavoro ed
assenza di ogni reale diritto. Sono quelle stesse forze, in Italia come altrove,
le quali, indipendentemente se momentaneamente siedono al governo o si ritrovano
all’opposizione, fanno a gara su chi mostra di più i muscoli in fatto di
rigetto di "clandestini" e di loro controllo poliziesco.
Con queste forze, con questi "antifascisti" non si
può stare in piazza "tutti insieme appassionatamente" contro "l’unico
e solo" razzista per antonomasia. In questo modo ci si accoda al carro
della propria borghesia e del proprio governo; con questa linea di condotta si
corre il concreto rischio di far capitalizzare le mobilitazioni contro Le Pen ai
governi ed alle borghesie europee. Per questa strada si chiama all’union
sacree nazionale non solo in vista dei futuri scontri bellici tra predoni
imperialisti, al momento ancora "alleati", ma anche per richiamare
già oggi all’unità interclassista attorno alla patria!
A questo proposito vogliamo segnalare le indecenti
dichiarazioni – pro indicazioni di voto per Chirac – rilasciate da
Bertinotti e da Agnolotto le quali invitano, di nuovo, "ad ingoiare il
rospo" consegnando le mobilitazioni di questi giorni al rappresentante
politico dello schieramento finanziario e padronale del capitalismo francese.
Per uno schieramento politico di classe
A quanti sentono giustamente la necessità di battersi sul
serio contro Le Pen, il razzismo e le destre diciamo con estrema e fraterna
franchezza che la questione non sta nel rilanciare una "nuova
Resistenza" o nello sfidare, su questo terreno, la sinistra istituzionale o
para-istituzionale:
Le Pen, la sua ideologia, il suo movimento e la sua
attrazione su cospicui settori proletari possono essere sconfitti solo dotandosi
di una complessiva politica che si indirizzi contro tutti i nemici del
proletariato ed innanzitutto contro i centri nevralgici del capitalismo da cui
si diramano le politiche di sfruttamento e di oppressione a scala globale.
Senza una simile politica di classe, su cui incardinare ogni
lotta alle destre ed al razzismo, ogni riedizione "neo-resistenzialistica"
–fosse anche quella più determinata e militante– è inevitabilmente, suo
malgrado, destinata a fare da ruota di scorta al carro delle democrazie
imperialistiche ed ai suoi governi.
Contro l’imperialismo (stavolta in chiave europeista) ed i
vari Le Pen è necessario riannodare i fili di una unitaria risposta
internazionale di classe. Per questo, a Parigi come a Roma o a Berlino,
devono essere respinte senza alcuna esitazione ogni, più o meno, strisciante
tentativo di intruppare le mobilitazioni dei giovani e del proletariato al
seguito degli interessi e delle insegne del grande capitale. Occorre, invece,
ribadire che i nemici della classe operaia e del proletariato tutto sono i
propri padroni, i propri governi e propri stati!!
I nostri nemici non sono quei (non proprio pochissimi)
proletari che in Francia seguono Le Pen.
Questi lavoratori sono stati gettati nelle braccia dei
movimenti reazionari dalle fallimentari politiche delle nostrane
"sinistre". Strappare questi proletari dal mortifero abbraccio dai
vari Le Pen è necessario e possibile per costruire un unitario schieramento di
classe.
Lo si potrà fare, però, dando corpo ad una fattiva lotta
contro i nostri governi ("amici" o meno che siano)
e le nostre borghesie. Lo si potrà fare lottando contro le compatibilità, le
leggi del mercato e del profitto capitalista. In definitiva dimostrando sul
campo che c’è una politica di classe realmente capace di battersi fino in
fondo per gli interessi dell’umanità lavoratrice.
Altro, quindi che "voto per Chirac" o altri
pasticci del genere!
Lo scontro in atto in Francia, ed altrove, dovrà
sbarazzarsi, una volta per tutte, da ogni perdente suggestione di "alleanza
antifascista" con settori borghesi riappropriandosi di una politica, di un
programma e di una organizzazione classista ed autonoma per non vedere mai più
il proletariato contrapposto in scontri fratricidi. La strada dell’unità
internazionale ed internazionalista degli sfruttati è l’unica prospettiva in
grado di sconfiggere, in piazza e non nelle urna, il capitalismo, i suoi
governi con i vari Chirac, Le Pen, Berlusconi…per aprire, finalmente, la
strada al Socialismo Internazionale!!
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