SUI RIPETUTI SCANDALI FINANZIARI:
il ghiaccio è sottile?

Il riesplodere, negli USA, di un altro mega scandalo finanziario – questa volta è il turno dell’accorsata WORLD-COM – ed il conseguente effetto sismico sul sistema borsistico segnalano, di nuovo, la permanenza di una grande difficoltà che attanaglia il generale processo di valorizzazione del capitale (…nella forma parossistica della esasperata finanziarizzazione) ed il funzionamento del suo perverso mercato globale.

Anche stavolta da Wall-Streat, dalla City londinese, da Parigi, da Tokio…da tutti i vari "centri nervosi" delle istituzioni finanziarie si è scatenato l’unanime coro teso al rapido ripristino della "tranquillità" dei mercati. Come per il precedente caso della ENRON tutti gli apprendisti stregoni del capitale hanno puntato i loro infuocati strali – amplificati, a dismisura, da una informazione mondialista a senso unico – contro il "corrotto management incapace di fare impresa" a fronte di un sistema finanziario ed economico "sostanzialmente sano" nei suoi fondamentali.

Il messaggio che questi sciamani del profitto vogliono infondere e che fa il paio con i deliberati dalla cupola del capitalismo imperialista – costretto dalle mobilitazioni di massa ad incontrarsi a Kanaskis sulle Montagne Rocciose tra orsi e giubbe rosse – è una ulteriore dose di ottimismo circa il virtuoso sviluppo/crescita dell’economia mondiale.

Che questo poi avvenga con l’ulteriore abbissamento sociale del continente africano, con la rinnovata aggressione diplomatica ed economica verso l’America-Latina, con le guerre d’aggressione verso i popoli ribelli e con l’incrudimento dello sfruttamento verso lo stesso proletariato metropolitano è un dettaglio…non citato dai protocolli ma ribadito dalla quotidiana azione dei G/8 sul tutto il pianeta!!

Da dove nascono questi scandali…improvvisi:

E’ evidente anche al cosiddetto "uomo della strada" che la mole enorme degli scandali finanziari accaduti negli USA, in questi ultimi mesi, non può essere ascrivibile alle colpe di una ristretta quota di managers corrotti. Certo in questa vicenda gli episodi di ruberie e di grassazioni sono presenti, anche in forme eclatanti, ma quello che colpisce, nei diversificati commenti, è l’assenza di un punto di vista che sappia individuare la reale matrice che genera tali esplosioni in quelli che si configurano come dei gioielli nella scintillante vetrina del mercato e delle sue mirabili virtù.

Persino il Wall Street Journal (…dalle cui colonne sono partiti gli scoop sui casi ENRON e WORLD COM), a cui non mancano le nozioni in materia di economia e di scienze delle finanze, è attestato su una linea di condotta "alla Mani Pulite" - in salsa americana, Do you remember Watergate? – facendosi interprete di un generale clima di ripulsa morale che si registra negli Stati Uniti contro la corruzione.

Del resto potrebbe mai lievitare in ambienti economici e sociali tutti interni al capitalismo, ed ai suoi codici, una spietata disamina del grado di esplosione a cui sono arrivate le contraddizioni – e le sue ricadute antisociali – di un modo di produzione e di riproduzione così antistorico? Noi crediamo di NO e tentiamo di abbozzare un ragionamento il quale deve, se davvero vuole affrontare la genesi di queste vicende, alludere ad una alternativa di sistema lasciando alla triste e nefasta prosa di un Valentino Parlato i rimpianti per una letteratura economica pura dove vengono rivalutati, in funzione neo-kenesyana, personaggi come Guido Carli o l’americano Burnaham.

Già lo scandalo ENRON (per capirci la settima più grande corporation degli USA) aveva svelato come questa società – che qualcuno definisce l’ammiraglia del "capitalismo texano" – aveva scoperchiato non solo un grado di corruzione e di peculato enorme ma anche scelte di politica industriale, sostenute da una grado di drogatura statale altissimo, con buona pace di tutte le chiacchiere sul liberismo senza lacci e lacciuoli.

Tutto cominciò negli anni ’80, in piena epoca di Ronald Reagan, quando una non proprio piccola società di gasdotti, la Houston Natural Gas, respinge una OPA (offerta pubblica di acquisto) ostile. Da quel momento, attraverso una intreccio di varie fusioni societarie nasce la ENRON con grandi ambizioni, ma già carica di debiti. Da qui il "colpo di genio" del suo amministratore delegato – Kenneth Lay – il quale, con l’appoggio di circoli politici legati al Partito Repubblicano, trasforma la ditta da distributrice di gas ad intermediaria di energia e delle sue fonti.

Ma cosa significa, in questo e molti altri casi, fare da intermediario? Vuol dire intervenire sui prezzi di queste "merci" cioè organizzare un mercato di futures dell’energia, del petrolio, del gas esattamente come, nella metà dell’ottocento, a Chicago, nascevano il mercato dei futures del grano, della carne e del mais.

In questo mercato, la stessa tonnellata di grano può essere venduta e comprata migliaia di volte, visto che si tratta di un "grano futuro". Per comprendere la dimensione (…paradossale e…tragica) è utile ricordare che negli anni ’90 il mercato mondiale dei futures è esploso tanto che nel solo mese giugno del 2000, nel mondo vi sono state transizioni di futures per 100000 miliardi di dollari. (il triplo del Prodotto Lordo annuo di tutto il pianeta)

Questa "idea" risultò geniale per la ENRON la quale, al fine di poter lucrare al massimo dai futures, riuscì ad imporre la totale deregulation del mercato dell’energia con effetti disastrosi in termini di prezzi alle stelle e di penuria di energia. (vedi la crisi in California, con le ville di Beverly Hills al buio, nel 2000-2001)

Da questo momento in poi la ENRON si è rappresentata, sempre più, da azienda industriale a compagnia finanziaria spingendosi in un mercato (…che definire ottovolante è sicuramente riduttivo) spericolato dove perdite e profitti sono enormi ed in tempi velocissimi.

Gli ultimi mesi del boom della ENRON sono noti: bilanci truccati, agenzie di certificazione e di controllo compiacenti, sostegno economico alle campagne elettorali di Dick Cheney e gorge Bush…fino al fatidico 2 dicembre 2001, giorno della dichiarazione della bancarotta.

A seguire: qualche suicidio di dirigente, migliaia di licenziamenti, centinaia di migliaia di investitori furiosi e….lo smarrimento collettivo per il crollo – non meno rovinoso delle torri gemelle – di una icona del capitalismo!!!

Sostanzialmente lo stesso copione per la WORLDCOM (una azienda frutto di 60 acquisizioni , tutte fusioni per incorporazioni, e senza che venisse scambiato un solo dollaro nel giro di appena 20 mesi) la quale si pavoneggiava tra le primule della Net-Economy e tra le virtuose del Nasdaq.

I mega fallimenti societari una caratteristica del capitalismo stellastrisce?

In queste settimane molti commentatori – anche a"sinistra" – hanno imputato ad una presunta peculiarità americana, frutto, magari, di reminescenze reganiane, ritornate oggi in auge con Bush, la fonte primaria di questi fallimenti societari di cosi ampie dimensioni.

Purtroppo per questi interessati "analisti" non è così. Anzi gli USA, in virtù della loro predominanza in tutti i settori, hanno solo riprodotto, a scala più estesa, questa specificità del modo di produzione capitalistico.

La "civile Europa" non è estranea e non è immune da tale fenomenologia (…frutto del capitalismo extramaturo) come dimostra il fallimento della tedesca MOBILCOM e lo stesso Giappone del premier Koizumi, in preda ad una latente crisi economica da oltre un quinquennio, ci offre, quotidianamente, una catena di fallimenti e di esplosioni societarie.

L’esplosione del caso VIVENDI ha stroncato sul nascere qualsiasi tentativo di scaricare come fenomeno tipico del "selvaggio" e "disumano" capitalismo statunitense la diffusione di fallimenti nel firmamento del gotha finanziario internazionale.

Su questo terreno si infrangono anche le credenze, sostenute dall’Unione Europea, circa la validità di "regole certe" e/o "codici di autoregolamentazione etica del mercato" a cui dovrebbero incardinarsi tutti i soggetti agenti sul proscenio economico.

Pura fantasia buona per "un libro dei sogni" mai scritto ma evocato, esclusivamente, per motivi di competizione interimperialistica tra concorrenti!

Ciò che è in crisi – con un inceppamento sempre più frequente – è l’intero meccanismo della finanziarizzazione come dimostra, in casa nostra, la crisi della FIAT dove si tenta, in maniera sempre più scomposta, da oltre un ventennio, di tamponare una crisi strutturale del settore auto e di tutta la motoristica, con un sistema di "scatole cinesi" il cui esito ultimo è, puntualmente, la richiesta di esuberi di lavoratori ed il bussare, in vario modo, alle casse statali.

La stessa strategia dei Fondi Pensione – anticipata largamente proprio negli USA – si sta rivelando solo un temporaneo palliativo rivolto verso facili (ed effimeri) guadagni in Borsa e senza nessuna proiezione certa per il futuro prossimo.

 Le nostre conferme:

Questi avvenimenti sono, indubbiamente, uno shock. Anche larghe fasce di lavoratori, specie quelli impiegati nelle cittadelle direzionali, avevano legato, in forme consapevoli, il proprio destino economico, all’andamento degli utili ed alla più generale sorte dell’azienda.

Non è stato scelto a caso dall’Economist il titolo "Idoli infranti" se osserviamo le reazioni della società americana anche tra i settori popolari della popolazione.

Consistenti settori sociali in questi anni hanno creduto (…gli hanno fatto credere) che l’andamento delle Borse poteva sempre tendere al rialzo e che si poteva vivere, per un lungo arco di tempo, dentro una enorme bolla speculativa che avrebbe reso, quasi, tutti ricchi e felici!

Ma l’illusione di poter incrementare i profitti e quindi il valore del capitale esistente senza nemmeno passare attraversare il fondamentale processo produttivo, si rivela per quello che è: una fandonia ed una colossale truffa ai danni di chi ha puntato le sue carte su una lotteria dove si sarebbe dovuto sempre vincere.

La lotteria la vincono comunque i grandi pescecani della finanza che, dopo aver incemerato per anni i risparmi di tanti poveri cristi in cerca di facili arricchimenti, anche di fronte a questa enorme svalorizzazione riescono a trarre profitto vendendo ed acquistando al momento opportuno.

Le esplosioni verificatesi in alcune perle del capitalismo, quelle annunciate e quelle, per il momento, tamponate dai vari Stranamore della finanza, sono conferme vive…, del marxismo. Già Marx aveva descritto, in molti suoi testi, la dinamica delle crisi cicliche di un sistema che risponde con la mondializzazione e la finanziarizzazione alle proprie insolute contraddizioni,…ma solo per riprodurle incessantemente a scala maggiore.

Esse ci confermano che il capitale nel suo complesso, per quanti sforzi faccia, non riesce a liberarsi della necessità di passare attraverso il processo produttivo e cioè attraverso il suo scambio con la forza lavoro per aumentare la sua consistenza. Ed è proprio quando questo meccanismo per le sue proprie leggi, che spingono il capitalismo a ridurre sempre di più la quantità di tempo di lavoro incorporata dalle singole merci, denuncia i suoi limiti che il capitale eccedente cerca una sua facile valorizzazione sul piano speculativo, fino ad essere ricondotto brutalmente alla realtà.

Ma se una volta questi fenomeni di drastica svalorizzazione rappresentavano dei salutari salassi in grado di fornire una momentanea spinta rigeneratrice al ciclo capitalistico, oggi, quando la dimensione del capitale complessivo in cerca di valorizzazione ha assunto proporzioni mostruose, rischiano di mettere in moto processi a catena che possono anche sfuggire al "controllo" delle istituzioni finanziarie internazionali e trasferirsi sul terreno produttivo che è già in enorme difficoltà a scala mondiale.

E’ questa la vera preoccupazione di fondo dei vari Bush, ma anche dei suoi critici che cianciano di un capitalismo dal volto umano.

Il rischio cioè che il grandioso giocattolo messo in piedi, nonostante la immane rapina e sfruttamento attuata contro i popoli del terzo mondo ed il progressivo aggravamento delle condizioni di vita e di lavoro dello stesso proletariato internazionale, vada in crisi. E da una crisi di queste proporzioni, non solo ci rimettono anche i capitalisti economicamente, ma soprattutto diventa davvero difficile garantire una "pace sociale" anche nel cuore delle metropoli, diventa oggettivamente più difficile tenere separati i due spezzoni del proletariato internazionale del nord e del sud del mondo….

Insomma, piuttosto che stracciarci le vesti per un capitalismo che non riesce a fare il proprio mestiere, o peggio, metterci alla ricerca di ricette per assicurargli un funzionamento meno "selvaggio" ma più "giusto e armonioso", in queste vicende noi sentiamo dei campanelli d’allarme per un sistema sociale che si avvicina sempre di più ai suoi limiti storici e che è già diventato un ostacolo all’ulteriore sviluppo sociale.

Sta ai comunisti e al proletariato raccogliere tali sfide e trasformare gli allarmi in campane che suonano a morte per il capitalismo nel suo complesso. E’ anche in questi fenomeni che vive la necessità, potente ed urgente, di nuovi rapporti sociali che mettano fine a questa barbarie generalizzata.

Il comunismo, la società senza classi, la liberazione dallo sfruttamento sono un compito dell’oggi e non una fantastica utopia da far ammuffire tra libri polverosi.

La rottura della pace sociale, della collaborazione tra le classi, la globalizzazione e l’internazionalizzazione delle lotte e dell’organizzazione di classe – in sintonia con lo sviluppo di un autentico Partito Comunista Internazionale – sono il percorso, certamente arduo, per realizzare questa impellente aspirazione.


Organizzazione Comunista Internazionalista