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Dal Corriere della Sera del 20 giugno 2005
Scaccomatto all’atomica degli ayatollah
Documento di S. Salama e K. Ruster del Centro Studi
per la non-Proliferazione
Contrariamente a quanto generalmente si
crede, pare che l'attacco di Israele a Osirak del giugno 1981 non avesse
fatto nulla per ostacolare le aspirazioni nucleari dell'Iraq. Benché
avesse temporaneamente compromesso le capacità del Paese, in realtà servì
solo per rinforzare e aumentare la bramosia di Saddam di costituire un
arsenale nucleare. Lo scienziato nucleare iracheno Imad Khadduri sostiene
che l'incursione preventiva di Israele contro il reattore nucleare di
Tamuz di costruzione francese — che in ogni caso non era propriamente
adatto alla produzione di plutonio — ebbe l'effetto opposto rispetto a
quello sperato: mandò in tilt il programma di Saddam Hussein sulla bomba A
e, immediatamente dopo, convinse la leadership irachena a dare avvio a un
programma di armamento nucleare in piena regola.
Khidir Hamza, un altro scienziato nucleare iracheno e uno dei principali
fautori dell'operazione Iraqi Freedom e della deposizione di Saddam
Hussein, diede una valutazione pressoché identica. Nel programma Crossfire
della Cnn , il 7 febbraio 2003, dichiarò a Mike Begala: « In effetti, ciò
che Israele fece fu scongiurare il pericolo immediato, che tuttavia diede
luogo a un pericolo molto maggiore nel lungo periodo. Ciò che successe poi
fu che Saddam ci ordinò — eravamo 400 tra scienziati e tecnici — di
avviare il programma. E quando bombardarono il reattore, avevamo già
investito 400 milioni di dollari. E il reattore francese e i relativi
piani venivano dall'Italia. Dopo che il reattore fu bombardato, noi
scienziati e tecnici da 400 diventammo 7.000, con un investimento di 10
miliardi di dollari a disposizione e un programma segreto molto più ampio,
finalizzato a costruire bombe con uranio arricchito. A quel punto,
abbandonammo totalmente il reattore, che doveva produrre plutonio per
fabbricare armi nucleari, e ci concentrammo direttamente
sull'arricchimento dell'uranio.
Inoltre, nel suo libro Saddam's Bombmaker ( Il costruttore di bombe di
Saddam ), il dottor Hamza racconta che, a seguito della distruzione di
Osirak del giugno 1981, Saddam Hussein decise di non ripetere l'errore di
concentrare tutte le risorse nucleari irachene in un'unica sede dichiarata.
Con l'aiuto dei sovietici, gli iracheni avviarono un programma nucleare
segreto che estendeva, e nello stesso tempo nascondeva, le sedi di
produzione dell'uranio arricchito. Molte di queste sedi di produzione si
celavano sotto dei depositi o delle scuole, mentre altre erano occultate
sotto forma di fattorie, il tutto per confondere gli ispettori dell'Aiea (
l'Agenzia internazionale per l'energia atomica) e fare in modo che il vero
potenziale nucleare dell'Iraq non fosse scoperto.
Per quanto riguarda l'Iran, non c'è ragione di credere che un attacco agli
impianti di Bushehr, Arak o Natanz avrebbe conseguenze diverse da quello
di Osirak. Nel lungo periodo e con molta probabilità, un attacco di tal
genere rafforzerebbe e incrementerebbe le aspettative nucleari dell'Iran.
In assenza di un programma iraniano sugli armamenti nucleari — che in
effetti gli ispettori dell'Aiea devono ancora dimostrare — un attacco
preventivo da parte degli Stati Uniti o di Israele fornirebbe all'Iran lo
slancio e la giustificazione per perseguire un programma deterrente
sommerso più organico, non soggetto alle « fastidiose » ispezioni
dell'agenzia. Un tale attacco sarebbe probabilmente visto come un atto di
aggressione non solo dall'Iran, ma anche dalla maggior parte dei Paesi
della comunità internazionale, e servirebbe solo a indebolire qualsiasi
coalizione diplomatica attualmente in essere contro il Paese.
L'aspetto più problematico di uno scenario di questo tipo è il fatto che,
a differenza dell'Iraq del 1981, l'Iran non dipende dalle importazioni
estere di tecnologia nucleare e ha già a disposizione la materia prima e
la maggior parte dei progetti e delle tecniche necessari per portare
avanti un programma nucleare. L'Iran possiede l'occorrente know how e ha
già sperimentato tutte le fasi del ciclo di produzione del combustibile
nucleare. Inoltre, il Paese ha delle miniere di uranio a Yazd, sta
costruendo i mulini per produrre l'ossido giallo di uranio e gli impianti
di conversione che lo trasformano in gas UF6, e ha anche iniziato a
fabbricare le centrifughe a gas per arricchire in proprio l'uranio. Anche
se le sedi di Natanz, Arak e Bushehr fossero distrutte in un attacco
preventivo, l'Iran, che probabilmente ha duplicato i propri impianti,
potrebbe attivarli, essendo in possesso del know how necessario ad
aumentare la produzione e portare avanti un programma di armamento
nucleare di lungo respiro, sicuramente più energico ed efficace.
A differenza dell'Iraq, che nel giugno 1981 si trovò nel mezzo di una
grande guerra con l'Iran mancando dei mezzi militari necessari a
contrastare l'offensiva di Israele al suo reattore nucleare di Osirak,
probabilmente l'Iran è non solo in grado, ma anche disposto, a rispondere
a un attacco preventivo ai suoi impianti nucleari. Vari leader iraniani
hanno già promesso reazioni forti in una simile eventualità. Il 5 luglio
2004, durante una visita ad Hamedan, nell'Iran occidentale, l'ayatollah
Ali Khamenei ha declamato a una folla di migliaia di persone: « Gli Stati
Uniti dicono che abbiamo leso i loro interessi ... Ma se qualcuno invade
la nostra nazione, metteremo noi a repentaglio i loro interessi in tutto
il mondo » .
Nel dicembre 2003, il comandante dell'aviazione iraniana generale Seyed
Reza Pardis, in risposta ad alcune dichiarazioni del ministro della Difesa
Israeliano Shaul Mofaz, ha affermato che « se Israele attaccasse l'Iran,
si scaverebbe da sola la propria fossa » . In considerazione dell'ampio
investimento finanziario e politico nazionale che l'Iran ha profuso nei
progetti nucleari, è praticamente certo che un attacco da parte di Israele
o degli Stati Uniti avrebbe come risultato un'immediata controf fensiva.
Il probabile scenario comprenderebbe un contrattacco missilistico
immediato sulle basi israeliane e statunitensi nel Golfo, seguito da uno
sforzo molto energico di destabilizzazione dell'Iraq e di promozione di un
confronto incondizionato tra gli Stati Uniti e la maggioranza sciita
irachena. L'Iran potrebbe anche decidere di destabilizzare l'Arabia
Saudita o altri Stati del Golfo che contano tra la propria popolazione un
significativo numero di sciiti e indurre gli Hezbollah libanesi a lanciare
una serie di attacchi missilistici sul Nord di Israele.
Informazioni provenienti da fonti libere segnalano che attualmente l'Iran
è in possesso di più di 500 missili balistici Shehab. Per la maggior parte
si tratta di Shehab 1 e Shehab 2, con una gittata da 300 a 500 km e una
carica esplosiva da 700 a 985 kg. Con questi missili l'Iran è in grado di
raggiungere le basi statunitensi dislocate in Oman, Qatar, Kuwait e Iraq.
Inoltre, si ritiene che il Paese sia in possesso di missili balistici
Shehab 3 in un numero variabile tra 25 e 100, che furono visti sfilare in
occasione di una parata militare organizzata per l'anniversario della
guerra Iran Iraq del 22 settembre 2003. Lo Shehab 3 ha una gittata di
1.300 km, una carica esplosiva di 700 kg, ed è in grado di raggiungere le
città e le basi israeliane. L'Iran avrebbe la capacità di lanciare dozzine
di questi missili balistici in direzione di Israele e dei bersagli
statunitensi dislocati nella regione per un lungo periodo di tempo, che
dipenderebbe dalla dimensione dell'arsenale iraniano, dalla forza voluta
della controffensiva e dalla capacità delle forze degli Stati Uniti di
scovare e distruggere le basi di lancio.
Il potenziale distruttivo di questi sistemi di missili balistici non deve
essere sottostimato: anche se queste varianti degli Scud sono
relativamente poco accurate ( non riescono sicuramente ad arrivare
all'accuratezza di bersaglio dei missili Cruise statunitensi e degli
armamenti guidati) sono comunque molto più accurate e di maggiore forza
esplosiva degli al Hussein iracheni, che nel 1991 dimostrarono un margine
di errore circolare ( Cep) mediocre, da 1 a 3 km. Degli attacchi
missilistici multipli con grandi testate su bersagli statunitensi o
israeliani possono essere potenzialmente molto distruttivi, come dimostrò
l'attacco iracheno di Scud che fu sferrato nel 1991 sulle baracche
dell'Arabia Saudita, che per le truppe americane si rivelò l'offensiva più
grave dell'intera guerra, con 28 morti e 98 feriti.
D'altra parte, anche con un relativo miglioramento nell'accuratezza, si
tratta di un rischio che gli Stati Uniti o Israele sarebbero disposti ad
assumersi. I funzionari dell'amministrazione potrebbero sostenere che è
preferibile fermare l'Iran ora, piuttosto che lasciargli più tempo per
migliorare i missili esistenti e sviluppare lo Shehab 4. In effetti,
alcuni funzionari israeliani ritengono che il loro Paese attualmente
possieda tutto l'occorrente per neutralizzare l'arsenale iraniano di
missili balistici, impiegando il sistema antimissilistico Arrow, che
secondo alcuni sarebbe totalmente in grado di difendere Israele dagli
Shehab 3. È difficile verificare se il sistema israeliano Arrow sia
effettivamente capace di neutralizzare l'arsenale iraniano di Shehab 3,
dal momento che non è ancora stato utilizzato sul campo. Nel corso del suo
ultimo test del 29 luglio 2004 condotto al largo della costa californiana,
il sistema Arrow ha intercettato con successo uno Scud iracheno confiscato,
anche se il suo vero potenziale in combattimento resta ancora da scoprire.
La risposta potenziale più pericolosa dell'Iran a un attacco americano o
israeliano ai suoi impianti nucleari potrebbe essere un serio e sostenuto
sforzo di destabilizzazione dell'Iraq postbellico. In tale Paese le forze
della coalizione hanno dovuto fronteggiare un'insurrezione mortale,
primariamente da parte dei sunniti iracheni e di un piccolo numero di
jihadis stranieri, che si sono infiltrati per colpire le forze della
coalizione e i loro alleati in Iraq. Gli attacchi suicidi dei kamikaze e i
colpi di mortaio sono ormai diventati degli eventi quasi quotidiani,
costati la vita a centinaia di uomini della coalizione e a migliaia di
iracheni, la maggior parte dei quali sciiti. Gli insorti hanno colpito
anche vari funzionari iracheni che hanno collaborato con le autorità della
coalizione.
Fino a oggi, l'Iran e i suoi alleati nella regione hanno incoraggiato la
Shia irachena a continuare nella sua linea di moderazione e di tutela
della stabilità sociale nel Paese postbellico, anche di fronte a quelle
che altrimenti sarebbero state ritenute delle mere provocazioni, come i
bombardamenti ai luoghi sacri degli sciiti di Karbala, Najaf e Bagdad, che
uccisero centinaia di persone, tra cui dozzine di pellegrini iraniani.
Molti in Iran ritengono che potranno avere grandi benefici da un Iraq
stabile, retto da un governo sciita, che sarebbe necessariamente più
vicino all'Iran grazie alle affinità religiose e storiche. Tuttavia, in
caso di attacco all'Iran, questo calcolo probabilmente scadrebbe in un
desiderio di vendetta. In un simile scenario, le Guardie rivoluzionarie
iraniane potrebbero varcare il confine in numero massiccio per promuovere
una guerriglia aperta contro l'ampia presenza statunitense in Iraq. Gli
agenti dei servizi segreti iraniani, che attualmente si trovano in Iraq in
grande numero, potrebbero provocare scontri tra le forze statunitensi e la
maggioranza sciita, facendo scoppiare una rivolta generale contro le forze
di coalizione di stanza nel Paese. È importante notare che, a differenza
della brigata Salafi Jihadi ( Abu Musab al Zarkawi e la sua rete Tawhid),
che si è infiltrata in Iraq per combattere gli americani ed è disprezzata
dagli sciiti iracheni, gli infiltrati iraniani sono probabilmente visti in
una luce molto diversa.
Un attacco alle sedi nucleari iraniane di Bushehr, Arak e Natanz potrebbe
avere vari effetti negativi sugli interessi degli Stati Uniti nel Medio
Oriente e nel mondo. La cosa più importante è che in assenza di prove che
dimostrano la presenza di un programma nucleare illegale in Iran, è
probabile che un attacco contro gli impianti nucleari da parte degli Usa o
di Israele rafforzerebbe la posizione del Paese in ambito internazionale e
ridurrebbe la minaccia delle sanzioni internazionali contro di esso. Un
evento di tal genere è più probabile che, nel lungo periodo, rafforzi ed
espanda le aspirazioni e le capacità nucleari dell'Iran.
Il 19 luglio del 2004, il presidente Bush dichiarò che gli Stati Uniti
stavano indagando su eventuali connessioni tra l'Iran e Al Qaeda, per
scoprire se l'Iran avesse giocato un qualsiasi ruolo negli attacchi dell'
11 settembre. Il giorno prima, John McLaughlin, vice direttore della Cia,
dichiarava a Fox News che otto dei dirottatori dell' 11 settembre avevano
viaggiato attraverso l'Iran, aggiungendo che « tuttavia, mi fermerei qui,
per dire che non abbiamo prove che vi sia un qualche tipo di sanzione
ufficiale da parte del governo dell'Iran per le attività terroristiche » .
Tali notizie arrivano sulla scorta immediata di articoli stampa che
affermano che l'amministrazione ha vagliato la possibilità di un attacco
preventivo contro gli impianti nucleari dell'Iran. Resta da vedere se il
tempismo di queste rivelazioni sia stato semplicemente una coincidenza, un
gioco politico nell'anno delle elezioni, o l'avvio di una campagna volta a
far crescere il sostegno nazionale a un possibile attacco all'Iran. Se
queste chiacchiere di un attacco preventivo contro gli impianti nucleari
iraniani siano veritiere, semplicemente una fanfaronata o una montatura
giornalistica è ancora da capire, ma una cosa è certa: non sarebbe
semplicemente un'altra Osirak.
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