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il manifesto 26 maggio 2005
Senza terra, perché marceremo a Brasilia
Per ricordare la strage del '96 e per lottare
João Pedro Stedile Non potremo mai dimenticare. Ogni plotone uscì ben preparato dalle proprie caserme a Parapuebas e Marabá. Senza elementi di identificazione nella divisa. Senza registrazione delle armi e munizioni. Erano ordini superiori. Governava la provincia del Pará il signor Almir Gabriel (Psdb), governava la colonia Brasile, il proconsole americano e principe dei sociologi, Fernando Henrique Cardoso. Dopo alcune ore, il massacro: diciannove senza-terra assassinati. Uno di loro, il giovane Oziel da Silva, di soli 18 anni e leader dell'accampamento, fu preso, immobilizzato e colpito con il calcio della pistola) di fronte a tutti i soldati mentre gli chiedevano di continuare a gridare: "Viva il Mst! " Altri 69 furono gravemente feriti, e ancor oggi soffrono delle conseguenze, che li hanno resi inabili al lavoro agricolo. Di fronte alla barbarie perpetrata dallo Stato brasiliano, a servizio delle élite, la Via Campesina internazionale, che per caso era riunita, in quello stesso giorno, per la sua seconda conferenza a Città del Messico, dichiarò allora il 17 aprile, Giornata internazionale di Lotta Contadina. Da allora, tutti gli anni, in un numero crescente di paesi, le organizzazioni contadine realizzano mobilitazioni, all'interno della lotta per la riforma agraria e per la difesa dei loro diritti. Il massacro di Carajás è servito almeno come
spinta perché i contadini di tutto il mondo lottassero di più. Qui in
Brasile, abbiamo l'obbligo di non scordare mai quella barbarie compiuta
dalla nostra élite, che grida tutti i giorni, nei suoi canali televisivi,
contro le barbarie commesse dai lumpen nelle prigioni, nelle Feben,
durante gli odiosi sequestri. Ma si dimentica della sua propria barbarie.
Si dimentica che la proliferazione dei lumpen è il prodotto della barbarie
istituzionale del sistema capitalista, che organizza la società solo per
l'individualismo e la ricerca del lucro. E i poveri, quando cercano di
imitare questo, si trasformano anche loro in barbari.
Far muovere tutti i giorni 10.000 persone, portando con noi cucine, bagni, acqua, in una marcia che esigerà un enorme sacrificio di tutti i partecipanti, è un grosso impegno, ma il sacrificio maggiore è aspettare tutta una vita, fermi, immobilizzati dalla povertà e all'ignoranza. Mobilitare, lottare è già un atto di dignità contro il sacrificio sociale storico che è imposto ai poveri nel paese. Cammineremo per richiamare l'attenzione della società brasiliana sul fatto che la riforma agraria è ferma. Abbiamo fatto un accordo con il governo Lula nel novembre del 2003, nel quale il governo prendeva l'impegno di insediare 430.000 famiglie nei tre anni di mandato che restavano ancora. E il governo si impegnava a mettere al primo posto le famiglie accampate. E' passato, da allora, quasi un anno e mezzo, e fino ad ora il governo non ha onorato il suo impegno e ha insediato meno di 60.000 famiglie. Mancano 20 mesi di mandato e 370.000 famiglie devono ancora essere insediate. Il governo non sta mettendo in pratica il piano nazionale di riforma agraria e, addirittura, annuncia tagli al bilancio, per pagare gli interessi del debito interno, ai banchieri. E questo sarà il secondo motivo della nostra marcia. Sappiamo che la realizzazione della riforma agraria non è solo una questione di volontà politica o d'impegno personale del presidente. Dipende da una politica economica. Dipende da un progetto nazionale di sviluppo. E marceremo, quindi, per andare a Brasilia a dire al governo che cambi la sua politica economica, se vuole rendere possibile la riforma agraria e risolvere i problemi del popolo. Tutti sappiamo che la politica economica attuale è il proseguimento della politica neoliberista del governo anteriore. I mandatari del Ministero delle Finanze e della Banca Centrale sono ancora gli stessi "tucani" degli scorsi otto anni. Questa politica, che si basa sulla priorità del superavit primario, sugli alti interessi e sullo stimolo alle esportazioni, ha come risultati soltanto: profitti fantastici per le banche e le transnazionali, concentrazione di reddito e aumento della disoccupazione. Basta leggere i giornali, non è necessario essere economisti per capire la sua natura. Andiamo a Brasilia a dire che è ora di utilizzare i 60 miliardi di reali di superavit primario per applicarli in investimenti che garantiscano lavoro per tutti. Investirli nell'educazione, nell'università pubblica e nella salute pubblica. Vogliamo dire che, se vogliono tanto imitare gli Stati Uniti, devono adottare il tasso di interesse degli Stati Uniti, che è di appena il 2,5% e non del 19% che riscuotono da noi. Andiamo a Brasilia a dire che il nostro popolo merita un salario minimo dignitoso. Economie più povere e più piccole, come quelle dell'Argentina e del Paraguay, pagano salari minimi intorno ai 500 reali. Perché l'economia brasiliana non può pagare salari simili? Tutti i mezzi di comunicazione delle élite, tutti gli imprenditori dicono ipocritamente di sostenere la distribuzione del reddito, ora, l'aumento del salario minimo è la misura più efficace per distribuire il reddito. Perché non lo accettano? Andiamo a Brasilia a sostenere l'idea che, il nostro popolo si libererà dalla povertà e dalla disuguaglianza sociale, solo se il governo metterà realmente al primo posto la maggioranza e garantirà che ogni giovane abbia accesso all'università pubblica e gratuita. Anche su questo punto, le élite accettano la tesi che l'educazione deve essere la priorità, ma non accettano che il governo smetta di pagare i debiti interni e esteri e investa le risorse nell'educazione. Andiamo a Brasilia a sostenere l'idea che è necessario fare una discussione pubblica, un auditing sul debito estero, perché il popolo sappia cosa è già stato pagato e quel che continuiamo a pagare invano. Il nostro popolo invia annualmente più di 50 miliardi di dollari all'estero. La nostra élite mantiene 85 miliardi di dollari depositati in conti esteri. La Costituzione brasiliana stabilisce la realizzazione di un auditing sul debito estero. Ma, in questo caso, nessuno esige il rispetto della Costituzione! Andiamo a Brasilia a dire al Congresso Nazionale che è ora di regolamentare il diritto del plebiscito popolare, delle consultazioni e referendum previsti nella Costituzione, che fino ad oggi, non sono stati regolamentati. Il popolo ha bisogno di avere il diritto di esercitare il suo mandato. I deputati non possono usurpare il diritto del popolo a decidere. Per questo appoggiamo il progetto di legge elaborato dalla Oab e dalla Cnbb, che sta passando per la Camera dei Deputati, che regola il diritto del popolo a realizzare plebisciti popolari, per decidere su tutte le questioni sulle quali ritenga necessario esprimere il proprio parere. Andiamo a Brasilia a sostenere la democratizzazione dei mezzi di comunicazione di massa. Perché il governo smetta di chiudere le radio comunitarie. Non ci sarà democrazia senza che il popolo e le sue organizzazioni sociali abbiano il diritto all'informazione. E, per questo, le radio, le televisioni comunitarie sono fondamentali, così come democratizzare le concessioni pubbliche della televisione. Andiamo a Brasilia a dire che siamo contro l'accordo dell'Alca e chiedere che il governo ritiri da Haiti i nostri soldati. Il popolo di Haiti deve essere sovrano, e decidere da solo il suo futuro. Il popolo di Haiti ha bisogno del nostro aiuto umanitario, non di soldati. E per dire tutto questo a Brasilia, speriamo di poter contare sulla partecipazione di tutti voi. Alla fine della marcia il 17 maggio a Brasilia, realizzeremo una grande manifestazione per consegnare ai tre poteri le nostre richieste.
Da Liberazione 19 maggio 2005
Tafferugli all'arrivo della marcia
dell'organizzazione contadina Brasilia, scontri tra polizia e sem terra
Scontri tra sem terra e polizia all'arrivo a Brasilia della marcia per la riforma agraria. Trentamila persone hanno percorso 230 chilometri in diciassette giorni per portare sotto le finestre del palazzo di governo la protesta per la lotta al latifondo promessa e non realizzata. Due giorni di manifestazioni pacifiche in attesa dell'incontro con Lula, ritardato dai pesanti tafferugli scoppiati del pomeriggio che sarebbero stati innescati dalla violenta reazione di un poliziotto bloccato nella sua auto di servizio da un gruppo di manifestanti. Gli spintoni tra la polizia e la testa del corteo che marciava verso la sede del governo sono diventati scontri pesanti quando la marcia ha tentato di arrivare davanti al Congresso. L'arrivo di alcuni parlamentari del Pt ha placato l'atmosfera. Trenta i feriti, fra manifestanti e agenti. Le proteste sono continuate davanti all'ambasciata statunitense, protetta da cinquecento poliziotti in assetto antisommossa. Altri milleduecento agenti sono rimasti a presidiare il percorso del corteo. In serata un gruppo di 49 rappresentanti dei Sem Terra è stato ricevuta da Lula. La delegazione ha consegnato al presidente un documento in sedici punti in cui si richiedono un cambiamento radicale nella politica economica e la consegna di terra ad almeno 400mila famiglie contadine entro il 2006. Il documento reclama un intervento immediato del governo contro la brutale repressione dei latifondisti nei confronti delle occupazioni di terre incolte. Negli ultimi due anni e mezzo 108 contadini sono stati uccisi dalle guardie private al servizio dei grandi proprietari terrieri. Al termine dell'incontro Lula ha promesso l'investimento di 700 milioni di reais nella riforma agraria. Per raggiungere però l'obiettivo dichiarato di accogliere le richieste di sistemazione in accampamenti almeno per 400.000 famiglie, dovrebbe garantire la redistribuzione della terra per 280mila famiglie entro il 2006. R. E.
Agrobusiness o riforma agraria? Il governo brasiliano diviso dalla lotta interna tra la lobby dei latifondisti e gli alleati dei sem terra
Lula media tra i due fronti, convinto della
convivenza Francesco Pierri La riforma è decollata nel 2004 dopo un primo anno destinato alla preparazione del piano, ma rischia di non raggiungere le mete previste per mancanza di tempo e, soprattutto, per il drastico taglio al budget imposto dal superpotente Palocci, fondatore del Partito dei lavoratori (Pt) e Ministro della Fazenda (Fisco). Quest'anno, di un capitolo di spesa pari a 3,7 miliardi di reais destinati a finanziare il piano, ben 2 miliardi sono stati tagliati per l'equilibrio dei conti pubblici e per gli interessi sul debito. Miguel Rossetto, leader della sinistra Pt a capo del Ministero dello sviluppo agrario (Mda), ha lottato per recuperare parte di queste risorse riuscendo a sottrarre al taglio 400 milioni di reais. Dal 2003 al 2004 hanno ricevuto terra 117.000 famiglie cioè l'81 di quanto previsto dal piano nel relativo periodo; il 78% delle famiglie beneficiarie sono state raggiunte con assistenza tecnica e creditizia regolare, il che è un fatto inedito nella storia del paese. Sono risultati incoraggianti, ma se il governo intende raggiungere l'obiettivo del piano di 400.000 famiglie, dovrà redistribuire terra per 141.500 famiglie all'anno entro il 2006, cioè 26.500 in più della meta di 115.000 prevista sia per il 2005 che per il 2006. L'Mst non contesta lo sforzo e i progressi compiuti dal Mda, ma la natura di questi dati allegando che buona parte delle famiglie fino ad ora raggiunte sono state beneficiate da progetti già iniziati dal precedente governo di Fernando Henrique Cardoso e portati a termine da Lula. Secondo questi calcoli il governo avrebbe realmente redistribuito terra (cioè espropriando il latifondio) a beneficio di 64.000 famiglie. Molto poco se l'obiettivo è mutare una struttura fondiaria che vede il 2,6% dei proprietari possedere il 56% delle terre catastate. L'Mda contesta questa lettura e sostiene che il governo sta marciando, se pure con difficoltà, verso le mete previste, segnalando che fino ad oggi sono stati redistribuiti 9 milioni di ettari. Dietro questa polemica pubblica, la dialettica reale di scontro politico, economico e culturale, non è tra l'Mst e l'Mda, alleati da profonde relazioni di militanza politica e culturale, ma tra un intero settore del governo espressione del blocco latifondiario e esportatore ed un altro settore alleato del movimento senza terra e del vasto universo di sindacati, cooperative, associazioni di lavoratori e di produttori dell'agricultura familiare, il blocco sociale che lotta per la riforma agraria. La lotta politica in seno al governo brasiliano riflette lo scontro tra le classi per il comando sulle politiche agrarie economiche e sulle risorse pubbliche. Al centro, Lula. La strategia di Lula è una strategia di mediazione che si basa sulla convinzione che l'enorme frontiera agricola del paese (più grande di quella cinese) permetta la convivenza dei due modelli agricoli, il primo generando divise estere preziose per il paese, il secondo rifornendo le tavole dei brasiliani (il 60% dei generi alimentari consumati è prodotto dall'agricultura familiare). Il piano di fondo dell'impostazione di Lula gira attorno alla politica economica di Palocci, basata sulla convinzione che la stabilità finanziaria e monetaria del paese è un bene raggiunto a beneficio di tutti i settori sociali e che consente di poter gestire nella piena sovranità le politiche economiche future e attrarre gli investimenti esteri. Il recente divorzio col Fondo monetario internazionale è portato come esempio di questa ritrovata sovranità. Nonostante alcune critiche agli alti tassi d'interesse mosse dai settori del capitale industriale, tra i quali lo stesso Alencar, industriale e vicepresidente della repubblica, questa è la linea egemonica che fa sì che il governo Lula si appoggiato, fino ad ora, dalle sezioni più moderne del capitalismo brasiliano. Il blocco agrario-industriale-finanziario, è rappresentato dal ministero dell'agricultura, pastorizia e dell'approvigionamento e dal ministero dello sviluppo, industria e commercio estero. Per i rispettivi titolari, Rodriguez e Furlan, uomini espressione del latifondo meccanizzato e modernizzato, il cammino giusto è quello del rafforzamento dell'agrobusiness e la riforma agraria una mera misura di assistenza sociale. Nella grande intesa tra la borghesia brasiliana e il centro del Pt, la prima promuove una strategia di sviluppo trainata dalle esportazioni e dagli investimenti esteri, allegando i dati strabilianti dell'export agricolo come bandiera, il secondo agisce nella convinzione che le risorse cosi accumulate possano finanziare i piani sociali e le politiche pubbliche e generare impiego. Rossetto e gli altri settori della sinistra Pt al governo condividono il modello di "convivenza" di Lula ma intendono collocarlo su di piano di transizione strutturale, verso l'egemonia produttiva e culturale dell'agricultura familiare, rivendicando per questo che il governo rispetti la tabella di marcia della riforma agraria e ampli il complesso e il volume delle politiche pubbliche a favore dell'agricultura familiare. Secondo questa visione è necessario continuare e rafforzare la lotta in seno al governo per preparare le basi per un modello di sviluppo nazionale e indipendente, fondato sulla democratizzazione proprietaria, l'allargamento del mercato interno e la redistribuzione del reddito di cui la riforma agraria è strumento fondamentale. Il blocco antagonista che fa perno sul Mst attacca il vizio di fondo della politica economica denunciando la sua cronica e strutturale scarsa ripercussione in termini di generazione di impiego (il tasso di disoccupazione formale del paese va oscillando tra il 13 e il 10% dall'inizio del governo Lula ed è ora in rialzo) e critica l'idea di transizione, l'idea cioè che i sacrifici attuali preparino il terreno alla sovranità delle politiche economiche e delle politiche pubbliche. Secondo l'Mst il rischio è che il modello Palocci si stia solidamente impiantando nel pensiero politico del centro del Pt, in altre parole che il governo Lula rischi di marcare una continuità di fondo col neo-liberismo di Cardoso. L'asprezza di questa critica, tuttavia, non è espressione di una rottura dell'alleanza storica tra il Pt e l'Mst. Il Pt ha bisogno della protesta sociale e delle occupazioni delle terre per legittimare la riforma agraria di fronte ai settori piú moderati del governo. L'Mst sa benissimo che fuori da una strategia di alleanza critica col Pt non esistono margini ragionevoli di lotta e conquiste sociali. Il rapporto di forze tra il latifondo e il proletariato e semiproletariato agricolo si gioca sul terreno dello scontro físico e in seno ai poteri del paese. Nei due anni di governo Lula si sono registrati 1366 conflitti rurali (occupazioni, invasioni di terra, scontri, blocchi, ecc.) e 108 omicidi, la maggior parte commessi dalle milizie armate private assoldate dal lato più reazionario del latifondo, come l'Unione democratica ruralista, un'organizzazione che considera la riforma agraria un atto a favore di vagabondi criminali che occupano le terre. Il Pt è un partito di maggioranza relativa che per governare si avvale, oltre contributo leale del PcdoB e del PSB, dell'appoggio di partiti che hanno un piede nel governo e l'altro nell'opposizione e che raccolgono uomini della "bancada ruralista". In queste condizioni risulta chiaro alla leadership dell'MST che l'assenza di una rottura radicale sul piano delle politiche economiche e della riforma agraria, non giustifica una rottura radicale dentro il campo della sinistra brasiliana.
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Organizzazione Comunista Internazionalista |
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