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Dal manifesto del 19 luglio 2005
«Tutte le città americane diranno no alla guerra»
Scotch, autore della
risoluzione del Vermont per la fine del conflitto: mobilitazione per
smuovere il Congresso
PATRICIA LOMBROSO,
NEW YORK
«Non possiamo attendere altri otto anni, come avvenne per il Vietnam,
perché il fronte d'opposizione alla guerra criminale di Bush all'Iraq
trovi un appoggio al Congresso. L'opinione pubblica pacifista è una
maggioranza totale sconnessa dai vertici politici, siano essi
democratici e repubblicani. Il salto qualitativo effettuato in Vermont
con la risoluzione per l'immediato ritiro delle truppe va esteso subito
a tutto il paese, per battere la guerra preventiva». Da Burlington,
nello stato del Vermont, Ben Scotch, giurista e autore del testo della
risoluzione per la fine l'immediata del conflitto in Iraq «votata
all'unanimità» in tutte le città del Vermont, parla col manifesto
dell'iniziativa.
Perché quest'urgenza di sollecitare in tutte le città d'America la
promozione di iniziative di «democrazia diretta» e risoluzioni
municipali e statali per la fine del conflitto?
Perché ora, con questa guerra «scelta preventivamente» da Bush e dalla
sua gang al potere, attraverso un'accurata propaganda e l'uso dei media,
a differenza di vent'anni fa, il rischio è che un altro Iraq può
avvenire ovunque nel mondo ed in qualsiasi momento. A differenza che ai
tempi del Vietnam, oggi il contesto storico non presenta un deterrente
valido come l'Unione sovietica. A livello di politica interna la nostra
democrazia è sull'orlo della bancarotta. Il potere della élite politica
congressuale è inesistente dal punto di vista della rappresentatività.
Soltanto il 5% dei politici viene eletto in ottemperanza ai principi e
norme elettorali. Il divario fra realtà sociale e politica odierna non è
più quella dei tempi di Johnson né di Nixon. Oggi - diversamente da
allora - i media forniscono al pubblico americano l'immagine di una
guerra astratta: nelle cittadine del Montana e Peoria in Illinois le
famiglie che hanno perso i figli in guerra non sanno perché sia avvenuto.
I sondaggi parlano del 62% della popolazione contraria alla guerra. È
possibile far cambiare rotta alla guerra «preventiva» di Bush?
Il fronte d'opposizione alla guerra è decisamente più visibile ora di
quando, tre mesi fa, lo stato del Vermont approvò all'unanimità mediante
il sistema di «democrazia diretta» la risoluzione che chiedeva
l'immediato ritiro delle truppe dall'Iraq e la fine della guerra. La
mozione è stata approvata in varie modalità in 185 città per la «pace»
in tutti gli Stati uniti. Il fronte d'opposizione si è esteso alle
famiglie dei soldati in guerra o morti in Iraq. Ma siamo ben lungi da
un'opposizione attiva che riesca a incidere drammaticamente per la fine
di questa guerra «criminale e preventiva» di Bush. Sono soltanto 125 i
membri del Congresso che esigono che Bush risponda sull'Iraq, disposti a
contraddire il loro presidente Bush. Ciò premesso, uno degli obiettivi
della risoluzione del Vermont, lo stato più progressista e più
penalizzato per il numero di soldati e membri della Guardia Nazionale
morti in Iraq, era quello di rendere legittima, a livello statale e
federale, la partecipazione attiva dei cittadini elettori ad un
dibattito pubblico sulla guerra.
Questa iniziativa di partecipazione attiva può estendersi alle città
dell'America profonda?
L'argomento della Guardia nazionale, impiegato in guerra in Iraq,
sottratto agli impieghi di protezione statale per incendi, uragani,
attacchi terroristici, viene compreso in qualsiasi municipalità
americana, anche a Peoria, dall'americano medio che culturalmente
associa «patriottismo» con il «militarismo». Infatti manifestazioni di
protesta, di reduci, di famiglie di soldati morti o al fronte, ancora
esprimono a viva voce l'opposizione alla guerra. Ma è necessario un
salto qualitativo che riesca, con una mobilitazione continua, a
sollecitare i propri rappresentanti in Congresso.
Questo salto qualitativo può provenire dalle file dei democratici?
Howard Dean, l'unico candidato contrario alla guerra, è ora alla
direzione del partito democratico. Le idee programmatiche di Dean sono
progressiste e genuine. Il suo tentativo è di spostare l'asse
programmatico del partito per l'opposizione alla continuazione di questa
guerra. Ma non ritengo i politici democratici cambieranno strategia, né
posizione. Per i prossimi due anni, non prevedo cambiamenti radicali
nelle elezioni di medio termine del 2006. Nessun politico, per
opportunismo, oserà affrontare il problema della guerra, se non
obbligato dalla mobilitazione di base, in tutti gli stati del paese. È
una sfida da verificare.