LA GUERRA CONTINUA....

La guerra all’Afghanistan sembra aver ottenuto il suo risultato: gli Usa (e i loro alleati) hanno vinto con rapidità la loro crociata, i Talebani sono crollati, Bin Laden è stretto in un angolo. Tutto bene, dunque, per noi lavoratori e giovani d’Occidente e per le stesse popolazioni del mondo arabo-islamico finalmente libere? Sembra… ma la realtà è ben diversa. Che la potenza militare di Usa e GB abbia messo in ginocchio uno dei paesi più poveri del mondo non può sorprendere nessuno. E neppure che la tempesta di bombe… "intelligenti" scatenata da aerei, navi e sommergibili abbia agevolmente aperto la strada di Kabul a quella banda di "liberatori" (!) dell’Alleanza del Nord. Ma… siamo davvero certi che questa guerra sia conclusa?

Ci sono mille e una ragioni per dire che questa guerra non è affatto terminata e, dunque, non è finita la necessità di lottare contro di essa. Forse, essa ha segnato una prima vittoria dei "potenti della terra". Forse. Perché la partita non è conclusa neppure in Afghanistan il cui controllo -nonostante i criminali bombardamenti che proseguono- non è ancora pienamente assicurato. La stessa Alleanza del Nord non garantisce una soluzione stabile ed utile… per l’Occidente stesso. La presenza dei militari occidentali non è ben vista neppure da questa banda di predoni -che pure i governi occidentali stanno utilizzando- con le sue velleità di una qualche autonomia. Una cosa è certa: per quelle popolazioni, comprese le donne afghane… "liberate" dalle bombe, non si prospetta affatto un futuro roseo.

Che la guerra continua è lo stesso Pentagono a dirlo. "L’Afghanistan è solo l’inizio, il peggio deve ancora venire": parola di Bush. E, infatti, si sono appena sconfitti i Talebani che già si promuove una nuova campagna militare d’aggressione. Prossimo obiettivo: l’Iraq (un paese già distrutto dalla guerra del ’91 e ridotto alla fame da 10 anni di embargo Onu che ha causato oltre un milione e mezzo di morti). Intanto, in Palestina si continua a morire per mano dello stato d’Israele, armato, finanziato e appoggiato da Usa ed Europa.

Non siamo, dunque, al primo atto di un processo di vera pace e liberazione dei popoli o anche solo di una qualche "soluzione" dei problemi. Siamo, invece, all’inizio di un nuovo bagno di sangue, di una guerra, questa sì, infinita. Perché? Perché gli stati occidentali, le banche, le multinazionali vogliono mettere le mani su petrolio e oleodotti, sulle risorse naturali e sulla forza-lavoro di quell’area e dell’intera Asia (già oggi le braccia islamiche e asiatiche costano da un decimo a un trentesimo di quelle europee). A vantaggio di chi? Non certo dei lavoratori, delle donne, dei giovani, ma per stringere il cappio dello sfruttamento -lì e qui-, per rafforzare il dominio contro di noi a scala mondiale. Il governo Berlusconi (con l’appoggio dell’"opposizione") l’ha detto chiaramente: mandiamo i militari per non rimanere fuori dalla spartizione del bottino. E’ per questo che gli stati occidentali devono aggredire e mettere fuori combattimento non il "leader" di turno (Saddam, Milosevic o Bin Laden), ma la massa degli oppressi che non è più disposta a piegare la testa e si sta ribellando.

Ma la propaganda continua a ripeterci: la guerra è un male necessario per battere il "terrorismo". Già, il terrorismo. "Che cosa dovremmo pensare, allora, di chi uccide 30-40 milioni di persone ogni anno? È il numero dei morti "dimenticati", morti di fame, di malattie, morti in conflitti regionali dei quali non si parla, bambini morti per sfruttamento sul lavoro, per schiavitù: il ricco occidente non può dirsi estraneo a queste tragedie" (così padre Zanotelli su il manifesto). Questo è il mondo in cui viviamo! La vera barbarie sta nel meccanismo che produce tutte queste tragedie. E’ il sistema del profitto la vera causa del caos e del disordine mondiale! Lo vedono e lo vivono sulla propria pelle le sterminate masse del Terzo Mondo. Ci potrà mai essere una vera pace in un mondo del genere? Potranno esse continuare a subire senza reagire? E come affrontiamo questo sistema che, anche qui, ci sta stritolando se non ci opponiamo alla guerra?

Già, perché questa guerra non è solo contro i popoli del Sud, ma anche contro di noi. La "civiltà" in nome della quale ci chiamano a combattere è la civiltà del profitto, quella che sta demolendo i nostri diritti sui posti di lavoro e creando un futuro senza speranze per le nuove generazioni. L’unico suo valore è il "civile" arricchimento, il mercato, in nome del quale viene stritolato ogni umano valore.

In definitiva, la guerra è l’altra faccia, la più cruda, della globalizzazione. Contro gli effetti di questo sistema ci si inizia a battere in Occidente (da Seattle a Genova, alle lotte per i diritti e il lavoro). Contro il medesimo sistema si stanno ribellando anche gli sfruttati arabo-islamici e del Terzo Mondo, centinaia di milioni di uomini e donne condannati altrimenti alla miseria e alla morte. Una lotta che, anche se al momento sotto bandiere che non suscitano la nostra simpatia, al fondo è per resistere al dominio finanziario e politico, all’occupazione militare dell’imperialismo e ad un terrore senza fine cui contribuiscono in prima persona i "nostri" stati, i "nostri" eserciti. Lo schiacciamento di questa resistenza rafforza quel sistema che opprime anche noi sfruttati d’Occidente.

Lottiamo dunque contro questa guerra, mobilitiamoci contro le aggressioni Usa-Italia-Nato, sosteniamo le battaglie dei proletari immigrati, facciamo della lotta contro l’offensiva antiproletaria di governo e Confindustria un tutt’uno con la lotta contro questa guerra criminale che nel suo mirino non ha altri che noi sfruttati, in tutti gli angoli della terra, al di là di ogni differenza di razza, di nazione o di religione. Sosteniamo la rivolta e la rabbia delle masse arabo-islamiche, quale che sia all’immediato il modo e la direzione della loro risposta. Se vogliamo invertire davvero fini e metodi della loro battaglia, nel senso di una lotta veramente unitaria e internazionale -il vero internazionalismo di classe- contro il sistema che globalmente ci opprime, occorre che ad esse arrivi il segno tangibile del nostro riconoscimento che la loro causa anti-imperialista è storicamente la nostra. Occorre dare loro la dimostrazione che qui si lotta sul serio contro l’insieme della catena reale che opprime loro e noi, che noi riconosciamo che il nemico principale è qui in casa nostra e contro di esso facciamo integralmente il nostro dovere. Le loro (comprensibili) illusioni religiose si dissolveranno se noi proletari porteremo avanti in Occidente una lotta a fondo contro il dio denaro, il dio profitto. Non si tratta di una causa di altri, ma della nostra stessa causa, se vogliamo mettere in campo una battaglia per trasformare alle radici una società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che sta portando il mondo alla catastrofe.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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