(Dall’appello delle partecipanti alla prima conferenza panrussa delle attiviste comuniste dell’Oriente alle operaie e contadine della Russia sovietica, 7 aprile 1921)
"Per voi è stato difficile vivere nella Russia degli zar -scrivevano nel 1921 le donne comuniste dell’Oriente in un appello a tutte le lavoratrici sovietiche-, ma di gran lunga più difficile è stato per noi, donne dell’Oriente, sopravvivere all’umiliazione e all’oppressione di secoli. Noi non siamo mai state esseri umani ma oggetti. (…) Siamo sempre state separate dal mondo da un muro che ci pareva incrollabile, non potevamo conoscere le gioie della vita, non abbiamo mai saputo a cosa servisse la nostra schiavitù e, soprattutto, per secoli e secoli non siamo mai riuscite a capire come si poteva eliminare.
Non osavamo neppure pensare alla lotta, alla ribellione, e così ci fidavamo dei baj, i ricchi proprietari terrieri, e ancora di più dei mullah che facevano di tutto per convincerci che così era sempre stato e che questo era l’unico modo per essere rispettate e protette. Grazie al parandjá, che loro chiamavano il simbolo del nostro onore e della nostra dignità, ci separavano dal mondo e vendevano le ragazze a chi pagava di più.
Schiave nascevamo e schiave morivano. Così trascorreva la vita di migliaia, di milioni di donne e pareva che quello dovesse essere il loro destino eterno, che non ci potesse mai essere una mano capace di spezzare le loro catene. Ma ecco che, nell’ottobre 1917, apparve una stella rossa, mai vista prima, e fu così che le operaie e le contadine si unirono alla Rivoluzione e che questa cambiò le loro vite. Da noi arrivò notizia di quegli avvenimenti tardi e in modo confuso, saltuario. Perché giungessero a noi, donne dell’Oriente, dovettero penetrare attraverso le mura, le inferriate e i nostri parandjá.
Per molto tempo noi non ci abbiamo creduto. I mullah ci minacciavano e ci spaventavano con i castighi celesti mentre i nostri mariti, padri e fratelli facevano di tutto perché non avessimo dei contatti con il mondo. Le compagne lavoratrici che sono venute da noi dalla Russia sovietica hanno conquistato la nostra fiducia e molte di noi hanno cominciato a rispondere ai loro appelli, a seguire il loro esempio, a insegnare alle altre a liberarsi dalla soggezione, a non vergognarsi più, a non avere paura… Noi crediamo nella vostra energia e sappiamo che in avvenire ci verrete sempre in aiuto per impedire che noi donne dell’Oriente possiamo essere ricacciate nell’antica schiavitù, chiuse ancora dietro le inferriate, soffocate sotto i veli della sottomissione e della solitudine."