La "bomba Le Pen"è scoppiata.


Di che si tratta?

Una constatazione innanzitutto: da tempo (una quindicina d’anni quasi) la base numerica di Le Pen è abbastanza stabile, tra alti e bassi congiunturali, quindi nessuna novità, nessuna vera esplosione del fenomeno. Ciò che vi è di nuovo è che, stavolta, questi voti sono stati sufficienti a battere il campione dell’Europa "diversa", "socialmente orientata", cioè Jospin, ed a permettere al candidato dell’ultradestra di passare al secondo turno delle presidenziali.

Novità, dunque, che riguarda il gioco elettorale, cui la "sinistra" si è presentata (questa la lezione che ci si appresta a trarre!) "divisa", e quindi perdente, nonostante avesse buoni numeri a disposizione per vincere. Sconfitte e vittorie misurate, tutte, sul puro piano elettoralesco, anzi: dei bussolotti elettorali mal maneggiati. Dalle urne alle urne. Il pensiero medio di "sinistra" non si scardina di lì di un solo millimetro. Quindi: risposta elettoralesca al "pericolo fascista" (per ora dietro Chirac, poi si vedrà…)

Altra scoperta per niente nuova: Le Pen è risultato il primo partito tra gli operai (e non precisamente da oggi lo è sul piano elettorale). Cosa significa per i nostri commentatori di "sinistra"? Che lo si dica o meno a chiare lettere, questo: che la classe operaia è costituita da una massa di retrogradi ignoranti e reazionari, incapaci di intendere, alla maniera degli intellettuali e dei piccolo-borghesi (o anche non tanto piccoli!) "progressisti" le virtù dei governi di sinistra. Nessuno sembra chiedersi se ci sia o meno un’altra ragione per questa "deriva" proletaria. Proviamo noi a dirlo.

Primo: il fatto che i tanto decantati governi "alternativi" alla Jospin non hanno offerto sostanzialmente nulla di tangibile ai lavoratori salariati, mentre le misure sociali per i borghesi han proceduto al galoppo; secondo: che proprio la "sinistra" francese, e in primo luogo il PCF, hanno costantemente "educato" la propria classe operaia a suon di produisons français, Patrie e collaborazionismo interclassista in nome dei suoi interessi immediati in quanto subordinati al quadro dell’union sacrée. Che meraviglia può suscitare il fatto che un populismo di destra, persino patriotticamente no-global, mieta successi in un’area sociale privata di spina dorsale proprio dalla sinistra? (Ad onor del vero, un fondo di Barenghi sul manifesto si è lucidamente posto questo problema, arrivando a dire che marciare contro Le Pen significa un po’ marciare contro se stessi, in quanto portatori d’acqua preventivi al suo mulino; le conclusioni, però, non si discostano poi tanto dal marciare e… marcire).

Dati questi presupposti, è ben naturale che, al di là delle chiacchiere sulla necessità per la "sinistra" di riscoprirsi un’anima (oltre che dei portafogli), tutta la politicaglia anche di "estrema", di là e di qui, si affretti a metter la sordina ad ogni questione di analisi e prospettiva alternativa, e parta lancia in resta nell’ennesima campagna "antifascista". Come? Naturalmente chiamando al blocco attorno a Chirac. Ladro sì, ma… democratico, perlomeno, come certi nostri tangentari "sismici" di centro-sinistra, però indeffettibilmente venticinquaprilisti. Oh, bella ciao! A Lille si è sloganato nelle manifestazioni Oui à les escrocs, non à le facho, sì ai ladri, no al fascista. Buono lo slogan per chi campa sul furto ai danni del lavoro salariato, un po’ meno suggestivo per quest’ultimo…Adesso leggiamo sul manifesto di un altro bello slogan, "femminista" stavolta, lanciato a Parigi l’(ex)primo maggio: "Meglio scopare con Chirac che essere violentate da Le Pen". Una delicata vena "antimaschilista" che più macho-capitalista non si potrebbe immaginare… Ma si tratta dell’"immaginario creativo" della sinistra, zitti quindi!

Il nostro Bertinotti ha subito detto che, fosse francese di Francia, voterebbe per Chirac. A tanto si è acconciato il terribile anti-global Bové. Nel ’21, in Italia, avremmo dovuto bloccare su Giolitti e, sempre per il bene della democrazia, evitare scontri chiassosi con lo Stato e i suoi apparati poliziesco-militare. Buono a sapersi (lo disse già Nenni: l’avvento del fascismo fu dovuto alle "intemperanze" comuniste!).

La nostra modesta lezione, che non pretendiamo di "imporre" ad altri, per non dar troppo l’idea di una nostra "spocchia di partito", come ci viene rimproverato, è diametralmente diversa. Provatevi ad assumere sul serio gli interessi e le aspettative, sin qui deviate a destra, dei proletari; indirizzatele contro lo Stato della borghesia organizzandone le forze al di fuori dei giochetti elettorali, e vedrete se e come la classe proletaria saprà rispondere o meno, se e come la sua risposta prosciugherà l’acqua in cui, grazie alla "sinistra", nuota Le Pen, se e come contro questa risposta non si attiverà un fronte unico dalle forze "democratiche" a quelle più o meno fasciste.

Il frontone demo-patriottico anti-fascista attorno a Chirac, faute de mieux, ha solo un senso: quello di tentare l’immobilizzo della forza di classe dietro i propri aguzzini. Questo vuol dire che noi rinunziamo a lottare contro la destra reazionaria? Tutt’altro. Vuol dire, semplicemente, che lo vogliamo fare sul serio, con le nostre armi, per i nostri obiettivi, senza di che, destra o sinistra del capitale che sia, siamo fottuti e, semmai, fottuti a destra proprio perché l’abbiamo ben rafforzata "da sinistra".

D’altronde, già nell’88 qualche buon esponente socialista lo diceva spregiudicatamente: di fronte alle "necessarie" misure di "razionalizzazione capitalista" che ci competono, nulla vale meglio, per imbrigliare la classe, dello spauracchio fascista, che ci torna comodissimo (e che proprio Mitterrand "sdoganò" all’uopo con una provvida modifica del sistema elettorale perché il FN avesse il suo spazio parlamentare contro cui, poi, ululare). L’Humanité, il giornale del PCF, del 26 aprile ’88 non si vergognava di scrivere: "Il corpo sociale può avere (di fronte alle misure di cui sopra, n.) delle reazioni assai violente, e se esso non è inquadrato socialmente né dai sindacati, che si trovano in una condizione di debolezza, né dal PCF, che ha perso il suo impianto sociale, e che non lo sarà dal FN perché ciò non sta nella sua natura, potrete avere delle irruzioni sociali completamente impreviste e difficili da governare". Per l’appunto: una mattina mi son svegliato ed ho visto Le Pen; giusto per non vedere il capitalismo e dimenticarsi del socialismo.

Per giustificare questa operazione di smantellamento dell’antagonismo operaio i bravi intellettuali francesi avevano suggerito di andare alle urne coi guanti, a significare che questo squallidissimo fronte nazionale antiproletario si fa con un certo schifo. Provvidenzialmente la legge francese ha stabilito che ciò è illegale e i demoguantati sarebbero perseguiti. Giustissimo: chi intende nuotare nella merda lo faccia senza preservativi, si dichiari per il coprofilo che è.

(Chissà, in futuro, che non ci tocchi "scegliere" tra Fini e Berlusconi for president… Ci piacerebbe vedere i nostri Bové e Laetitia Casta -Bertinotti e la Ferrilli- chiamare al voto "utile" per Fini…)


Postilla

Com’era scontato, al secondo turno Chirac ha trionfato su Le Pen, con il giubilo universale dei bravi democratici, quelli "di sinistra" anzitutto. Ha vinto con lui, si dice, il "volto più nobile e pulito" della Francia e dell’Europa. Di che cosa si tratti, l’ha chiarito immediatamente il trionfatore a urne appena chiuse: la sicurezza anzitutto! Il nuovo governo di destra, che la "sinistra" francese ed europea ha già stra-legittimato in partenza, metterà al primo posto le misure anti-criminalità, cioè anti-immigrazione e anti-"disordine sociale", le più dure misure di polizia a protezione della patria francese più forte e coesa invocate a gran voce, per l’appunto, da Le Pen. È così che il "meno peggio" spiana la strada al peggio.