Uno "stato palestinese", aveva promesso Bush alla vigilia dello scatenamento della "guerra infinita". Non che le centrali imperialiste sperassero di bloccare così l’Intifada. Piuttosto, è stato il tentativo ipocrita di dare alle borghesie arabe compromesse con l’Occidente (e indifferenti alla sorte dei palestinesi) un minimo di legittimazione davanti ai propri popoli nel mentre si andava ad aggredire l’Afghanistan. Il gioco è durato lo spazio di un mattino. Incassata la sconfitta dei talebani, l’imperialismo e lo stato israeliano hanno subito presentato il conto.
Il governo sionista -e non si continui a dire che si tratta solo del "destro" Sharon- sta utilizzando la campagna internazionale di aggressione alle masse arabo-islamiche per schiacciare nel sangue del popolo palestinese quel minimo di "autonomia" amministrativa fin qui concessa. Anche questi bantustan, così come sono stati finora, sono troppo. L’obiettivo israeliano a breve termine -concordato con gli Usa, ma sostanzialmente condiviso dai viscidi e ipocriti governi europei, compreso quel Berlusconi che ciancia di "piano Marshall" per la Palestina- è chiaro: imporre nei territori occupati amministrazioni singole per ogni città, una per una, con rapporti esclusivamente con le autorità israeliane, rette da kapò prescelti da queste tra figure emergenti del notabilato palestinese stanco dell’Intifada. Figure di quisling locali in realtà già condannati davanti al proprio popolo per la loro disponibilità, oramai evidente, alla completa svendita, ben oltre la linea già totalmente bancarottiera dell’Olp.
Oslo è morta. Seppellita non solo dal giro di vite durissimo contro i palestinesi, ma dal contestuale rilancio in grande dell’aggressione al mondo arabo-islamico. A dimostrazione dello stretto legame tra la lotta palestinese e le sorti delle masse dell’area. Ciò richiama la necessità di rilanciare in avanti l’Intifada, di abbandonare definitivamente l’idea di una qualsiasi soluzione negoziata o di un aiuto da parte dei governi americano o europei. È la realtà dello scontro a mettere in campo la necessità di chiamare attivamente e direttamente l’intero mondo degli oppressi arabo-islamici a dare battaglia contro Israele, contro le forze imperialiste che gli stanno dietro, ma anche contro le forze borghesi arabe totalmente conniventi o ipocritamente silenti nello strangolamento del popolo palestinese (e afghano, iracheno...). A passare da una simpatia ancora sostanzialmente passiva per la causa palestinese ad una vera e propria scesa in campo al suo fianco.
Ma perché si dia ciò è fondamentale che i lavoratori di qui rompano il silenzio complice sull’azione terrorista di Israele e dei "nostri" governi e inizino finalmente una lotta vera a fianco dei palestinesi. Questo popolo da solo non può vincere, ma una cosa è certa: lo schiacciamento della sua lotta, se dovesse darsi, sarebbe anche lo schiacciamento, per altre vie, delle esigenze di classe dei proletari d’Occidente. Di più, di fronte ad una ribellione delle masse oppresse -in Palestina come nel resto del Sud del mondo- che l’imperialismo occidentale cerca di soffocare nel sangue, noi proletari di qui non potremo restarne fuori, ma saremo chiamati dai "nostri" governi a un coinvolgimento sempre più diretto nello schiacciamento di queste rivolte. Ne sanno qualcosa i soldati e ufficiali israeliani che proprio in risposta a ciò si stanno rifiutando di continuare l’occupazione militare dei territori occupati. Opponiamoci sin da ora a questa chiamata. Lottare veramente a fianco dei palestinesi significa lottare contro i "mandanti" che stanno dietro lo stato israeliano: i governi occidentali, il governo italiano. A questo sono chiamati tutti i proletari di qui, quelli "autoctoni" e quelli immigrati.