I lavoratori brasiliani della GM di Sao Josè dos Campos scendono in lotta contro la minaccia di terziarizzazione a seguito dellaccordo GM-Fiat e lanciano un appello a tutti i lavoratori del gruppo "con lobiettivo di intraprendere azioni comuni... la solidarietà internazionale è un aspetto fondamentale della lotta globale dei lavoratori" (dal messaggio del sindacato Cnm/Cut). |
Inizia a manifestare i primi effetti laccordo Fiat-GM. La costituzione di due nuove società dedicate rispettivamente alla componentistica per auto e alla produzione comune di motori e cambi, è il preludio dulteriori processi di razionalizzazione/riorganizzazione della produzione con pesanti ricadute sulla forza lavoro. Ma ciò ha già suscitato le prime reazioni operaie. Come riportiamo nel riquadro, i lavoratori della Opel (filiale tedesca della Gm) di Bochum e quelli brasiliani dello stabilimento Gm di Sao Josè hanno iniziato a dare una risposta per fronteggiare le prime conseguenze di questa situazione che, nel quadro dellacuita concorrenza nellindustria mondiale dellauto, mette oggettivamente a più diretto contatto gli stabilimenti del gruppo. Così, nella massa operaia diviene più "palpabile" la percezione che le vicende dei singoli stabilimenti sono strettamente legate tra loro, al di là degli stessi confini nazionali. Non siamo ancora, è evidente, alla consapevole ricerca dellunità di classe internazionale. La molla iniziale (come a Bochum) può anche essere la speranza di salvaguardare una condizione "migliore" per sè, oppure (vedi Brasile) il rifiuto a continuare a vedersi scaricate addosso le condizioni "peggiori". Lessenziale è che in un caso e nellaltro si sente la necessità di scendere in lotta, e che fanno capolino primi significativi tentativi di tessere una rete di collegamenti tra stabilimenti di diversi paesi.
Tra i lavoratori Fiat in Italia, pur in presenza di singoli episodi di lotta contro il peggioramento dei ritmi, la cassa integrazione, etc., non sè ancora manifestata la stessa volontà di mobilitazione espressa dai compagni brasiliani e tedeschi. Non che la loro condizione sia migliore. Il problema è che -per ragioni complessive di cui ci abbiamo più volte detto- la classe operaia Fiat si trova in uno stato di sfiducia nelle proprie forze e di profonda frammentazione al proprio interno, risvolto che la politica sindacale e riformista ha contribuito ad approfondire col rifiuto sistematico della lotta, dello scontro di classe, in cambio di arretramenti "concertati".
La lotta dei lavoratori Volkswagen di PueblaIl 18 agosto ha avuto inizio nello stabilimento Volkswagen di Puebla in Messico uno sciopero che ha coinvolto 12.000 lavoratori. Oggetto dello scontro la richiesta di aumento salariale (a fronte di vertiginosi aumenti della produttività e di una selvaggia intensificazione dei ritmi di lavoro) e la protesta contro la riduzione dei giorni di ferie e lobbligo dello straordinario. La lotta ha comportato la paralisi dellindotto. Pronto è arrivato il ricatto dellazienda con la minaccia di spostare la produzione (ecco allopera il modello di relazioni sindacali Volkswagen guardato con ammirazione dalla "sinistra sindacale" nostrana: "orario corto" come strumento di flessibilizzazione spinta del lavoro qui in Occidente, supersfruttamento e repressione senza fronzoli in periferia. Modello degno della "civile" Europa che qualcuno vorrebbe contrapporre a quello "selvaggio" americano!). Né si è fatta aspettare la mano pesante del governo che ha immediatamente dichiarato fuorilegge la mobilitazione costringendo gli operai a rientrare in fabbrica. Un elemento importante è che, in risposta allintervento del governo, alcuni sindacati aderenti allUnione Nazionale dei Lavoratori (Unt) si sono dichiarati pronti a scendere in lotta con scioperi di solidarietà nel caso di un nuovo scontro, mentre un migliaio di lavoratori della Volkswagen e di altri posti di lavoro hanno manifestato davanti al palazzo del governo. È un ulteriore capitolo di uno scontro che sempre più vede come protagonista il proletariato messicano, su cui preme direttamente il tallone di ferro dello sfruttamento imperialistico. Ovvio che i governi e i padroni - di lì, ma ancor più di qui -vedano come fumo negli occhi la ripresa delle lotte di questa sezione della classe operaia e tentino di tutto per bloccare quello che sarà senza ombra di dubbio un tassello decisivo della ripresa della lotta del proletariato internazionale. |
Ma, gli sviluppi dellaccordo Fiat-Gm stanno ponendo tutte le premesse per una risposta diversa. Anche loperaio Fiat impatta con gli effetti della globalizzazione. Le rassicurazioni dellAvvocato sulle conseguenze per i lavoratori del patto siglato con gli americani si riveleranno per quello che sono: promesse ingannatrici e avvelenate. Da tutti i punti di vista, la classe operaia Fiat non potrà continuare a vivere come prima, con quellatteggiamento di accettazione di "piccoli", graduali arretramenti nellillusione di poter così evitare guai peggiori, quasi fosse in una riserva ancora protetta. I guai peggiori stanno puntualmente arrivando. Eccone alcuni.
Attacco alloccupazione. In un settore che vede un surplus di capacità produttive a scala mondiale e quindi la necessità per tutti i gruppi di ridurre drasticamente costi e occupazione (lultimo rapporto della Federazione Internazionale Metalmeccanici prevede almeno 500mila posti in meno nei prossimi 4-5 anni), quanto può valere la speranza di non vedersi toccati dai tagli?
Peggioramento delle condizioni di lavoro. Ancor prima dellaccordo con Gm la direzione aziendale aveva presentato un piano per estendere i 18 turni (6 giorni per 3 turni di lavoro, come già a Melfi e poi a Termoli) alle Meccaniche Mirafiori, facendo pesare il ricatto dello spostamento delle produzioni negli stabilimenti esteri (e nel frattempo utilizzando la cassa integrazione). Tanto più questo ricatto sarà giocato ora che lazienda ha ampliato il numero di stabilimenti su cui giocare. E tanto più inconsistente risulta la risposta del sindacato. Anche la Fiom, che sè ben guardata dal chiamare alla lotta, ha nella sostanza accettato il ricatto aziendale rendendosi disponibile per una soluzione "contrattata" che di turni ne prevede 17(!). Lemorragia occupazionale dello stabilimento e il ricatto della delocalizzazione, invece di diventare lelemento su cui lavorare per costruire una risposta in grado di sollevarsi dal vicolo cieco dei ristretti confini aziendali e nazionali, si traducono nella subordinazione alle esigenze di competitività dellazienda.
Divisione e frantumazione della forza lavoro. È sempre più comune anche per loperaio Fiat trovarsi fianco a fianco con lavoratori di altre aziende, spesso collocati su gradini più bassi per salario, diritti e condizioni. Terziarizzazioni, appalti a cooperative, ecc. riguardano oramai interi reparti produttivi, e questo processo è destinato a estendersi e generalizzarsi. Intanto si diffonde il lavoro interinale "usa e getta": i mille giovani operai di Mirafiori cui non è stato rinnovato il contratto scaduto a giugno sono solo la punta delliceberg di un esercito di lavoratori precari, sottopagati, ultraricattati che sta facendo ingresso nella grande fabbrica. Come risponde il sindacato? La Fiom (per non parlare degli altri sindacati che fanno da battistrada alla flessibilità) si è limitata, con toni pietistici, alla mera "denuncia" del fatto, salvo aver prima firmato gli accordi sullutilizzo del lavoro interinale. Non ha proclamato alcuno sciopero, indicendo invece una simbolica manifestazione di protesta, ben lontano dai cancelli, ed evitando accuratamente di coinvolgere il grosso degli operai. Ben altro ci vorrebbe! Lavorare per organizzare sul serio i lavoratori precari e al tempo stesso per coinvolgere il cuore della classe operaia, al momento più "garantita", che fatica a realizzare che anche solo per difendere se stessa deve lanciare un ponte di organizzazione e di lotta verso chi da quelle "garanzie" è escluso! Questo il senso del nostro intervento dentro e fuori i cancelli.
La necessità di collegamenti e unità tra le varie sezioni di classe operaia oltre gli steccati nazionali sta sempre più nelle cose, è unistanza che deriva dai processi oggettivi in atto, lo si voglia o meno. È quanto si vede dai primi segnali che, pur con tutti i limiti, iniziano effettivamente a darsi in questa direzione e che, nel nostro piccolo, cerchiamo di raccogliere e ritrasmettere. Dato questo di cui persino il sindacato deve in qualche modo tener conto (in una direzione opposta alla nostra). Dopo laccordo Fiat-Gm, la Fiom ha sviluppato contatti, per esempio, col sindacato tedesco, rimasti nel chiuso delle segreterie sindacali, e mai portati nelle istanze più vicine ai lavoratori. Nessun rigurgito di internazionalismo, è solo lembrionalissima presa datto che si riducono drasticamente i margini per una tranquilla, concertata azione sindacale al riparo degli amati confini patrii. Il quadro di sottomissione alle esigenze nazionali (la "politica industriale del paese") permane intatto -anzi non potrà che diventare ancora più ferreo, non senza combinarsi con ogni possibile deriva aziendalista, federalista, ecc.- ma di fronte al nuovo padrone italo-americano si inizia (assai timidamente) a cercare compagni di strada per uno schieramento pro-Europa (tinta di sociale, naturalmente, ma sempre più intesa come istituzioni e governi cui rivolgersi come garanti del "sistema di tutele e diritti del lavoro" proprio del "nostro" continente) da contrapporre agli Usa. Tale possibilità dipenderà dallevolversi del contrasto tra le borghesie europee e quella statunitense (e da come si collocherà, in esso, la borghesia italiana). Comunque sia, per i lavoratori accodarsi al carro europeista può solo significare rinuncia alla difesa dei propri interessi (da cedere per sostenere la competitività economica e della potenza militare dellEuropa) e contrapposizione alla classe operaia nordamericana e del Sud del mondo (che stanno facendo uno sforzo per riorganizzarsi, lottare e collegarsi internazionalmente)!
Il quadro che si presenta alla Fiat è sicuramente complesso, ma non privo di possibilità di intervento per i militanti di classe. Già in vista della prossima vertenza integrativa -a fronte di unesigenza di recupero salariale sentita vivamente dai lavoratori- va messa al centro la necessità della lotta, senza la quale non solo non si potrà ottenere alcun reale aumento di salario, ma non si potrà fermare la tendenza alla frantumazione e alla disgregazione delle residue capacità di resistenza operaie.(Di ciò lazienda sta approfittando per un ulteriore giro di vite sulle disposizioni disciplinari). Una lotta che deve essere la più unitaria possibile a livello di gruppo, contro le ricorrenti tentazioni aziendaliste, e porsi il problema di re-integrare o integrare ex novo i lavoratori terziarizzati, interinali, ecc. Un bilancio della politica sindacale di rispetto delle compatibilità aziendali e nazionali è altrettanto indispensabile perché essa sta dietro tutti gli arretramenti, le divisioni e le contrapposizioni tra lavoratori che si sono succeduti in questi anni.
Fare questo, condurre cioé una lotta vera, significa che i lavoratori devono riconoscere di avere interessi propri diversi da quelli dellazienda. Solo questo elemento consente di mettere in campo una battaglia coerente in difesa di sè come operai, come classe, quindi con interessi comuni con altri lavoratori, oltre gli steccati aziendali, settoriali, e anche nazionali, nelle questioni di fabbrica come sul più ampio spettro delle vicende sociali e politiche. Diversamente, lidea di avere interessi coincidenti o comunque subordinati a quelli dellazienda non permette di battersi (perché landamento economico ne verrebbe danneggiato) e quindi non può arrestare la deriva di disorganizzazione e frantumazione. Iniziare a separare gli interessi di classe da quelli della borghesia è dunque indispensabile. È indispensabile cioè, per i lavoratori, mettersi sulla strada di un proprio partito di classe, anche solo se si vuole lottare per le necessità di difesa immediata che la globalizzazione capitalistica rende sempre più stringenti. Si tratta di iniziare quel percorso di partito al quale i comunisti devono contribuire dando un indirizzo politico e di azione che sappia indicare e tradurre tale esigenza nel concreto svolgersi dello scontro di classe.
E materiale per questo scontro, alla Fiat e altrove, non si può dire non se ne stia accumulando.
Mobilitazione alla Opel-Gm di BochumLa fusione Gm-Fiat è stata giustamente accolta con grande preoccupazione dai lavoratori tedeschi della Opel . "Gli effetti si faranno sentire per noi soprattutto nei tagli alloccupazione e nel tentativo di dividerci", questo il sentire degli operai. Nei mesi successivi questa preoccupazione ha dato spazio alla consapevolezza di dover mettere in campo la propria forza per difendersi. Così è stato: una prima mobilitazione è culminata nelle giornate di lotta di fine maggio e inizio giugno che hanno visto il blocco della produzione negli stabilimenti I e II di Bochum, con immediate ricadute nelle altre sedi del gruppo, in particolare ad Eisenach. Il 16 giugno lazienda ha accolto la richiesta dei lavoratori di mantenere per 5 anni le condizioni previste dal contratto Opel per coloro che confluiranno nel nuovo gruppo Fiat-Gm. La decisa risposta dei lavoratori è positiva al di là del suo esito immediato, proprio a misura che il risultato acquisito potrà essere difeso solo se la lotta non verrà accantonata, ma anzi allargata. Si è infatti segnato un punto a favore sul terreno decisivo della tenuta unitaria dei lavoratori: "Dobbiamo rimanere ununica classe, un unico consiglio di fabbrica". Quando infatti con il blocco della produzione sono arrivati puntuali i ricatti padronali e la minaccia di chiusura dello stabilimento, i lavoratori e il consiglio di fabbrica hanno avvertito la necessità -poi non concretizzatasi per il raggiungimento dellaccordo- di estendere la lotta e convocare assemblee in tutti gli stabilimenti del gruppo. Ecco la risposta dallo stabilimento di Eisenach: "La vostra lotta contro le conseguenze negative della fusione Gm-Fiat è seguita con grande attenzione e simpatia la lotta è la sola lingua che lazienda è in grado di intendere Si sta diffondendo lopinione che gli effetti dellaccordo alla lunga toccheranno tutti. La difesa dei propri diritti, lequiparazione dei salari non può essere ottenuta se i lavoratori rimangono divisi tra stabilimenti". Altro dato interessante: la determinazione mostrata a Bochum e la pressione dei lavoratori hanno costretto il Consiglio di fabbrica europeo del gruppo ad una presa di posizione formalmente dura verso lazienda. È anche questo il riflesso - pur deformato dalla natura del tutto co-partecipativa di questo tipo di struttura - della necessità di una battaglia a scala più ampia che in prospettiva dovrà richiamarsi a ben altre forze.
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