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Bio-combustibili o necro-combustibili?

L’amministrazione Bush sostiene che il suo programma sui biocarburanti è finalizzato ad affrontare due problemi: la crisi ecologica innescata dal riscaldamento globale e l’esaurimento delle risorse energetiche non rinnovabili. Si tratta di vere emergenze, il cui aggravamento sta mostrando quanto il destino dell’umanità lavoratrice sia legato a quello della Terra. Non sono queste, però, le preoccupazioni al centro del programma sui bio-combustibili di Bush. Ce lo spiegano i due documenti di Frei Betto e di Vandana Shiva che pubblichiamo. Essi ci raccontano perché la promessa rivoluzione “verde” è, in realtà, un’offensiva nera a tutto tondo.

Ammesso e non concesso che riesca a ridurre l’emissione di gas-serra, l’implementazione dei bio-carburanti da parte di Bush&C. peggiora le condizioni d’esistenza dei popoli del Sud del mondo e dei lavoratori del mondo intero, spinge su altri piani la crisi ecologica verso l’orlo dell’abisso, rafforza il dominio del capitale sugli sfruttati, dell’imperialismo sui paesi controllati e dominati, degli Usa sull’intero pianeta.

Eccone, sommariamente, le ragioni.

L’introduzione degli agro-carburanti programmata a livello governativo (entro il 2017 il 25% dei consumi di benzina negli Stati Uniti e entro il 2020 il 10% dei consumi di diesel nell’Unione Europea) concorre, innanzitutto, a ridisegnare l’agricoltura globale. Di questo processo, stanno facendo le spese in primis i contadini poveri e i piccoli coltivatori, poiché la crescente estroversione delle agricolture nazionali nel Sud del mondo si sta accompagnando a un’ulteriore concentrazione delle proprietà terriere nelle mani dell’agro-business internazionale e, sempre più spesso, “nazionale”, come nel caso del Sud Africa e del Brasile, che con gli Stati Uniti è andato a costituire “l’Opec degli agro-carburanti”.

Questa ridislocazione dell’agricoltura globale comporta, inoltre, l’aumento della deforestazione massiccia in Amazzonia, in India, in Cina, nel Sud Est asiatico. Porta alla progressiva sostituzione a livello mondiale –anche in Occidente- delle coltivazioni destinate al consumo umano e animale con monocolture per la produzione di carburanti (la canna da zucchero, la colza, il mais, l’eucalipto, ecc.) che vengono geneticamente modificate per aumentarne la produttività e la resa energetica, e che abbisognano di elevati input in termini di acqua e di elementi nutritivi. La domanda di materie alimentari destinate alla produzione di agro-carburanti sta, quindi, facendo avanzare ulteriormente le frontiere del dominio e del saccheggio capitalista della natura.

Questi mutamenti, a loro volta, influiscono anche sulla vita dei proletari del Nord del mondo e dei popoli del Sud del mondo, per i quali non è affatto indifferente il rincaro dei prezzi di un’ampia gamma di generi alimentari -il pane, la pasta, ma anche le carni, il latte, le uova, il pesce…- che si è già registrato in quest’ultimo anno e che tutto lascia presumere continuerà nei prossimi anni. L’effetto sarà un aumento in vent’anni della popolazione denutrita nel mondo dagli attuali 850 milioni a un miliardo e duecento milioni di persone: ammesso e non concesso che il programma bio-carburanti riesca anche solo ad attutire il riscaldamento globale, esso contribuisce di sicuro ad accrescere la fame globale!

Vi concorre anche per un altro motivo. Oltre che per sostenere l’agro-business, l’industria delle biotecnologie, l’industria automobilistica (soprattutto statunitense), le multinazionali del petrolio e le istituzioni finanziarie internazionali (v. riquadro allegato), il programma sui biocarburanti è stato avviato anche per garantire la sicurezza e l’indipendenza energetica dei paesi occidentali di fronte al corso degli eventi in Medio Oriente (leggi: resistenza dei popoli iracheno, libanese e palestinese), in America Latina (leggi: le politiche di nazionalizzazione di Chavez), in Europa (leggi: il gas russo, che è controllato dalla… Russia), in Asia (leggi: l’aumento di prezzi a livello globale dovuto alla crescita dirompente di Cina e India). È evidente che in un mondo in cui il dominio imperialista potrà dispiegarsi libero da questi vincoli, la fame sarà nettamente ridotta… Ecco perché siamo e saremo solidali con tutte le denunzie e le iniziative delle classi lavoratrici delle campagne (a iniziare da quelle dei Sem Terra brasiliani) e delle metropoli che si metteranno di traverso a questo progetto di falsissima bio-economia.

Non è una vera alternativa al programma dei bio-carburanti di Bush l’altro approccio “ecologico” che si sta mettendo a punto tra le fila della borghesia degli Usa, quello rappresentato da Al Gore. Torneremo a parlarne. Mettendo in rilievo quanto le emergenze della proliferazione dei gas-serra e dell’esaurimento dei combustibili non rinnovabili richiedano di affrontare l’emergenza del dominio capitalistico dell’uomo sull’uomo, di volgere le priorità della produzione non più al profitto ma al soddisfacimento dei bisogni umani e alla rigenerazione dell’ecosistema. Solamente se “il bene comune della Terra” tornerà ad essere realmente comune, non più appropriato privatamente, solamente allora per l’umanità lavoratrice e la Terra si aprirà un comune destino di crescita e di sviluppo sostenibile.




Chi ci guadagna?


La crisi energetica mondiale, secondo Eric Holtz-Giménez, direttore generale di Food First - Institute for Food and Development Policy, è potenzialmente un affare che va dagli 80.000 ai 100.000 miliardi di dollari. A spartirsi le tortillas…, pardon la torta, saranno, oltre l’agrobusiness e le industrie delle biotecnologie:

- l’industria automobilistica, che si avvantaggerà della sostituzione del parco-macchine mondiale, che attualmente ammonta a 800 milioni di autovetture;

- l’industria petrolifera, che sta investendo per diversificare la propria produzione e contemporaneamente prolungare l’era del petrolio grazie all’integrazione della produzione dei due rami energetici;

- le istituzioni finanziarie private e quelle internazionali, come la Banca Mondiale e la Banca di Sviluppo Interamericano che sperano di lanciare un nuovo ciclo di strozzinaggio attraverso prestiti ai paesi che produrranno agro-carburanti.

 

Ottobre 2007

 ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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