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Una breve cronaca sulle due manifestazioni dei lavoratori immigrati del 27-28 ottobre 2007
Due importanti iniziative di lotta dei lavoratori immigrati si sono svolte sabato 27 a Brescia e domenica 28 ottobre a Roma. Le principali rivendicazioni sono state: la regolarizzazione generalizzata e permanente per tutti gli immigrati presenti in Italia, l’abolizione integrale della Bossi- Fini, il “no”alla Turco-Napolitano o alla sua eventuale revisione (proposta di legge Amato-Ferrero) e la rottura completa del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro.
Le manifestazioni, convocate da tempo, hanno visto scendere in piazza 7-8.000 lavoratori, nella giornata del 27 a Brescia ,“dedicata” ai lavoratori del centro-nord, e 3500 nel corteo del 28 a Roma per i lavoratori del centro-sud.
Due manifestazioni partecipate e combattive. Un “piccolo” ma significativo “successo”, frutto essenzialmente del percorso decennale di lotta dei lavoratori immigrati e della cura con cui è stata organizzata la doppia iniziativa. La preparazione, iniziata almeno un mese prima dell’evento, è stata caratterizzata dallo sforzo di rivolgersi alla massa degli immigrati attraverso la distribuzione di migliaia di volantini, interventi di piazza e piccoli comizi. A Roma, grande attenzione è stata rivolta anche ai lavoratori delle comunità storicamente meno presenti nelle mobilitazioni, soprattutto quelle dell’Est europeo (significativo in questo senso, il volantinaggio svolto a Roma verso le lavoratrici domestiche ucraine). Inoltre sono stati portati avanti diversi tentativi di “contatto” verso i lavoratori italiani (ad esempio in alcune iniziative di delegati CGIL contro l’accordo del 23 luglio e alla manifestazione del 20 ottobre).
Le due giornate sono state importanti anche perché hanno ribadito la volontà di costruire un tessuto organizzativo e di mobilitazione unitario tra gli immigrati del Nord Italia e quelli del Centro-Sud, superando gli ostacoli frapposti anche dalle parzialmente diverse caratteristiche occupazionali dei lavoratori immigrati nel nord e nel centro-sud, di cui le manifestazioni hanno, ancora una volta, fornito una rappresentazione visiva. L’iniziativa di Roma ha visto in piazza lavoratori impiegati nei servizi, con occupazioni saltuarie, in gran parte al nero. Ampia, inoltre, almeno il 60%, la quota dei presenti arrivati in Italia nel 2007 e privi del primo permesso di soggiorno. A Brescia il grosso del corteo era, invece, costituito da operai, da tempo in Italia, stabilmente inseriti nel tessuto produttivo alle prese con il problema del periodico rinnovo del permesso di soggiorno.
L’inizio di un collegamento tra questi due settori del mondo dei lavoratori immigrati è un punto nevralgico. Lo dimostra anche il fatto che circa duemila lavoratori immigrati in partenza da Napoli sono stati bloccati alla stazione partenopea (“ufficialmente” dalla Ferrovie dello stato) ed è stato loro impedito di raggiungere Roma e partecipare alla manifestazione: segnale evidente di un timore governativo e padronale nei confronti del percorso di auto-organizzazione degli immigrati e dei tentativi di unità e coordinamento nazionale delle singole realtà locali.
Di sfuggita, ci permettiamo di sottolineare come, anche in questo caso, il silenzio della stampa sia stato generale, che la notizia del blocco degli immigrati a Napoli non ha praticamente trovato spazio nei media nazionali, sempre pronti, invece, a presentare i lavoratori immigrati come criminali da allontanare o disperati da compatire. Sempre pronti, insomma, ad adoperarsi nella fetida azione finalizzata a costruire divisione e contrapposizione tra proletari autoctoni ed immigrati.
“Siamo lavoratori, vogliamo i nostri diritti!”
Se dovessimo utilizzare uno slogan in grado di rappresentare il senso delle manifestazioni, dovremmo utilizzare proprio questo titolo. Gli interventi che ci sono stati durante i cortei e nei comizi finali hanno evidenziato come la presenza dei lavoratori immigrati nei settori produttivi e nei servizi sia un dato ineludibile e che senza la loro presenza numerosi comparti economici dell’Italia non riuscirebbero ad andare avanti. L’umore della piazza esprimeva un sentimento di malessere e di malcontento rispetto alle proprie condizioni di vita e di lavoro, una manifesta delusione verso il governo di centro sinistra, “reo di non aver mantenuto le, pur timide, promesse fatte in campagna elettorale”. Nella manifestazione di Roma, questa delusione verso Prodi è sfociata, in alcuni interventi, in un’aperta denuncia contro il governo e contro la campagna razzista che esso sta portando avanti, da ultimo con la proposta del cosiddetto “pacchetto sicurezza”.
Questa campagna di criminalizzazione e repressione degli immigrati, orchestrata sia a livello istituzionale che extra-istituzionale, è stata denunciata come l’ennesimo tentativo di intimorire gli immigrati e come un ulteriore e pesante elemento di divisione e contrapposizione con i lavoratori italiani. Diversi interventi della manifestazione di Roma e quello del compagno del Jwp a Brescia hanno inquadrato il fenomeno dell’immigrazione nella più generale opera di saccheggio e rapina coloniale ed imperialista, spiegando come l’immigrato non sia un “libero viaggiatore” in cerca di fortuna, ma un lavoratore costretto a lasciare la propria terra e i propri affetti, per le guerre e la secolare oppressione militare ed economica dell’Occidente.
Come andare avanti
Le due manifestazioni segnano, dunque, un altro passo nella lotta e nell’organizzazione dei lavoratori immigrati. Eppure, per andare avanti su questa strada, c’è bisogno ancora di molto lavoro e di ulteriori passaggi politici e organizzativi. C’è innanzitutto la necessità di proseguire e di approfondire la chiarificazione sul ruolo e sulla natura di questo governo. Un governo che non è e non deve mai essere visto come “un amico che sbaglia”, ma come un nemico degli immigrati e di tutto il mondo del lavoro. Un governo che è in primissima fila nell’azione di criminalizzazione razzista degli immigrati e di aggressione politica, economica e militare ai popoli del Sud e dell’Est del mondo.
Bisogna continuare e rafforzare i legami organizzativi, di discussione e di lotta tra le varie comunità e tra le varie realtà “locali” e impegnarsi con tenacia nella non facile opera di coinvolgimento nelle mobilitazioni e nel processo di auto-organizzazione dei tantissimi lavoratori dell’Est Europa presenti in Italia.
Indispensabile è, infine, proseguire con caparbietà l’azione verso il proletariato italiano, mostrandogli quanto la contrapposizione e l’indifferenza verso l’oppressione dei lavoratori immigrati sia un boomerang per la difesa dei suoi stessi interessi immediati.
Noi comunisti organizzati nell’Oci (che, come sempre, siamo stati attivamente partecipi a tutto il lavoro di preparazione e allo svolgimento delle manifestazioni) non nascondiamo le difficoltà politiche e organizzative che un simile cammino comporta, ma diciamo anche che questa è l’unica strada da percorrere per andare realmente avanti verso l’organizzazione di lotta unitaria dei lavoratori italiani e dei lavoratori immigrati contro il comune nemico capitalistico. E su questo terreno, la nostra organizzazione è determinata a fare la sua parte con il sostegno pieno alla mobilitazione, con l’intervento sistematico su questa questione verso i lavoratori italiani e con la sollecitazione, rivolta a questi ultimi e ai lavoratori immigrati impegnati nelle mobilitazioni, alla chiarificazione politica e teorica per la conquista della prospettiva generale di classe a ciò indispensabile.
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA
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