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26.3.2008  dal "Il manifesto"

Delocalizzazioni
Romania, alla Renault è sciopero. Chiedono un aumento del 60%
 

La Romania sta perdendo il ruolo di paradiso delle delocalizzazioni industriali? Gli operai della fabbrica di Pitesti della Dacia, primo produttore automobilistico del paese - acquisito dal gruppo Renault nel '99 - sono da lunedì in sciopero «illimitato» e chiedono aumenti di 550 lei (circa 148 euro), per salari medi di 1064 lei (285 euro). Ma ieri è arrivata la minaccia della direzione: «Queste rivendicazioni possono mettere in pericolo il futuro della fabbrica, e gli operai devono sapere che, entro il 2010, fabbriche Renault apriranno in Marocco, in India e in Russia e saranno in grado di produrre la Logan», che per ora è la principale produzione del sito di Pitesti (nord-ovest di Bucarest). Per far piegare i dipendenti, la Dacia si è rivolta alla giustizia. Oggi dovrebbe esserci la prima udienza. Nel 2003, era stata una sentenza giudiziaria a bloccare una protesta durata tre giorni e giudicata «illegale» dal tribunale.
Ma i 130mila dipendenti non intendono cedere, dopo aver già fermato la produzione per 2 ore il 14 marzo scorso, come «avvertimento». Il sindacato giustifica la richiesta di un aumento del 60% del salario medio sulla base dei risultati spettacolari della Dacia: un aumento del 62% delle vendite nei primi due mesi dell'anno (il 10% delle vendite complessive della Renault). Per il sindacato l'evocazione dell'apertura di nuove fabbriche in paesi con salari ancora più bassi della Romania è «un ricatto». Secondo Ion Iordache, sindacalista della Dacia, «la direzione ci minaccia di una delocalizzazione di qui a due anni se non sospendiamo la protesta». Per la direzione, una rivendicazione «realista» non può superare la concessione che è pronta a fare l'azienda: 144 lei in più (44 euro). La direzione fa valere il fatto che gli operai della Dacia godono di condizioni favorevoli, rispetto agli standard della Romania: vacanze pagate, un pasto al giorno gratuito alla mensa, riduzioni nei trasporti pubblici e un aumento del 20% l'anno scorso. Ma i sindacalisti sottolineano che i salari rumeni restano i più bassi d'Europa, malgrado l'aumento esponenziale del costo della vita nel paese. Alla Dacia, lo stipendio medio è l'equivalente di 285 euro, ma per una buona fetta degli operai, i nuovi assunti, non supera i 780 lei (circa un terzo in meno). La Logan, l'auto low cost della Renault, si vende bene. L'anno scorso sono state commercializzate 280mila vetture. E, inoltre, la fabbrica di Pitesti ha altre ordinazioni: dovrebbe produrre una nuova berlina, la Sandero, che è già assemblata e commercializzata in Brasile.
Le tensioni salariali in Romania sono destinate ad aumentare. Il paese è diventato un paradiso per le delocalizzazioni. Fin troppo, nel senso che la disoccupazione (ufficiale) è molto bassa, intorno al 4%, e la crescita economica corre a un ritmo del 7-8% l'anno. Il prezzo pagato dalla popolazione per questo «successo» non sono solo bassi salari in patria e condizioni difficili di lavoro, ma anche una massiccia emigrazione. Più di due milioni di rumeni sono emigrati, cioè circa il 10% della popolazione. Le tensioni sui salari dipendono anche dalla concorrenza che si fanno le industrie che delocalizzano. La finlandese Nokia, che ha chiuso una fabbrica in Germania per aprirne una più economica in Romania, adesso ha difficoltà a trovare personale. Gli operai della Dacia sono determinati, perché altre case automobilistiche stanno per sbarcare in Romania. La Ford ha appena comprato una vecchia fabbrica della Daewoo a Craiova e sta per investire 675 milioni di euro per produrre 300mila auto di piccole dimensioni dal 2011

Anna Maria Merlo  "Il manifesto" del 26.3.2008

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