21 Gennaio 2019
Perché quanto sta accadendo nell’Ungheria governata
dal “sovranista” Orban riguarda anche i lavoratori in Italia
A dicembre in Ungheria (dove i salari sono tra i più bassi d’Europa) è stata approvata una nuova legge sul lavoro:
· le aziende potranno imporre fino a 400 ore (praticamente 50 giornate!) di straordinari ogni anno. Il precedente e già ampio “limite” era di 250 ore;
· tali straordinari potranno essere legalmente pagati dopo ben tre anni (prima il pagamento doveva avvenire al massimo entro un anno);
· se un lavoratore lascerà o perderà il lavoro prima di questi tre anni non avrà più il diritto ad ottenere la retribuzione delle ore di straordinario precedentemente effettuate;
· le aziende avranno mano ancor più libera nell’escludere i sindacati da ogni tipo di contrattazione e nel condurre trattative individuali con ogni singolo dipendente.
Parallelamente, il governo ha anche varato un provvedimento in base al quale i ministri di Orban accusati di corruzione non saranno più giudicati dai classici tribunali, ma da organi controllati direttamente dal governo. Come dire che in una partita di calcio il capitano di una delle due squadra fa anche da arbitro.
Contro queste leggi (giustamente definite “schiaviste e salva-corrotti”) migliaia e migliaia di lavoratori e giovani sono ripetutamente scesi in piazza a Budapest marciando verso il parlamento e sfidando le cariche della polizia. Stampa e televisione (accade sempre così quando a scendere in campo sono i proletari) hanno dato pochissimo risalto alle manifestazioni, alle proteste di piazza. Invece, nonostante ciò, i lavoratori in Italia devono guardare con attenzione a quanto sta accadendo in Ungheria e trarne degli insegnamenti.
L’Ungheria da anni è guidata da un governo che, al grido di “prima gli ungheresi”, ha raccolto un notevole consenso popolare mettendo in campo una politica i cui ingredienti base sono il “sovranismo”, il razzismo contro gli immigrati, l’attacco al sindacato e qualche transitoria (e sedativa) elemosina verso i lavoratori. Una politica, insomma, ispirata agli stessi princìpi di quella del “prima gli italiani” del nostrano governo giallo-verde. Non a caso, lo scorso agosto il primo ministro Orban è stato accolto “fraternamente” dal vice-premier Salvini, che ha testualmente dichiarato: “L’Ungheria è un modello da studiare per mettere a punto la nostra politica economica in Italia”.
Anche per questo i fatti “ungheresi” devono far riflettere su come sperare di potersi difendere dai colpi sferrati dall’Europa di Bruxelles e dal capitalismo mondializzato accodandosi alle politiche “sovraniste” tanto care al governo lega-stellato sia a dir poco illusorio e suicida. Al di là di temporanee mance (tipo “quota cento” e “reddito di cittadinanza”), la politica “sovranista” punta a consolidare lo sfruttamento dei lavoratori e, soprattutto, a indebolirli politicamente mettendoli in contrapposizione reciproca per nazione e contro gli immigrati. L’anti-europeismo dei vari Salvini, Di Maio e Conte non mira a tutelare i lavoratori, ma a incatenarli più saldamente all’altro carro imperialista, quello guidato da Trump e dal Pentagono.
Ma i fatti di Budapest dicono anche che negli altri paesi ci possono essere veri alleati a cui guardare e a cui tendere la mano, per iniziare a gettare le basi di un fronte di lotta sovranazionale che sappia battersi tanto contro le politiche borghesi di Bruxelles, quanto contro la loro falsa alternativa “sovranista”. Questi alleati sono lavoratori, giovani e proletari che non stanno nelle stanze governative, ma che contro chi abita queste stanze, sia pur tra mille difficoltà ed illusioni, iniziano a mobilitarsi.
21 Gennaio 2019
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA