12 aprile 2018
Evviva la “Grande Marcia del Ritorno” del popolo palestinese di Gaza!
L’Onu, la comunità internazionale e l’Unione Europa fanno parte
della macchina di oppressione che tenta di schiacciare i palestinesi!
Nelle ultime settimane la popolazione palestinese di Gaza è tornata a dire a tutto il mondo che non intende rassegnarsi a subire la politica di strisciante sterminio portata avanti da Israele.
Il 30 marzo 2018 le organizzazioni della resistenza palestinese di Gaza hanno dato avvio alla “Grande Marcia del Ritorno”. Da quel giorno sono in piedi cinque presìdi permanenti in cinque diverse località davanti alla barriera di sicurezza che Israele ha costruito tra sé e Gaza. Da allora, ogni venerdì, i cinque presìdi sono diventati la base per partecipate e combattive manifestazioni di massa.
Lo stato di Israele ha lanciato contro la “Grande Marcia del Ritorno” i suoi cecchini, i suoi droni, i suoi bombardieri, i suoi cannoni, i suoi sistemi elettronici: dal 30 marzo sono stati assassinati più di 50 manifestanti palestinesi e feriti oltre 3000 manifestanti palestinesi.
Le organizzazioni della resistenza palestinese di Gaza non intendono demordere. Sono determinate a proseguire con la “Grande Marcia del Ritorno” fino al 15 maggio 2018, quando ricorrerà il 70° anniversario della nascita dello stato d’Israele. Sono determinate a dare filo da torcere alla “Grande Menzogna” sparsa dai mezzi di informazione occidentali e israeliani, secondo la quale lo stato di Israele sarebbe nato in una terra quasi disabitata, per dare un rifugio a un popolo perseguitato e farlo vivere in pace con i popoli della regione.
Questa “Grande Menzogna” copre due verità.
1) La terra su cui è stato costruito Israele era ed è abitata dal popolo palestinese, un popolo di contadini, di artigiani, di pescatori, di braccianti e operai. Questo popolo è stato cacciato con guerre terroristiche, la prima delle quali iniziò nel maggio di 70 anni fa. Solo nell’esiguo territorio di Gaza vivono (oltre ai 700 mila residenti storici) ben 1,2 milioni di rifugiati palestinesi provenienti dal territorio che nel 1948 e poi nei decenni successivi Israele ha progressivamente incorporato entro i propri confini. Altri milioni sono sparsi in Libano, in Siria, in Giordania e in altri paesi arabi.
2) Lo stato d’Israele costruito in Palestina non aveva e non ha il compito di far vivere in pace i suoi abitanti ebrei con i popoli dell’area. Esso è nato per volere delle potenze occidentali e della borghesia ebrea, che avevano bisogno di un gendarme per dominare il Medioriente e per rapinarne il petrolio e la manodopera con la complice collaborazione delle corrotte aristocrazie arabe. Per realizzare questa operazione, Israele è riuscito a strumentalizzare la disperazione di tanti lavoratori ebrei desiderosi di mettersi in salvo dalle persecuzioni subìte in Europa, sia nei paesi nazi-fascisti che in quelli democratici. La politica condotta da Israele contro la popolazione palestinese di Gaza è la prova vivente di questo ruolo storico di Israele.
Dopo aver dominato Gaza dal 1967 al 2005 con uno spietato regime di occupazione per tentare (invano) di soffocare la lotta di resistenza dei palestinesi, Israele, costretta al ritiro nel 2005, ha dal 2008 stretto intorno a Gaza un feroce embargo. Dal 2008, inoltre, più volte, le forze armate israeliane hanno invaso la striscia di Gaza o l’hanno colpita con bombardamenti di massa. Negli ultimi anni, anche a seguito della collaborazione tra l’Egitto di Al Sisi e Israele, la vita a Gaza è diventata un inferno: la centrale elettrica funziona a stento, l’acqua potabile e i medicinali primari scarseggiano, la pesca nelle acque del Mediterraneo è ridotta al lumicino, l’attività edilizia è quasi paralizzata dall’embargo sui materiali da costruzione… L’obiettivo di questa terribile cappa di piombo è quello di far calare il silenzio sul destino del popolo palestinese e di condurre al lento sterminio questo popolo eroico che nella sua resistenza assomma la resistenza degli sfruttati di tutto il Medioriente contro il sistema di dominazione che il democratico Occidente vi ha stabilito dopo la prima guerra mondiale.
La “Grande Marcia del Ritorno” iniziata il 30 marzo 2018 vuole respingere l’“invito” lanciato ai palestinesi da Israele e dai suoi mandanti democratici di morire in silenzio.
Questo nuovo capitolo della lotta del popolo palestinese
non può trovare alcun aiuto negli stati europei e nell’Unione Europa.
Non ingannino le proteste dell’Unione Europea contro le “esagerazioni” della repressione israeliana e contro il pieno sostegno che Israele ha ricevuto da Trump, anche con lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Nessun aiuto potrà arrivare dall’Italia e dagli altri paesi europei perché anch’essi, insieme agli Usa, sono stati i padrini della nascita dello stato di Israele. Nessun aiuto potrà arrivare dall’Italia e dagli altri paesi europei perché anch’essi sono stati e sono i promotori di quella politica dei “Due popoli, due stati” che è stata imposta ai palestinesi con il catastrofico accordo di Oslo e che li sta portando al lento sterminio in bantustan controllati dalle forze armate di Israele. Il contrasto dell’Unione Europea con la politica di Trump e di Israele è dettato solo dalla volontà da parte di Bruxelles di trasformare il Medioriente in proprio cortile di casa, riconsolidando attraverso una strategia più accorta e apparentemente pacifista le tradizionali catene sugli sfruttati e sui popoli oppressi dell’area, dal Libano alla Palestina fino all’Iran e all’Afghanistan.
La “Grande Marcia del Ritorno” può trovare i suoi alleati solo tra gli sfruttati del Medioriente, innanzitutto tra i lavoratori e gli oppressi del Libano, della Siria e dell’Iran che, in queste stesse settimane, sono in campo contro gli artigli che la macchina da guerra occidentale e israeliana ritorce contro i loro paesi. Tra gli sfruttati mediorientali oggettivamente interessati a battersi a fianco dei palestinesi vi sono anche i proletari ebrei d’Israele e, da questo punto di vista, sono di grande importanza le (per ora) minuscole crepe che la determinazione dei palestinesi e le restrittive politiche sociali del governo israeliano hanno cominciato ad aprire nel tradizionale e innaturale compattamento esistente tra la classe dominante israeliana e gli sfruttati ebrei.
L’ostacolo che maggiormente si oppone al rafforzamento della lotta dei palestinesi e allo sviluppo della fraternizzazione di classe in Medioriente è l’atteggiamento dei lavoratori italiani, europei e occidentali: è il silenzio di questi ultimi di fronte alla politica di Israele e di fronte all’aggressione rivolta dall’Occidente e da Israele verso la Siria; è la complice illusione dei lavoratori occidentali di poter trarre qualche vantaggio dalla dominazione esercitata dall’Occidente e da Israele sui palestinesi e sugli sfruttati del Medioriente; è la debolezza della denuncia dell’effettivo ruolo svolto dall’Italia e dall’Ue contro la lotta palestinese, di cui la partenza del giro d’Italia a Gerusalemme è l’ennesima prova; è la difficoltà a radicare anche solo in una esigua minoranza proletaria occidentale l’intuizione che l’opposizione alle politiche rivolte dalla Ue e dal governo italiano contro i lavoratori di “qui” non può essere disgiunta dal sostegno incondizionato della indomita resistenza delle masse proletarie e diseredate del Medioriente!
12 aprile 2018
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA