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27 gennaio 2018 

Tre significative esperienze di lotta

Inverno 2017. Ikea, la multinazionale dei mobili a basso costo, licenzia Marica Ricutti impiegata presso il punto vendita di Corsico a Milano. Marica, che lavora presso l’azienda da circa diciassette anni, deve badare a due figli piccoli, di cui uno disabile, e quindi a volte non riesce a rispettare pienamente i rigidi turni imposti dalla direzione aziendale. Tanto basta per far scattare il licenziamento.

Con questo duro provvedimento la multinazionale vuole mandare un messaggio ricattatorio e intimidatorio a tutti i 6.500 dipendenti impiegati in Italia: o si lavora a capo chino accettando in silenzio ogni diktat aziendale, oppure si viene messi alla porta senza indugio.

Questa volta però le cose non vanno esattamente come sperato dalla dirigenza di Ikea. I lavoratori non si fanno intimorire, si stringono intorno alla loro collega e si mobilitano con la Filcams-Cgil per chiedere il ritiro del licenziamento. Dopo un riuscito sciopero con manifestazione sotto i locali del punto vendita di Corsico, l’azienda è costretta a cedere e a reintegrare Marica.

 Novembre 2017. Amazon, il gigante delle vendite via internet, conosce il primo sciopero dei propri dipendenti in Italia. I lavoratori dello stabilimento di Castel San Giovanni (Piacenza) dopo una serie di assemblee incrociano le braccia il 24 novembre, giorno del cosiddetto “Black Friday” (quello dedicato ai saldi e con i maggiori picchi di vendite). Si punta a ottenere un contratto integrativo che migliori i bassi salari e che limiti i ritmi lavorativi forsennati e la disciplina da caserma imperanti nell’azienda.

Nonostante le pesanti pressioni della direzione aziendale e nonostante il ricorso massiccio a lavoratori “a chiamata” (usati come involontaria arma di ricatto contro i circa 1.700 lavoratori “stabili” dello stabilimento piacentino), lo sciopero ha un discreto successo. Ma, soprattutto, gli operai di Castel San Giovanni ricevono l’esplicita solidarietà da parte dei lavoratori di vari stabilimenti Amazon situati in Francia e soprattutto in Germania, dove in quegli stessi giorni si sciopera per gli identici motivi.

La riuscita dello sciopero del “Black Friday” e la paura che la mobilitazione si possa internazionalizzare costringono i vertici di Amazon, prima assolutamente indisponibili, ad accettare di sedere al tavolo delle trattative.   

Ottobre 2017. La Castelfrigo srl è una solida impresa di Castelnuovo Ragone (Modena) specializzata nella lavorazione della carni da insaccare. L’azienda, oltre che di cento operai alle sue dirette dipendenze, si serve di altri centoventi lavoratori formalmente impiegati presso due cooperative operanti in appalto.

Si tratta di lavoratori immigrati (per lo più albanesi, ghanesi e cinesi) sottoposti a un regime di super-precarietà e super-sfruttamento. La Castelfrigo vuole adesso licenziarne la quasi totalità.

La loro “colpa” è quella di essersi organizzati sindacalmente e di essere riusciti con picchetti e scioperi a strappare nel 2016 l’applicazione di un contratto che comporta miglioramenti salariale e normativi e che, di fatto, mette un argine al “caporalato” esercitato attraverso le due cooperative “di comodo”.

I lavoratori però non ci stanno a subire passivamente e il 30 ottobre danno vita ad un partecipato corteo cittadino. La mobilitazione prosegue poi in varie forme e a inizio gennaio costringe le istituzioni regionali a impegnarsi per ricollocare i licenziati. Giustamente i lavoratori decidono di non smobilitare fino a quando alle promesse non seguiranno i fatti.

 Si tratta di tre episodi a cui la grande stampa e le televisioni (sempre al servizio dei capitalisti e delle aziende) non hanno “ovviamente” dato alcun risalto. Non è un caso. Si tratta infatti di tre lotte circoscritte, ma significative, che dimostrano come i lavoratori unendosi ed organizzandosi collettivamente possono parare o quantomeno attutire i colpi sferrati dai capitalisti.

 Colpi che, anche se inferti da singole aziende, fanno parte di un’unica e unitaria offensiva  padronale appoggiata, coordinata e favorita dall’azione dei vari governi che si sono succeduti negli anni e che, da Berlusconi a Gentiloni (passando per Monti e per il jobs-act di Renzi), hanno attaccato le pensioni, dato mano libera alle aziende per licenziare e reso sempre più precario il lavoro.

Governi che (anche se in maniera diversa da quanto faccia più apertamente la Lega di Salvini, o più subdolamente il movimento di Grillo e Di Maio) hanno contribuito e contribuiscono a diffondere il veleno razzista tra le fila dei proletari allo scopo di incentivarne le divisioni e indebolirne così l’intero fronte.

 Proprio per questo, proprio perché si è dinanzi a un’offensiva generale, è necessario che, anche a partire da singole vertenze come quelle di Ikea, Amazon o Castelfrigo, tra i lavoratori si inizi a fare strada una prospettiva politica che guardi anche oltre i confini aziendali e che veda come l’azione del governo e delle istituzioni sia indissolubilmente legata a doppia mandata con gli interessi dei padroni e delle aziende. Come si tratti di un’azione che va combattuta a tutto campo: tanto sul versante interno, quanto su quello (altrettanto decisivo e importante) dell’iniziativa “estera”.

Una prospettiva politica che chiami i lavoratori a contrastare l’appena avviata missione militare italiana in Niger denunciandone il carattere neo-colonialista e razzista e denunciando come uno degli obiettivi di queste missioni sia quello di sottomettere e incatenare ancor più saldamente i proletari di “qui” agli interessi dei nostrani capitalisti per poterli un domani utilizzare, se del caso, anche come carne da cannone da scagliare contro altri popoli e altri lavoratori.

27 gennaio 2018

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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