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10 aprile 2013

Il nostro volantino alle fabbriche e ai mercati.

I lavoratori possono e devono contare solo sulle proprie forze

 

Le elezioni del 24 febbraio hanno dato vita ad un “quadro politico” da cui stenta a venir fuori un nuovo governo. Un mese e passa di consultazioni e di trattative tra i partiti non hanno ancora prodotto alcun risultato in tal senso. I giornali e le televisioni con accenti preoccupati parlano di “stallo istituzionale” e sono ormai pochissimi i cosiddetti “esperti” che azzardano qualche previsione in materia.

Che la situazione parlamentare sia confusa e ingarbugliata è un dato incontestabile. Ma altrettanto incontestabile è che, anche in questa situazione, l’attacco padronale contro i lavoratori sta proseguendo senza sosta.

I salari sono sempre più striminziti. Il lavoro è sempre più precario e insicuro. Il clima di intimidazione e ricatto nelle aziende si fa sempre più pesante. La cassintegrazione dilaga e (soprattutto nelle piccole  imprese) i licenziamenti “nudi e crudi” sono sempre dietro l’angolo. Il tutto mentre i provvedimenti presi nei mesi scorsi dall’ancora in carica governo Monti in tema di pensioni e tagli alla spesa sociale  stanno iniziando a fare sentire con forza i loro effetti sulla pelle dei proletari italiani e immigrati.

 

I padroni, però, non sono sazi. Vogliono colpire più a fondo. E così il presidente della Confindustria, Squinzi, afferma che i rapporti di lavoro devono essere resi ancora più flessibili (cioè più precari), mentre il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, dichiara che bisogna superare (cioè abolire) con urgenza i contratti nazionali collettivi di lavoro. Intanto l’offensiva marcia anche sul versante istituzionale dove (al di là di ogni possibile apparenza contraria) si sta andando verso un’ancor maggiore centralizzazione e concentrazione delle reali leve del potere statale nelle mani e al servizio del grande capitale finanziario ed industriale italiano ed internazionale.

 

È dunque più che realistico il timore di tutti quei proletari che intuiscono come in questa situazione di “confusione politica” stiano maturando le premesse per un ulteriore peggioramento delle condizioni della classe lavoratrice. È invece profondamente irrealistico pensare che per poter cominciare a venir fuori da questa situazione sia innanzitutto e prioritariamente necessario che si giunga “finalmente” alla costituzione di un nuovo governo.

Nessuna mano potrà mai venire né da un (al momento più che improbabile) governo europeista imperniato sull’asse PD-Monti, né da un governo di “larghe intese” Pd-Pdl, né da un ipotetico governo dove fosse forte il peso e l’influenza “dell’anti-europeista” movimento di Grillo.

In ogni caso a dettare la sostanza del programma governativo (sia pure con sfumature diverse) sarebbero sempre e solo le esigenze di profitto e competitività delle aziende e dei boss delle borse e della finanza.

 

I proletari potranno iniziare a tirarsi fuori dall’attuale situazione solo attraverso la strada della lotta, dell’organizzazione e della discussione e iniziando a lavorare per la costruzione di un autentico partito di classe che punti ad unificare le forze dei lavoratori italiani e di quelli immigrati nella prospettiva di una più ampia unione con i proletari europei e degli altri continenti contro il capitalismo, contro tutti i suoi governi e contro ogni subordinazione degli interessi e delle condizioni dei lavoratori alle necessità della competitività delle aziende e dei mercati.  

Questo è l’obiettivo (difficile e certamente non raggiungibile dall’oggi al domani) a cui noi militanti comunisti organizzati nell’Oci lavoriamo e a cui chiamiamo a lavorare.

10 aprile 2013

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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