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1 aprile 2012

Il nostro volantino sull'articolo 18 ai mercati e alle fabbriche

 Contro la libertà di licenziamento

Dopo aver colpito duro sul versante delle pensioni, adesso Monti (spalleggiato dal mondo imprenditoriale e finanziario italiano e internazionale) ha puntato i cannoni contro  l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

 Il governo sta cercando di spacciare la sua azione come un’operazione “a favore dei giovani e dei precari”. È una balla colossale: infatti proprio questi  saranno i più colpiti tanto dal nuovo sistema pensionistico, quanto dalla cosiddetta “riforma” del mercato del lavoro. Con questa falsa propaganda si mira a mettere giovani generazioni contro anziani, precari contro “fissi”, occupati contro disoccupati per indebolire tutti e per meglio poter colpire tutti.

 In questi anni la minaccia dei licenziamenti e del taglio del personale è stata una delle principali armi con cui il padronato è riuscito ad imporre un clima sociale in cui hanno potuto dilagare la precarietà, l’allungamento e l’appesantimento di fatto dell’orario lavorativo,  i bassi salari, e in cui le imprese si sono sentite sempre più padrone di esercitare ogni tipo di pressione nei luoghi di lavoro.  

Adesso, in nome “della competitività e del rilancio del sistema Italia” si vuole spingere ancor più a fondo sull’acceleratore. Infatti, al di là di tutte le chiacchiere, l’azzeramento dell’articolo 18 (conquistato con le lotte operaie degli anni ’60) serve a dare mano ancor più libera alle aziende in tema di licenziamenti e a portare un ulteriore colpo alla capacità di resistenza collettiva dei lavoratori rendendoli tutti più soli, più precari e più ricattabili.

 Intanto, a partire dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo, è l’intero continente ad essere investito (anche se in maniera differenziata) da politiche di questo stesso segno.

Per reggere alla concorrenza ed alla pressione dei mercati mondializzati i governi ed i capitalisti europei hanno una sola strada maestra: rendere più precaria la condizione di chi vive del proprio lavoro e spingere i proletari della “vecchia Europa” in una sempre più accentuata competizione al ribasso con e contro i lavoratori degli altri continenti.

 A tutto questo si può e si deve cominciare a reagire. Innanzitutto promuovendo al più presto assemblee nei luoghi di lavoro, mobilitazioni per la difesa intransigente dell’articolo 18 e “spingendo” collettivamente affinché si giunga in tempi rapidi ad un vero sciopero generale su questa cruciale questione.  

Allo stesso tempo,  anche per dare forza e coerenza ad una simile ed indispensabile azione, è necessario che si avvii  un inizio di riflessione collettiva sulla necessità di guardare con attenzione ai lavoratori degli altri paesi e degli altri continenti. Vedendo in essi non dei concorrenti con cui scontrarsi, ma dei potenziali alleati con cui sforzarsi di prendere primi contatti per una comune battaglia di classe contro l’aggressione del capitalismo globalizzato.

1 aprile 2012

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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