5 maggio 2011
PER UN MOVIMENTO DI LOTTA GENERALE CONTRO
IL GOVERNO BERLUSCONI E CONTRO IL PADRONATO !
Oggi siamo scesi in sciopero e siamo qui in piazza per denunciare l’arretramento
che stanno subendo i lavoratori e per rivendicare alcune basilari misure di
difesa contro i licenziamenti, la disoccupazione, la precarietà, il drenaggio
fiscale sui salari. strada per imporre al governo e al padronato le esigenze ,
chi è in piazza oggi lo sperimenta ogni giorno, non è affatto agevole. Entrano
in gioco ostacoli molteplici, che è bene mettere a fuoco e discutere se vogliamo
impostare una linea difensiva efficace.
A pesare contro di noi, c’è, innanzitutto, un corposo schieramento sociale
composto di padroni, re della finanza, speculatori, professionisti, ecc., il
quale, pur diviso, intende spaccare le ossa, frantumare il mondo del lavoro
salariato, ridurlo ad un aggregato di individui impotenti di fronte allo
strapotere aziendale. Accanto al fronte padronale, c’è, poi, un governo, il
governo Berlusconi, che, pur indebolito e talvolta in contrasto su singoli temi
con la Confindustria, ha lavorato e sta lavorando nella stessa stessa direzione.
Non è affatto vero che il governo Berlusconi-Bossi è un governo che non
governa, che si occupa solo degli interessi del cavaliere. In continuità con il
suo esordio nel 1994, il governo in carica è riuscito ad assestare anche di
recente alcune pesante legnate ai lavoratori, ultima quella del federalismo
fiscale, con il quale, al di là della propaganda, si taglia la spesa per i
servizi sociali per tutti, per le famiglie proletarie del Nord e per quelle del
Sud, e si contrappongono i lavoratori delle diverse regioni a danno degli uni e
degli altri.
Per far valere i propri interessi, i lavoratori devono, quindi, scontrarsi con
uno schieramento nemico ampio, deciso, organizzato. Che ha dalla sua il sostegno
e la collaborazione degli altri governi e delle altre confindustrie occidentali,
dei centri della finanza, della spietata macchina di potere e di sfruttamento
del capitale mondiale.
Questo schieramento sente solo le ragioni della lotta, della mobilitazione di
piazza generale, dello scontro di classe. È la lezione
che ci arriva dalla storia secolare del movimento operaio e che ci è stata
ricordata, da ultimo, dall’Intifada in Tunisia e in Egitto.
Ed è qui che entra in gioco l’altro elemento che, al momento, pesa contro di
noi. Il mondo del lavoro salariato in Italia, ed in Europa, è quasi paralizzato
e costretto ad arretrare disordinatamente da un ricatto a cui sembra impossibile
(in realtà non è così!, ci arriveremo) sfuggire: quello di essere crescentemente
in concorrenza con i lavoratori degli altri continenti.
La vertenza alla Bertone è solo l’ultima in ordine di tempo a spiattellarci
sotto il naso questa contraddizione. E a mostrare quanto la pur vitale
resistenza sindacale messa in campo in singole vertenze non è in grado, da sola,
di sbarrare la strada ad un’offensiva capitalistica che sta socializzando tra i
lavoratori la convinzione che il solo modo per “salvarsi” è quello di
incatenarsi alla “propria” azienda e al “proprio” territorio, lavorando ancora
di più e più intensamente per poter sperare di ridurre i danni. Va, invece,
arato il terreno per il dispiegamento di un movimento di lotta generale,
unitario, dei lavoratori dei vari settori, delle varie regioni, dei lavoratori
italiani e immigrati contro il padronato e il governo Berlusconi-Bossi.
In questa battaglia non possiamo contare sull’ala della borghesia che fa
riferimento a Fini, Casini, Montezemolo e su una sinistra accodata a questa
cordata. Va, anzi, denunciato che il rilancio della competitività del sistema
Italia a cui l’una e l’altra mirano, ha come suo ingrediente basilare
l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori e la contrapposizione dei
lavoratori d’Italia con quelli degli altri continenti. Ci dice qualcosa di
diverso l’attacco della Fiat, condotto, lancia in resta, dal borghese cosiddetto
“illuminato” Marchionne? Ci dice qualcosa di diversa il sostegno di Fini e
Casini e del Pd all’aggressione neo-coloniale dell’Occidente alla Libia, al
popolo libico e all’Intifada del mondo arabo per continuare a disporre
nell’altra sponda del Mediterraneo, anche contro i lavoratori italiani, di
manodopera debole e ricattata?
I lavoratori possono contare solo sulle proprie forze. La loro ancora di
salvezza sta proprio in quel mercato mondiale del lavoro che oggi viene usato
contro di loro: la concorrenza tra lavoratori di continenti diversi può
trasformarsi da elemento di paralisi in elemento di forza se i lavoratori dei
diversi paesi e continenti cominciano a coordinare le loro lotte difensive.
Contro la mondializzazione del capitale abbiamo una sola arma: la
mondializzazione dell’organizzazione e della lotta proletaria! Alziamo lo
sguardo oltre i confini italiani e vedremo che non si parte da zero. I reparti
della classe lavoratrice mondiale asiatici, africani e latinoamericani, da anni,
stanno mettendo in campo lotte sindacali e politiche in controtendenza rispetto
alla concorrenza internazionale a cui i padroni vorrebbero trascinarci per farci
scannare gli uni contro gli altri! Spetta, dunque, anche a noi incamminarci su
questa strada e in questa prospettiva. A partire da una battaglia decisiva per
abbattere il muro che contrappone i lavoratori italiani ai lavoratori immigrati
e per sbarrare la strada alle guerre di oppressione (altro che difesa dei
popoli!) che l'Italia, la Nato e l'Onu stanno conducendo in Libia e in
Afghanistan. Insieme, in un fronte unico internazionale dei lavoratori!
E per questo occorre un diretto protagonismo di tutti i lavoratori! Occorre
lavorare per un partito che alla concorrenza e alla competizione tra lavoratori
contrapponga un programma di affratellamento di classe! Per tanto, lavoratori,
mettiamo queste urgenti priorità senza ulteriori rimandi al centro delle nostre
discussioni e della nostra iniziativa!
6 maggio 2011
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA