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3 dicembre 2011

Il nostro volantino sul Governo Monti e sull'Europa.

 

 

Contro la “cura” della Bce, dell’Unione Europea e del governo Monti !

L’unica UNIONE per cui battersi è quella tra proletari !

 

Il governo Berlusconi è, finalmente, andato a casa. Al suo posto ecco il professor Monti, un presidente del consiglio che parla di “rigore” ma anche di “equità sociale e crescita” e che sembra autonomo dai carrozzoni clientelari dei partiti.

Tutto a posto quindi? Dopo tempi tanto bui, per il mondo del lavoro si iniziano a intravedere, anche a costo di nuovi sacrifici, spiragli di luce? Assolutamente no!

Berlusconi-Bossi e la loro banda non sono stati (purtroppo) mandati a casa dalla lotta dei proletari, ma dai grandi capitalisti italiani ed europei, i quali, pur apprezzando l’azione svolta in quindici anni dal centro-destra contro i lavoratori e la sua partecipazione alle guerre di rapina contro i popoli del Sud del mondo, hanno capito che era tempo di cambiar cavallo. Perché? Perché il governo Berlusconi-Bossi si è dimostrato incapace di prendere i provvedimenti che i re della finanza e dell’industria italiani ed europei richiedono a viva voce.

 

Quali sono questi provvedimenti?

La crisi dell’euro è il sintomo di quanto l’Unione Europea rischi di essere travolta dai giganti della competizione globalizzata quali gli Stati Uniti e la Cina. Per sfuggire a tale destino, le leggi di funzionamento del sistema capitalistico impongono alle imprese e ai governi europei di imboccare una strada obbligata: centralizzare le loro forze a scala continentale, compiere una complessiva ristrutturazione che renda l’Unione Europa più competitiva, più coesa e più forte sull’arena del mercato mondiale. Ma cosa significa “rilancio della competitività” dell’Unione Europea? Significa che i padroni, gli azionisti delle multinazionali e le grandi banche devono appropriarsi di una quota maggiore della ricchezza prodotta dai lavoratori in Europa e che questi ultimi, in concorrenza con i lavoratori degli altri continenti, devono essere spinti a lavorare più a lungo, più intensamente, più velocemente e più duramente. L’innalzamento dell’età di pensionamento e l’organizzazione del lavoro stile-Marchionne sono due passi in questa direzione.

Per imporre questo aumento dello sfruttamento sui lavoratori, i padroni, i re della finanza e i governi europei devono creare una situazione in cui ogni lavoratore si senta solo e indifeso di fronte alla direzione aziendale, e in concorrenza con gli altri lavoratori. Ecco perché vogliono picconare le tutele collettive conquistate con le lotte proletarie del secolo scorso (pensioni, sanità, ecc.). Ecco perché sono così preoccupati di rendere il mercato del lavoro più flessibile. Ecco perché la Bce e il governo Monti vogliono il completo passaggio al sistema contributivo. Ed ecco perché vogliono eliminare la contrattazione nazionale, accrescere la quota del salario dipendente dall’andamento dei profitti aziendali, favorire il lavoro straordinario. Pur se con modulazioni e tempi differenti, è la stessa musica che si sente in Grecia, in Spagna e nel resto del continente.

 

L’altra gamba del programma Monti

Per “rilanciare la competitività” delle imprese italiane, i padroni italiani ed europei hanno, inoltre, bisogno di costruire moderne infrastrutture e di introdurre più efficienti apparati produttivi. A tal fine, non possono più permettere che la ricchezza succhiata dal mondo del lavoro sia dispersa in rivoli parassitari e corporativi, come è accaduto con il governo Berlusconi-Bossi. Essa va indirizzata su alcuni fondamentali progetti. Per ottenere ciò, i padroni e il governo Monti hanno intenzione di rendere più efficienti la pubblica amministrazione e i servizi, e di rastrellare i finanziamenti richiesti anche dalle tasche degli strati borghesi e parassitari che finora hanno pagato poco o nulla.

Monti e i grandi capitalisti che gli stanno dietro mettono l’accento su questo secondo versante della loro “cura” anche per dimostrare quanto sia “equo” il loro programma. Essi sanno che gli stati europei e l’Unione Europea non possono affrontare gli attuali livelli di competizione mondiale senza una collaborazione profonda tra la classe sociale degli sfruttatori e quella degli sfruttati. Spingono, quindi, affinché il mondo del lavoro, di fronte alla “equa” ripartizione dei sacrifici, accetti il programma di “risanamento”. Proprio da questa esigenza nascono, tra l’altro, gli appelli di Napolitano per la concessione del diritto di cittadinanza ai figli dei lavoratori immigrati che nascono in Italia. Poiché i lavoratori immigrati sono diventati una componente fondamentale del mondo del lavoro europeo, Napolitano suggerisce questa concessione affinché i lavoratori immigrati comincino a sentirsi “parte della nazione”, siano pronti ad accettare i sacrifici per il rilancio della competitività europea chiesti anche a loro e siano disposti domani, quando diventerà necessario, a difendere in divisa militare gli interessi imperialistici europei.

 

 

Ma un simile rilancio dell’Italia e dell’Europa potrà davvero, come ripetono Napolitano e Monti, avere, alla lunga, effetti benefici sui lavoratori?

 

In astratto, se la cosa andasse in porto, potrebbe esserci un (del tutto provvisorio) attutimento della perdita del potere di acquisto dei salari e delle pensioni. Ma in cambio di cosa? Di un’esistenza integralmente schiava di ritmi lavorativi ossessivi e dell’intruppamento dei lavoratori dietro le politiche del grande capitale europeo in concorrenza con i lavoratori degli altri continenti. Su questa strada, al momento opportuno, i lavoratori d’Europa (europei e immigrati) sarebbero spinti, armi alla mano, a massacrare (e a farsi massacrare) i lavoratori degli altri continenti nelle guerre per la spartizione del pianeta tra i giganti del capitale mondiale che l’attuale concorrenza mondializzata sta incubando.

Il governo Monti è, quindi, un nemico dei proletari. L’alternativa ad esso non può essere rappresentata dalla politica della Lega e di forze simili, che si oppongono a Monti in nome di “micro-patrie” contrapposte al disegno di una “grande Europa”. La “soluzione” leghista sarebbe anch’essa devastante. Ce lo insegna la tragedia della ex-Jugoslavia: frammentato in regioni e staterelli, il proletariato d’Europa sarebbe in ogni caso preda delle grandi potenze planetarie e delle straccione borghesie locali.

Contro il progetto europeista e la mondializzazione del capitale di cui esso è figlio abbiamo una sola arma: respingere con la lotta di massa e organizzata i sacrifici previsti dalla politica di Monti e cominciare a stringere legami organizzativi tra lavoratori dei vari paesi nella prospettiva di una lotta internazionale e internazionalista comune.

Alziamo lo sguardo oltre i confini italiani e vedremo che, nonostante enormi difficoltà, non si parte da zero. Da alcuni anni, i lavoratori dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina si stanno battendo per strappare aumenti salariali, miglioramenti normativi e il pieno diritto all’organizzazione sindacale. Questa loro lotta va in controtendenza rispetto alla concorrenza internazionale a cui le multinazionali, i re della finanza e i “nostri” governi vorrebbero trascinarci per farci scannare gli uni contro gli altri!

Anche i lavoratori d’Europa sono interessati a incamminarsi su questa strada e a respingere i tentativi dei propri governi e capitalisti di trascinarli nella spirale della concorrenza tra sfruttati.

A tal fine, la lotta contro la “cura” imposta dalla Bce e dal governo Monti deve comprendere la battaglia contro il razzismo per abbattere il muro che contrappone i lavoratori italiani ed europei ai lavoratori immigrati e la battaglia contro le guerre di rapina e di oppressione (altro che difesa dei popoli!) che l’Italia e l’Europa hanno sferrato contro il Sud del mondo, da ultimo contro il popolo della Libia, o che esse stanno preparando nel futuro, come avviene con la Siria e l’Iran.

Uno degli obiettivi di queste guerre è quello di stroncare il moto di risveglio globale di cui sono protagoniste le masse proletarie e popolari dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. L’opposizione alle “missioni militari” dell’Occidente e l’appoggio incondizionato alla resistenza opposta dai popoli del Sud contro l’invasione dei loro paesi da parte delle cavallette occidentali sono, quindi, un tassello vitale della battaglia politica per fermare, qui in Europa, i piani della Bce, della Banca d’Italia, dell’imperialismo europeo, del capitale internazionale. Essi sono un tassello vitale dell’iniziativa per favorire la costituzione del partito proletario rivoluzionario ancorato alla dottrina marxista di cui tale battaglia ha bisogno.

 

3 dicembre 2011

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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