14 giugno 2010
Il nostro volantino alle fabbriche e in altri posti di lavoro
Per due anni il governo Berlusconi ha ripetuto che in Europa e in Italia gli effetti sociali della crisi sarebbero stati quasi nulli. A sentire Berlusconi e i suoi sostenitori, i lavoratori in Europa potevano e dovevano “stare tranquilli”. I “fatti” della Grecia e i provvedimenti varati dagli altri governi europei sono la dimostrazione palmare della falsità della propaganda governativa. Adesso, al centro dell’attacco capitalistico vi sono, infatti, i lavoratori dell’Europa.
L’obiettivo delle misure varate o messe in cantiere dal governo Berlusconi e dagli altri governi europei è quello di aumentare lo sfruttamento dei lavoratori e di diminuire le tutele conquistate nel XX secolo, allo scopo di rafforzare i profitti e la competitività del “Vecchio Continente” sul mercato mondiale di fronte al gigante degli Stati Uniti e all’ascesa della Cina. L’effetto complessivo è e sarà quello di acuire la concorrenza al ribasso tra i lavoratori dei cinque continenti di cui si nutre il capitalismo mondializzato.
I lavoratori dell’Europa non hanno interesse ad accettare l’appello dei rispettivi governi e della Banca Europa a stringersi attorno alle istituzioni del “Vecchio Continente” per rilanciare la competitività delle imprese europee.
Il rilancio della competitività è una pietra al collo dei lavoratori. Lo sarebbe anche se a manovrare le leve del governo non fosse più, in Italia, il governo Berlusconi ma un governo di salvezza nazionale composto da Fini-Casini-Montezemolo con l’appoggio, più o meno esplicito, del partito democratico e della “sinistra radicale”. Anche in questo caso, al centro del “rilancio dello sviluppo” vi sarebbe la torchiatura e la frantumazione del lavoro salariato. Lo dimostrano il consenso di Casini e Montezemolo alla manovra sulle pensioni varata dal governo Berlusconi e la sostanza della cura-Marchionne negli stabilimenti della Fiat.
Per imporre la loro cura anti-proletaria, i padroni e i finanzieri (berlusconiani e “anti”-berlusconiani) contano sull’illusione purtroppo largamente diffusa tra i lavoratori di poter evitare il “peggio” accettando passivamente il “meno peggio” oppure scaricando i sacrifici sugli strati meno tutelati della classe lavoratrice, primo fra tutti quello composto dagli immigrati.
La reale difesa degli interessi dei lavoratori d’Italia richiede, al contrario, la lotta contro la politica del governo Berlusconi, la denuncia della natura anti-proletaria dell’opposizione “progressista” a Berlusconi, la battaglia contro tutto ciò che accentua le divisioni e le contrapposizioni fra i lavoratori, a partire dalle esche avvelenate dell’aziendalismo, del federalismo (leghista o solidale che sia) e del razzismo.
I lavoratori possono, eccome!, mettere un “alt” alle politiche dettate dalle ferree leggi del mercato capitalistico. Ciò richiede che i lavoratori comincino a contare sulle proprie gambe, sull’organizzazione autonoma delle proprie fila, separata e contrapposta a quelle della classe degli sfruttatori e degli strati parassiti che campano sul lavoro altrui. Ciò richiede l’avvio di una riflessione comune, tra lavoratori, sulle cause effettive e sulle reali conseguenze di quello che sta accadendo in Europa, sulla portata storica delle turbolenze economiche di queste ultimi anni, sul filo comune che lega il destino dei lavoratori dei cinque continenti, sul fatto che o ci si difende tutti insieme contro la “mano invisibile” del mercato e quells degli stati capitalistici che la organizzano o si precipita gli uni e gli altri in un baratro senza fondo. Richiede l’organizzazione, all’inizio inevitabilmente ultra-minoritaria, di una sistematica battaglia politica tesa a favorire la mobilitazione contro il governo Berlusconi e a fianco delle lotte dei lavoratori degli altri paesi, ad esempio di quelle in corso in Grecia e in Cina, nella prospettiva di una lotta e di un’organizzazione dei lavoratori internazionale e internazionalista.
14 giugno 2010
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA