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27 novembre 2010

Il nostro volantino alla manifestazione della Cgil del 27 novembre.

 

Il governo Berlusconi è in bilico,

ma all’orizzonte non c’è nulla di buono per i lavoratori.

 

Le forze politiche ed istituzionali che stanno mettendo in difficoltà Berlusconi non lo stanno facendo certo perché ne contestano la sua azione anti-operaia. Dal 1994 al 2010, i governi guidati da Berlusconi, coadiuvati dall’azione (più blanda, ma comunque convergente) di quelli di centrosinistra, hanno tagliato le spese sociali, precarizzato i rapporti di lavoro, emanato leggi razziste contro gli immigrati e indebolito la forza di resistenza collettiva di tutti i lavoratori. Hanno fatto, insomma, cose ottime per i padroni!

 

Il berlusconismo si è, però, rivelato incapace di indirizzare le risorse finanziarie verso la crescita e l’ammodernamento produttivo delle imprese italiane. È per questo motivo che un settore dei capitalisti e dei vertici istituzionali, che aveva contribuito a portare il cavaliere  nella stanza dei bottoni, oggi gli ha voltato le spalle.

 

L’obiettivo del fronte istituzionale anti-berlusconiano è quello di “sanare questa pecca” per poter rilanciare l’Italia nella competizione internazionale. I lavoratori non hanno alcun interesse a riporre la propria fiducia in questo schieramento. Nessun interesse a riporla in un possibile asse Fini-Casini-Montezemolo-Bersani o in alternative simili (“garantite” magari dalle figure di Di Pietro o di Vendola).

 

Il programma intorno a cui ruotano queste “convergenze” politiche può sembrare allettante: “chiudere con le inefficienze berlusconiane, rilanciare competitivamente il paese e, di ritorno, prospettare qualche beneficio anche  per chi lavora”. Ma al di là delle parole anch’esso è nettamente anti-operaio. Non solo per i sacrifici che, senza nasconderlo, contempla per i lavoratori, soprattutto con l’aumento dello sfruttamento sui posti di lavoro (Marchionne e la Fiat insegnano). Ma anche per l’effetto politico immediato e lo sbocco prospettico che essa prepara.

 

Si chiede infatti ai lavoratori di legare integralmente le proprie sorti alla “propria” azienda e al “proprio” stato, contro i lavoratori di  altre  aziende e di altre nazioni. Oggi ciò significa “accettare spontaneamente” di piegarsi ancor di più alle esigenze ed ai voleri delle imprese.  Domani significherà, magari, diventare carne da cannone contro altri lavoratori, qualora la competizione internazionale dovesse passare dal piano commerciale a quello militare.

 

La via per difendersi è completamente diversa.  È quella di puntare sulla propria lotta ed organizzazione di classe e di cominciare a vedere nei lavoratori delle altre aziende e delle altre nazioni  l’unico vero nostro alleato. È quella di iniziare a riflettere e a dare battaglia sulla necessità di conquistare una propria politica di classe  che cominci a fare i conti con tutte le logiche e le politiche, che subordinano e legano la difesa dei lavoratori a quella della nazione, delle imprese e del loro andamento di mercato.

 

27 novembre 2010

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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