14 aprile 2009
Con gli operai della Fincantieri
e del Petrolchimico in lotta
Per respingere l’attacco dei padroni, per non pagare noi la crisi,
mettiamo in campo la nostra forza unita, organizzata e determinata!
Lavoratori,
ieri 2 aprile è stata una giornata di forte protesta operaia in tutti gli stabilimenti Fincantieri, da Castellammare a Monfalcone, da Marghera a Sestri Levante, una giornata in cui si sono stretti finalmente gli uni agli altri in una sola massa compatta operai italiani e operai immigrati di tutte le nazionalità.
La protesta operaia è esplosa contro l’accordo capestro che la direzione della Fincantieri ha fatto firmare l’altro ieri alle dirigenze di Cisl, Uil e Ugl, sempre pronte a strisciare ai piedi dei padroni.
Questo accordo rappresenta la più spudorata delle provocazioni contro i lavoratori.
Non contenta di avere lucrato nell’ultimo decennio dei profitti record (10 milioni di euro di utili distribuiti agli azionisti nel 2008), non contenta di avere creato nei propri cantieri una vera e propria giungla di appalti e sub-appalti con condizioni di lavoro schiavistiche; ora la Fincantieri con questo accordo:
•riduce il salario dei propri operai di oltre 1.000 euro l’anno, abolendo di fatto il premio di produzione collettivo attuale;
•impone un aumento della produttività del 20%;
•subordina quote sempre più ampie del salario operaio al raggiungimento di obiettivi di produttività irraggiungibili;
•crea un solco tra gli operai diretti (che potrebbero ottenere il “premio”, se…) e gli indiretti;
•mette sotto ricatto capisquadra e capireparto, legando strettamente i loro aumenti agli obiettivi di produttività, per farne veri e propri aguzzini del lavoro operaio;
•ottiene ancor più mano libera negli appalti e sub-appalti, già oggi regno del supersfruttamento al nero e dei più abominevoli soprusi ai danni di lavoratori immigrati dall’estero e dal Sud.
La direzione, infine, non riconosce ai lavoratori alcuna garanzia sul livello occupazionale nei cantieri. Nel contempo si prepara a tagliare drasticamente l’attività sindacale negli stabilimenti; d’ora in poi l’unico sindacalismo ammesso sarà quello che è pronto a dire sempre e comunque “signorsì”.
Questo stesso accordo –è inutile dire- prevede bonus di decine di migliaia di euro per la dirigenza intermedia (18.000 euro in più l’anno), per non parlare degli astronomici guadagni intascati dai massimi manager in attività o in via di pensionamento.
Gli operai della Fincantieri e degli appalti, inclusi la gran parte degli aderenti alla Fim e alla Uilm, hanno respinto ieri, infuriati, questo provocatorio diktat padronale.
Naturalmente, la dirigenza e i sindacalisti firmatari chiamano in causa la crisi, una crisi prodotta –è sotto gli occhi di tutti, ormai- dai banchieri, dai finanzieri, dai capitalisti, dai folli meccanismi del mercato e del profitto, e dai governi che hanno assecondato le banche e le imprese. Devono pagarla loro! Non può e non deve pagarla la classe lavoratrice, che già sta pagando sulla propria pelle le conseguenze delle politiche neo-liberiste e delle ristrutturazioni aziendali!
E’ ora di dire basta al continuo peggioramento della condizione operaia, basta ai ricatti padronali, basta ai licenziamenti, basta anche alla cassa integrazione . E’ quanto hanno affermato con forza ieri anche gli operai del petrolchimico e dell’indotto in un’assemblea e in una protesta finalmente più partecipate e determinate del solito. “I dirigenti e i manager, come squali hanno divorato i capitali, e ora pretendono di andarsene lasciando noi sulla strada e loro con le borse piene di soldi mentre le nostre, che tanto abbiamo lavorato per il loro successo, sono sempre più vuote”.
Queste parole di un operaio centrano in pieno la questione di fondo: i destini e gli interessi dei manager e delle imprese e quelli dei lavoratori sono divergenti e contrapposti!
Ora che la corsa sfrenata ai profitti ha prodotto una crisi globale di portata storica, il conto viene presentato ai lavoratori che hanno la sola “colpa” di avere troppo creduto alla favola del “siamo tutti sulla stessa barca”.
Montefibre, Syndial, Solvay, Sirma, Galileo, Dow Chemical, Arkema, Transped, Spm, Ineos ed altri mille e mille casi del genere in Italia e all’estero mostrano una verità molto semplice: per le imprese i lavoratori sono semplice merce da acquistare quando serve, al minimo costo, da spremere al massimo e poi da gettare nel sacco dei rifiuti. Se vogliamo sfuggire a questa sorte non c’è che una sola via da percorrere: la lotta organizzata, determinata contro i padroni e il governo che li sostiene e li difende.
Ha detto benissimo ieri un operaio al petrolchimico: “Se non facciamo qualcosa di forte, tutti uniti, resteremo senza lavoro per mantenere le nostre famiglie”.
E’ così. Non saranno le preghiere, non saranno gli appelli alla ragionevolezza, non saranno i tavoli di trattativa istituzionali, dove si spacciano cumuli di menzogne; sarà solo e soltanto la forza che il movimento dei lavoratori riuscirà a mettere in campo su una linea di difesa coerente, intransigente, degli interessi operai, a sbarrare la strada ai licenziamenti, alla devastante precarietà, all’incremento pazzesco dell’intensità del lavoro.
Questa svolta alla situazione non potrà darla la direzione della Cgil perché anch’essa ha accettato da tempo la supremazia degli interessi aziendali e capitalistici su quelli operai. E se è vero che non ha apposto la propria firma ad accordi vergognosi firmati da Cisl e Uil, è altrettanto vero che non ha dato alcuna continuità, alcuna vera prospettiva alternativa alla classe lavoratrice. La stessa iniziativa del 4 aprile, la cui riuscita di partecipazione è importante, suona, però, più come un appello al governo perché ascolti anche la voce della Cgil che come l’inizio di una vera lotta contro il governo Berlusconi, che è il vero comitato politico di affari delle imprese.
Solo la ripresa dell’iniziativa diretta e unitaria della massa dei lavoratori di tutte le categorie e di tutte le nazionalità potrà dare una svolta a questa situazione!
Riprendiamo l'auto-organizzazione della lotta! Formiamo organismi di lotta aperti ai lavoratori italiani e immigrati, di tutte le tendenze sindacali e senza tessere!
Affermiamo, senza se e senza ma, gli irrinunciabili bisogni e diritti della nostra classe che produce la ricchezza sociale contro la classe degli sfruttatori e dei parassiti!
In Grecia, in Francia, in Inghilterra, in Cina ci si comincia già a muovere su questa strada…
14 aprile 2009
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA