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27 gennaio 2009

 

Tratto da: http://bellaciao.org/it/spip.php?article22890

 

Soldati israeliani rifiutano di combattere a Gaza

 

Inserisco il video di una manifestazione pacifista a Tel Aviv organizzata dal movimento per l’obiezione al servizio militare Courage to Refuse, a dimostrare che anche dentro Israele c’è chi si oppone al pensiero unico della ragione del più forte.

Ho passato metà notte in bianco per tradurlo, perché non tutti conoscono l’inglese, perché so che questo tipo di informazione non passa sui telegiornali, perché penso che sia importante che quanta più gente possibile sappia quello che sta succedendo a Gaza e tra la stessa gente di Israele.

Nel 2002 mi rifiutai di essere richiamata alle armi. Non volevo partecipare a nessun ruolo d’appoggio, perché rifiuto di aiutare l’occupazione in qualunque modo. Non penso ci sia un modo di prestare servizio in un esercito il cui unico scopo e occupare un’altra nazione, nemmeno in presunti ruoli sociali destinati alle donne. Ho voluto unirmi ai nuovi obiettori di coscienza che rifiutano di combattere a Gaza. Penso che il potere dei refusenik [obiettori di coscienza] sia enorme: noi dobbiamo dire che non accettiamo di commettere questi crimini, non ci metteremo il nostro nome. Non commetteremo crimini di guerra, non bombarderemo bambini, non cacceremo la gente dalle loro case. (Noa Kaufman, studentessa dell’Università di Tel Aviv)

Sabato scorso ho ricevuto il richiamo alle armi per presentarmi il mattino seguente a prestare servizio. Ho rifiutato. Sono andato là e ho detto al mio comandante che rifiuto. di combattere. L’esercito adesso deve decidere cosa fare con me. Non posso allontanarmi e in qualunque momento possono processarmi. Ho già preparato la borsa a casa, con libri e tutto ciò di cui si ha bisogno in prigione. (Noam Livne, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse; imprigionato nel 2001 per essersi rifiutato di prestare servizio nei territori occupati)

Questa settimana ho parlato col mio comandate di brigata, ha telefonato per dire che non c’è ancora nessun avviso ma che voleva verificare la mia disponibilità. Gli ho risposto che se vengo richiamato probabilmente rifiuterò. (Eric Diamant, soldato di riserva, membro di Courage to Refuse)

Partecipo a questa protesta per incoraggiare più soldati e coscritti a rifiutare la chiamata alle armi. Sono qui per dare coraggio a più madri e padri, affinché dicano ai loro ragazzi costretti dalla legge a servire nell’esercito, di prestare attenzione a ciò per cui sono chiamati a combattere. (Racheli Merhav, dimostrante)

Questa protesta è diversa per la sua composizione sociale, è insolita e un po’ più moderata, e i riservisti che sono qui in compagna degli altri mandano un segnale a quei soldati che prendono in considerazione la loro linea di condotta ma sono meno sensibili ai più tradizionali appelli della sinistra. Imploro i soldati in prima linea a Gaza oggi, e i riservisti lì vicino che stanno preparandosi ad andarci, di fare ciò che devono fare, specialmente quelli che sentono di essere in torto, quelli che sentono di stare commettendo un errore, quelli che sentono che la loro ubbidienza, fedeltà e volontà di fare il proprio dovere sono state manipolate. Io chiedo loro di rifiutarsi. Dite no. Ciò ha un prezzo, non da poco, specialmente un prezzo personale, ma questa è la cosa giusta da fare. (David Zonsheine, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse)

Penso che il lavaggio del cervello in questo Paese, che comincia alla scuola materna, funzioni e si metta alla prova specialmente in tempo di guerra. A 18 anni entri nell’esercito insieme a tutti i tuoi amici. Ti dicono che sei un eroe, ci sono raccolte di fondi per te, hai l’intera nazione dietro... così quelli che non contestano si arruolano, ma è uno sbaglio e alla fine lo capiscono. Lo dimostra il numero di riservisti richiamati a combattere che si rifiutano di partire. (Noa Kaufman, studentessa dell’Università di Tel Aviv).

Ho sentito di sempre più gente che rifiuta di prendere le armi, si trovano a vari livelli, certi attendono l’addestramento, certi pensano ancora a cosa fare. Ho fatto delle telefonate al riguardo e se questa guerra continua sono certo che ci saranno più obiettori. (Noam Livne, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse)

Coraggio per combattere, sì, coraggio per difendersi, sì, ma coraggio di rifiutare? Questo è tradimento. Non esiste una tal cosa "coraggio di rifiutare". (civile contrario alla protesta)
 Io credo che esiste. (manifestante)
 Nell’idealismo, non qui. Qui noi dobbiamo vivere, con l’idealismo tu non vivi. Se tu non avessi avuto un esercito non saresti in grado di camminare qui attorno.

Serve tanto coraggio per uscire fuori dalle righe e dire: "Mi dispiace, basta, questo non lo farò, a questo non voglio partecipare, questo non verrà fatto in nome mio." (Racheli Merhav, dimostrante)

Sono stato arruolato per quatto anni come ufficiale da combattimento. Sono stato a Gaza, sono stato in Libano, ho ordinato imboscate, ho avuto il comando di postazioni, ho combattuto i terroristi, sono stato colpito dai mortai, mi hanno sparato, e ho fatto tutte quelle cose paurose che fanno i militari e dico questa cosa qui con tutto il cuore: per rifiutare di combattere ho avuto bisogno di più coraggio. Perché in tutte quelle cose che ho fatto mentre prestavo servizio ero attorniato da un gruppo di uomini che faceva la stessa cosa, ero in un situazione talmente gregale che quelle cose parevano normali. Così dico qui con tutto il cuore che mi c’è voluto più coraggio per rifiutarmi che per fare tutte quelle cose che ho fatto sotto le armi. Invito tutti i soldati, piloti, officiali e chiunque altro prenda parte a questa guerra a cercare questo coraggio dentro di sé. (Noam Livne, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse)

Credo che nel nome della legge, i soldati oggi devono prendere parte a qualcosa che poi non saranno capaci di sopportare, se ritornano vivi da questa guerra. (Racheli Merhav, dimostrante)

Il tiro intenzionale e l’attacco contro i civili è illegale e proibito. L’obiezione non è soltanto morale ma piuttosto un obbligo di legge quando è conseguenza di ordini illegali (Michael Sfard, avvocato, esperto di diritto umanitario internazionale)

Ero un pilota di caccia operativo e capitano di Black Hawks [elicottero d’assalto]. Circa cinque anni fa noi abbiamo scritto La Lettera del Combattente con la quale ci siamo rifiutati di partecipare ai crimini di guerra dell’esercito e dell’aviazione nei territori occupati. La gente mi dice cose come: "Empatia e compassione sono parole da civili, da lasciare a casa prima di andare in servizio attivo." E questo spiega come si possa bombardare una scuola, come si possa bombardare l’università islamica a Gaza. Ad un tratto ho compreso come ogni genere d’orrore sia potuto accadere nel corso della storia, al nostro popolo e ad altri popoli. Brave e buone persone si trasformano in criminali di guerra d’incredibile efferacia. Non è possibile bombardare e uccidere civili in quantità e aspettarsi che tutto continui come prima, che andremo a raccontare ai nostri amici e parenti di essere un po’ di sinistra e un po’ di destra, a guardare Erets Nehederet [un varietà televisivo] e a mettere nostra figlia a dormire. Non potrà davvero andare avanti per sempre tutto ciò. (Joanthan Shapira, pilota della riserva, Capitano di Black Hawk, obiettore)

In proporzione parlare di 600 morti a Gaza è come dire 3000 morti in Israele. Se ci fossero stati 3000 morti in Israele e decine di migliaia di feriti cosa sarebbe accaduto alla gente qui? Quale tipo di odio avrebbe seminato? Quale tipo di reazione avrebbe fatto scattare? Razionalmente, politicamente, in qualunque modo lo si guardi, ciò che questi bombardamenti fanno è preparare anni e anni di lotte, di sangue, di sofferenza e alla fine ognuno di questi razzi tornerà a cadere su Sderot e altre città del sud, perché è impossibile basare la sicurezza di Sderot sulla sofferenza di Gaza. (Noam Livne, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse)

Nella società il vero coraggio e quello di fare obiezione, questo coraggio nasce da una condizione molto difficile, dove tutti dicono una cosa e tu ne fai un’altra, perché tu solo ci credi. Questo è il vero coraggio. E a tutti quelli che pensano che non c’è bisogno di coraggio per rifiutarsi di combattere, suggerisco semplicemente di provarci e vedere cosa succede. (David Zonsheine, ufficiale di riserva, membro di Courage to Refuse)

 

27 gennaio 2009

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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