27 gennaio 2009
Dal manifesto 11 gennaio 2009
di mi. gio. - GERUSALEMME
TEL AVIV
Vietato manifestare, Centinaia di arresti tra arabi e
pacifisti
Al 96% degli ebrei israeliani l'offensiva denominata «Piombo fuso» piace, così
dicono gli ultimi sondaggi. Ciononostante a Tel Aviv e in altre città in questi
giorni non sono mancate manifestazioni contro l'attacco a Gaza. È scesa in
strada quella minoranza d'israeliani che si oppone all'attacco: in prevalenza
arabi (palestinesi con cittadinanza israeliana) ma anche ebrei, militanti della
sinistra radicale. Si sono visti in azione anche gli Anarchici contro il muro
che ad inizio dell'anno hanno provato a bloccare l'ingresso della base aerea di
Sde Dov, da dove decollano parte degli F-16 che da 15 giorni bombardano la
Striscia. La polizia non ha esitato a reprimere i cortei ed effettuare centinaia
di fermi e arresti. A finire in cella sono stati soprattutto i dimostranti
«arabi» ma tra gli arrestati figurano anche decine di ebrei. Ad assicurare
assistenza legale a molti dei pacifisti è l'avvocato Gaby Lanski, che abbiamo
raggiunto al telefono a Tel Aviv.
Si
parla di centinaia di arresti tra i pacifisti, eseguiti soprattutto durante la
manifestazioni organizzate nei primi giorni dell'offensiva a Gaza.
Non è possibile dare una cifra precisa, ma sono almeno 500 i
pacifisti e gli attivisti della sinistra (528 per il centro di assistenza legale
Adalah, ndr), fermati nei giorni scorsi dalla polizia. Buona parte degli arresti
sono stati eseguiti nel Nord d'Israele, in Galilea, nel corso delle
manifestazioni arabe. Qui a Tel Aviv sono finite in manette una cinquantina di
persone, quasi tutti ebrei israeliani. Occorre sottolineare che i giudici per le
indagini preliminari spesso si sono mostrati pronti ad accogliere le richieste
di custodia cautelare avanzate dal procuratore.
Vuol
dire che molti dei pacifisti arrestati sono ancora in carcere solo per aver
manifestato contro la guerra?
Proprio così. A Tel Aviv ho convinto i giudici della illegalità
della custodia cautelare nei confronti di cittadini che stavano semplicemente
esprimendo le loro opinioni, un diritto garantito dalla legge fondamentale. Così
i miei assistiti ora sono liberi, anche se in attesa di processo. Invece in
Galilea, dove buona parte degli arrestati sono arabi, la detenzione è stata
confermata. Si tratta di uno sviluppo molto preoccupante perché nessuna legge
vieta di sventolare la bandiera palestinese, come hanno fatto molti di quelli
finiti in carcere, o di urlare slogan contro la guerra. Se questo è un sistema
democratico, allora deve essere garantito ai cittadini di poter manifestare le
loro opinioni nel rispetto della legge. Ed è altrettanto preoccupante che il
procuratore abbia chiesto per qualche pacifista la detenzione fino al giorno del
processo per un reato assurdo oltre che inesistente: manifestazione politica
volta a demoralizzare l'opinione pubblica in tempo di guerra: un'accusa pazzesca
in un sistema legale che viene definito democratico.
In ogni
caso gran parte degli israeliani non appaiono affatto demoralizzati, anzi
esprimono forte sostegno all'offensiva militare e si dicono piuttosto sicuri di
una vittoria nella guerra contro Hamas che pure colpisce duramente i civili
palestinesi. Questo clima sta avendo riflessi anche nel sistema legale.
Credo di sì, purtroppo. C'è un clima pesante, decisamente
negativo, e anche magistrati e giudici ne stanno subendo gli effetti. Non tutti
per fortuna. È scoraggiante e pericoloso il fatto che reati d'opinione vengano
interpretati come reati contro la sicurezza del paese, come è sconfortante la
posizione di molti israeliani, non solo di alcuni giudici, che si dicono
convinti che in tempo di guerra la tutela dei diritti umani, dei diritti
fondamentali della persona siano poco importanti di fronte all'interesse dello
Stato. Al contrario è proprio in tempo di guerra che dobbiamo raddoppiare la
nostra vigilanza sulla tutela dei diritti umani e politici e fare in modo che
siano garantiti ad ogni singolo cittadino, qualunque siano le sue opinioni.
27 gennaio 2009
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA