14 maggio 2009
Contro il muro di diffidenza
Domenica 5 aprile si è svolta a Roma una bella manifestazione che ha visto scendere in piazza circa 250 persone, di cui, più o meno la metà, erano lavoratori immigrati. Le mobilitazione è stata indetta da varie associazioni di immigrati e ha visto il contributo organizzativo e politico della nostra organizzazione.
Significativo il posto dove si è deciso di far sfilare il corteo: il quartiere romano di Tor Bella Monaca, nell'estrema periferia capitolina, che negli ultimi tempi si è caratterizzato per i numerosi episodi razzisti e di aperta violenza nei confronti dei lavoratori immigrati.
Il corteo si è distinto per la sua vitalità e compattezza, con significativi interventi dal microfono che hanno denunciato l’azione del governo e dello stato in tema di immigrazione e di cosiddetta “sicurezza” e il clima razzista (stimolato proprio da questa azione) che si “respira” soprattutto nei quartieri popolari.
Nell'ultimo anno a Roma, ci sono stati decine di episodi razzisti alcuni dei quali particolarmente gravi: aggressioni, pestaggi, omicidi, per finire con l'episodio di Tor Bella Monaca, nel quale Mohammad Basharat, pakistano che vive in Italia da 10 anni, è stato selvaggiamente picchiato e ridotto in coma da un gruppo di giovani italiani.
Episodi come questi, ormai all'ordine del giorno, vengono alimentati e si innestano in quel clima razzista che si respira costantemente e che è continuamente propagandato da tv e giornali. Clima il cui principale responsabile è da ricercare nelle politiche razziste del governo.
Non passa giorno senza sentire dai membri della maggioranza e dell'opposizione prese di posizione nei confronti degli immigrati, dipinti come criminali, ladri, stupratori, come la causa principale dell'insicurezza e del degrado che si vive nelle nostre città.
Non bastano le leggi razziste, le morti quotidiane in mare o nei cantieri e lo sfruttamento bestiale a cui i lavoratori immigrati sono sottoposti. La propaganda governativa ha a un duplice obiettivo: da una parte presentare gli immigrati come la causa di ogni male e di ogni insicurezza sociale, nel tentativo di scatenare una “guerra tra lavoratori” in cui il “nemico”, il concorrente da schiacciare, è sempre colui che sta un gradino più in basso nella scala sociale; dall'altra puntare a terrorizzare i lavoratori immigrati, a renderli passivi, a farli lavorare a “testa bassa” per poterli sempre più utilizzare come (involontaria) arma di ricatto sociale e salariale, nei confronti dei lavoratori italiani.
Proprio per questo la piccola iniziativa del 5 aprile è stata particolarmente significativa.
Essa ha tentato di dare un colpo a quel muro di diffidenza (se non di aperta ostilità) che i lavoratori italiani, in particolare coloro che sono costretti a vivere nel degrado dei quartiere più periferici e che sono più “colpiti” dalla propaganda razzista, hanno nei confronti degli immigrati. Un tentativo di dialogo, di unità, di incontro tra due settori di classe, all'oggi spesso divisi se non addirittura contrapposti. I temi toccati negli interventi sono stati infatti quelli che tutti noi lavoratori viviamo ogni giorno sulla nostra pelle: l' insicurezza, i bassi salari, la crisi, la precarietà e i ritmi di lavoro massacranti.
Su queste basi si è sottolineata la necessità dell’unità tra i lavoratori italiani ed immigrati, ma si è anche sottolineato con chiarezza che non si è più disposti a rimanere passivi e in silenzio di fronte a episodi di violenza razzista. L’unità può e deve essere ricercata, ma senza più porgere l'altra guancia!
Iniziare a ragionare collettivamente sull'autodifesa dei lavoratori immigrati, serve non solo a salvaguardarne l'incolumità, ma anche a costruire organizzazione e a “mostrare” la forza di cui si è capaci. A far capire, anche attraverso ciò, che i nemici su cui scatenare la propria sacrosanta rabbia contro il degrado e lo sfruttamento sono altri: il governo, lo stato, i padroni.
14 maggio 2009
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA