Nell’ultima settimana diversi giornali, nazionali e locali hanno chiamato in causa, a proposito e a sproposito, la nostra organizzazione. Ci sembrano perciò indispensabili alcune precisazioni di rettifica.
Anzitutto: l’Organizzazione Comunista Internazionalista non ha nulla di "sedicente". E’ una piccola, questo sì, organizzazione comunista, oggetto oggi di eccessiva e interessata pubblicità, con tanto di sedi, un giornale ("Che fare") regolarmente registrato e presente su internet, riunioni tutt’altro che segrete, e svolge un’attività di propaganda e di agitazione pubblica. Una attività con la quale è stato ed è possibile imbattersi non solo a Genova (è accaduto anche al vice-direttore di "Libero") o nelle manifestazioni contro la guerra in corso, ma anche davanti ad un certo numero di fabbriche, di scuole, di mercati e di quartieri delle principali città italiane. In questi luoghi noi siamo soliti distribuire volantini e dialogare con la gente; non ci appartiene la pratica di "lasciare", o "far trovare", volantini, né singoli, né –tanto meno- a pacchi.
In secondo luogo, l’OCI non può essere in alcun modo accostata alla ideologia e alla pratica delle Brigate rosse e dello stalinismo, con cui è in polemica da sempre. Siamo una organizzazione marxista, che applica il marxismo classico (quello stesso che avete dato, inutilmente, per morto un’infinità di volte) alle presenti esplosive contraddizioni del capitalismo decadente. Se vi necessita a tutti i costi affibbiarci un’etichetta, è questa, e sola questa, che accettiamo e rivendichiamo perché è la sola che corrisponde alla realtà. Ma questo, può darsi, vi è noto, e l’intento di un accostamento così evidentemente falso è forse quello di preparare il terreno a qualche azione repressiva o a qualche provocazione. Ci sbagliamo?
In terzo luogo, ci si accusa di "quasi rivendicare" le azioni dell’11 settembre contro il Pentagono e le Twin Towers. In realtà, al pari di altri non certo sospettabili di marxismo (i cattolici Benjamin e Nogaro, ad esempio, per non dire poi dei milioni dei tantissimi "comuni" che la pensano allo stesso modo), abbiamo visto quelle azioni come un atto di reazione e di resistenza nei confronti di un’opera di saccheggio, rapina, sfruttamento, di indicibile violenza che le grandi potenze dell’Occidente compiono da secoli sulla pelle dei popoli islamici. E abbiamo affermato, insieme a milioni e milioni di oppressi di tutti i continenti, che questo è il vero, grande terrorismo da lottare. Stanno diversamente le cose?
Ecco perché è piuttosto strano affermare che l’OCI "istiga" le masse arabe e islamiche alla lotta armata "contro gli Stati Uniti, la Nato e le multinazionali". Non risulta che ve ne sia alcun bisogno, visto che niente potrebbe istigarle di più dell’azione quotidiana, di pace e di guerra, appunto degli Stati Uniti, della Nato e delle multinazionali.
Piuttosto, questo sì, incitiamo i lavoratori e la gioventù più sana dell’Occidente a non restare inerti e indifferenti davanti al massacro in corso e a quelli che si preparano. E a riconoscere negli oppressi dell’Islam e di tutto il Sud del mondo, di nuovo aggrediti dalla nostra "superiore civiltà" in Afghanistan, in Palestina, in Iraq, dei fratelli di classe al cui fianco schierarsi incondizionatamente e con i quali unirsi e fondersi in una sola lotta. Come del resto è naturale che accada. Cos’altro dovrebbero fare i proletari statunitensi o italiani, la cui stessa esistenza, ben da prima dell’11 settembre 2001, è sempre più precarizzata e mortificata dalla dittatura del capitale? Mettersi agli ordini dei Bush, dei Berlusconi, dei pescecani della finanza o dei boss dei comandi militari che di questa dittatura sono gli esecutori, salendo così sul carro di una guerra che punta a schiacciare anche loro?
Infine, la formula "Falce, martello e mezzaluna" non compendia la nostra posizione. La nostra prospettiva va al di là della stessa fondamentale solidarietà che oggi (e ieri) abbiamo attivamente espresso nei confronti degli sfruttati e degli immigrati arabo-islamici. Punta a costituire un solo fronte, internazionale e internazionalista, tra gli sfruttati di tutti i paesi del mondo. Che vada dal proletariato occidentale agli operai coreani e cinesi, dal popolo di Durban a quello di Seattle, dalle donne della marcia mondiale di Washington alle Madri di Plaza de Mayo, e perfino, se la cosa non vi scandalizza, agli stessi allevatori e coltivatori europei in lotta contro lo strapotere delle multinazionali agro-alimentari. La formula che compendia bene la nostra attività è quella antica, ma freschissima: "Proletari di tutto il mondo unitevi!". Unitevi per conquistare il comunismo. E’ questo il nostro mandante, ed insieme il nostro mandato. Non perdete tempo a cercare altrove.
21 ottobre 2001